Il Favagello si trova facilmente nelle zone di campagna con terreno fresco e umido. Pianta erbacea con radici carnose riunite in fascetti, fiorisce tra febbraio e aprile, mettendo fiori di un giallo brillante. Il nome scientifico, Ranunculus, deriva dal latino ed è un diminutivo di rana, e si riferisce all’habitat simile a quello di tali anfibi; il termine specifico, ficaria, invece, deriverebbe da ficus, fico, e sarebbe legato al fatto che i tubercoli della sua radice somigliano talvolta a piccoli fichi immaturi. Nella tradizione popolare, a questa pianta venivano attribuite proprietà antinfiammatorie e quindi utili in caso di problemi emorroidali, proprietà che le erano attribuite grazie alla teoria delle “signature”, in quanto le radici con estremità globose assomigliano alle varici emorroidarie. Personalmente, ricordo il “re della Partaccia”, personaggio a cui erano attribuite facoltà di guaritore, che era solito fare le signature con erbe, radici e altri oggetti. Costui, tenendo in mano l’ erba appropriata, la passava sulla parte malata del “paziente”, recitando sottovoce preghiere e frasi incomprensibili che terminavano sempre con lui che si faceva il segno della croce (da qui il termine signatura). Bisogna, tuttavia, ricordare che spesso l’impiego di erbe o radici nelle signature aveva un fondamento scientifico. Infatti il Favagello è ottimo, sotto forma di unguento, nella cura delle emorroidi infiammate. Le foglie fresche pestate sono considerate un ottimo rimedio nelle ulcerazioni e ferite della pelle e per cicatrizzare le ragadi del seno. I vecchi contadini usavano il favagello come antinevralgico: prendevano otto o nove fiori, li pestavano e quindi li applicavano localmente sulle parti in cui avevano dolori dovuti all’ artrosi, oppure, in caso di sciatica, li mettevano lungo il nervo sciatico e li tenevano finchè non avvertivano una sensazione di bruciore: sulla pelle si formava una vescica, che poi diventava una cicatrice scura e il dolore svaniva.
Il Favagello è l’ unica specie tra le “Ranuncolacee” ad essere in parte commestibile. Per mangiarla deve essere raccolta prima della fioritura, quando, cioè, è ricca di vitamina C. La si può consumare dopo aver bollito sia le foglie che le radici. Durante il periodo della fioritura invece, la pianta produce “anemonina”, sostanza tossica per l’uomo e la protoanemonina, sostanza irritante per le mucose e per la pelle. Le foglie giovani possono essere utilizzate fresche, in insalata, o cotte e consumate come gli spinaci. I tuberi sono nutrienti e possono essere cotti ed usati come contorno vegetale. Molto buone e di notevole valore nutritivo risultano anche le radici, lessate e condite con olio e sale. Pare che anticamente, in tempi di carestia, siano state utilizzate con successo anche per fare una specie di pane.
È comunque consigliabile molta cautela nel consumo.
ATTENZIONE : Alcune persone possono essere sensibili a questa ranuncolacea fresca, che può determinare irritazioni della pelle. Per questo è quindi consigliabile, durante la sua manipolazione, indossare dei guanti in lattice.