Oggi con Claudio siamo partiti in macchina da Barbischio, direzione castello di Brolio. Dopo essere arrivati a Gaiole e aver imboccato la strada in direzione Siena, passiamo l’incrocio di Molinlungo e proseguiamo lungo la lingua di asfalto che corre in mezzo ai boschi. Sette chilometri e arriviamo a un bivio: optiamo per una visita veloce a Castagnoli, e giriamo a sinistra. Posteggiamo e costeggiamo le mura del castello, ma non entriamo, ancora pochi passi e accediamo nel giardino dell’azienda “Rocca di Castagnoli” che si trova sull’altro lato della strada. La vista è mozzafiato, restiamo un po’ a bearci del vento, che oggi è particolarmente intenso, e Claudio racconta.
“Il castello e la chiesa di Castagnoli sono documentati nel 1104 in un atto di compravendita dell’abbazia di Coltibuono, dove Castagnoli è citato come Castagno Aretino. Però, la prima volta che viene ricordato è in un atto di compravendita del 1098 con il quale furono acquistate, da parte di Guglielmo dei Ricasoli le adiacenti terre di Monte Noccioli. Nel 1479, la solita data già citata per Barbischio, anche Castagnoli subì un assedio da parte dei senesi durante la guerra aragonese del 1478-1479, ne avevamo già parlato per quanto riguarda la congiura de’ Pazzi, cioè quando Ferdinando invase tutto il Chianti e venne respinto. Il fatto che Castagnoli sia ancora sotto la diocesi di Arezzo, come Barbischio, lo testimonia il nome, che deriva da Castagno di Arezzo. Siamo sulla fascia aretina, appunto, dei confini fra Arezzo e Firenze, qui Siena non c’entra niente, anche se siamo in provincia di Siena.”. Claudio e io lasciamo il panorama alle nostre spalle, e ci incamminiamo verso il nucleo del castello. L’arco nel muro in pietra della cinta, che si trova appena usciti dal giardino, è un invito per andare a curiosare nelle strade strette al suo interno.
Il selciato è in pietra, le nostre scarpe di gomma non producono nessun rumore, tutto intorno è silenzio, quasi il tempo si fosse messo in pausa per concederci questa visita senza alcuna sollecitazione o distrazione ‘moderna’. Pare quasi che potremmo dilatare quel tempo a nostro piacere, purtroppo, però, il ritmo dell’orologio incalza, scattiamo ancora qualche foto, torniamo alla macchina e caliamo verso valle, al bivio che prima avevamo incrociato, e attraversiamo il ponte sul Borro Dudda. Qui ogni rigagnolo, torrente, fiumiciattolo viene chiamato Borro, una parola che mi ha sempre incuriosito. È un vocabolo di origine longobarda, buro: burrone, fossa, buco, voragine. Come del resto anche il nome del Borro che passa adesso sotto di noi ha un nome di origine longobarda: Duddan, che in sassone è Dudda, un soprannome il cui significato è rotondo. Non ho idea, tuttavia, del perché questo torrentello sia stato chiamato così. La strada procede, in mezzo a boschi di querce e castagni, ancora per qualche chilometro: pochi, perché di lì a breve, passiamo Madonna a Brolio e imbocchiamo la sterrata che mena al castello.
Ci troviamo davanti le mura di cinta. Il cancello è chiuso, mi presento in biglietteria e gentilmente mi viene aperto per poter fare un giro all’interno delle mura per scattare qualche foto. Anche qui il silenzio è quasi surreale, rotto solo dal rumore dei sassolini che scricchiolano sotto le nostre suole e, poco dopo, dal rumore di un trattore che sta lavorando nella vigna ai piedi delle mura del maniero.
“Pensa, l’azienda Ricasoli è la più estesa della zona del Chianti Classico” dice Claudio sporgendosi un po’ dal muro, “ma di questo parleremo dopo. Le prime notizie del castello di Brolio si hanno fin dal secolo XI. Nel 1009 Bonifacio di Canossa Marchese di Toscana, nonché padre della Matilde di Canossa Gran Contessa di Toscana, cedette il castello ai monaci della Badia Fiorentina insieme alla sottostante chiesa di San Regolo. I monaci ricevettero il castello e i terreni in cambio di altri loro possedimenti. Nel 1012 queste donazioni furono confermate da Enrico II e nel 1074 da Enrico IV. Fonti scritte testimoniano che Brolio divenne possesso della famiglia Ricasoli ne1141. Questa è una data importante, tant’è che sui vini della casa vinicola di Brolio e sui documenti si trova scritto: Ricasoli dal 1141. Dopo 35 anni i fiorentini ottennero dai senesi una parte di Chianti che comprendeva anche il castello di Brolio e le sue terre fino all’Arbia, approfittando del declino del Barbarossa, alleato dei senesi. Quello fu il momento in cui il castello di Brolio assunse un ruolo importante, ovvero: sentinella di Firenze contro Siena. Esiste un detto, nato in quell’epoca, che tuttora viene citato dai vecchi della zona: ‘Quando Brolio vuol broliare, tutta Siena fa tremare.’ La cosa simpatica è che oggi, quando tuona dalla parte di Brolio, la gente del posto dice che Brolio brontola riallacciandosi al vecchio detto. Nel corso dei secoli questo castello ha subìto numerosi attacchi e distruzioni nelle molteplici battaglie storiche, alcune di esse le abbiamo già citate per le sorti comuni dei castelli limitrofi: dagli attacchi aragonesi alle dispute cinquecentesche, fino ad arrivare ai bombardamenti della seconda guerra mondiale, dei quali si possono ancora riconoscere i segni.
Quello che vediamo oggi è un maniero più volte ricostruito e modificato sul quale si possono notare i passaggi delle varie epoche, dai bastioni di stampo medievale agli inserimenti romanico e neogotico.
Nel 1835 il barone Bettino Ricasoli incaricò l’architetto senese Pietro Marchetti di modificare il castello sul gusto del revival gotico, un movimento romantico originario dell’Inghilterra. I mattoni che vedi risalgono a quel periodo in cui fu attuata un’opera di “ammodernamento” e il mattone fu l’elemento principale, inoltre furono inserite finestre in stile Tudor e torrette merlate, cosicché l’antica fortezza subì una trasformazione e divenne un maniero in stile inglese, mentre nella area “verde” si distinguono due zone: un giardino cinquecentesco all’italiana, e il parco romantico ottocentesco voluto dal botanico Simone Ricasoli. A lui si devono anche le piante di abete che oggi hanno raggiunto l’altezza di svariate decine di metri. Dunque, eravamo nel 1141, facciamo un balzo in avanti per un riepilogo veloce delle incursioni e assedi subiti dal castello di Brolio. Nel 1434, il 9 ottobre, e l’avventuriero senese Messer Antonio di Cecco Rosso Petrucci, acerrimo nemico dei fiorentini, stava attraversando il territorio fiorentino grazie a un salvacondotto, quando fu a Brolio chiese ospitalità al signore della tenuta, Galeotto Ricasoli, il quale in buona fede lo accolse all’interno delle mura. Senza alcun ordine da parte di Siena, il Messere si impadronì del castello e rinchiuse Galeotto con la sua famiglia nei sotterranei. Quest’azione creò non poco imbarazzo a Siena che si prodigò in scuse con Firenze la quale, dopo 40 giorni di trattative pacifiche con Messer Antonio, che risultarono infruttuose, decise di armare Neri Capponi, fiorentino, e di spedirglielo contro con un gran numero di soldati. Fu così che il Messere fu costretto a ritirarsi dopo aver fatto enormi danni e scempio del castello. Però non è finita qui.
continua…
Le due foto seguenti sono state gentilmente messe a disposizione dall’azienda vinicola Rocca di Castagnoli