Settimana di vacanza in Spagna, visitiamo la capitale Madrid. Dopo aver digerito la paella della prima sera ed essersi ripresi da una sangria fatta con i lamponi e i mirtilli – meno sperimentazione amico spagnolo – iniziamo a visitare questa città meravigliosa. Usciamo presto al mattino, perché nelle ore centrali la temperatura è quella della fusione nucleare. Visitiamo il Prado con i suoi magnifici capolavori: Velasquez, Goya, Rubens, Tintoretto e il mio preferito, Hieronymus Bosch che qui chiamano El Bosco.
Forse in spagnolo il termine Bosh è un insulto. Credo che dire a uno spagnolo: Sei una testa di Bosch, equivalga a dichiarargli guerra. Visitiamo il Palazzo Reale: le stanze sono leggermente opulente, ricordano la camera da letto di Cristiano Malgioglio. Attigua al Palazzo Reale, c’è la Cattedrale e una mostra dedicata a Joaquin Sorolla. È un’esperienza magnifica. Si parte dalle sue opere riprodotte su grandi schermi in animazione 3D, poi ci sono i suoi quadri con quella luce unica che hanno le sue opere. Infine una ragazza ci calca sulla testa il casco della realtà virtuale e inizia un viaggio nei capolavori di Sorolla, anche se talvolta ci crea dei piccoli scompensi cardiaci.
Il museo Reyna Sofia ci offre il piacere di ammirare La Guernica di Picasso e i suoi demoni. Poi c’è la Ragazza alla finestra di Salvador Dalì. Ci sono opere contemporanee e devo ammettere che di qualcuno avrei anche fatto a meno, come di un concerto di Pupo. Il museo è un percorso nel periodo franchista, con giornali e manifesti d’epoca che evidenziano una ferita ancora aperta nel cuore degli spagnoli. Visitiamo Toledo e la sua Alcazar: fa caldo e la nostra guida sembra sotto effetto di allucinogeni. Camminiamo molto, ci godiamo Madrid a piedi per conoscerla meglio, in ogni suo piccolo particolare. Dopo aver visitato tanti musei, arriva quello che non ti aspetti: il Museo de Jamon, in pratica il prosciutto in tutte le sue declinazioni. Ora pretendo che si dedichi una retrospettiva alla carbonara, mi sembra il minimo.
Troviamo un locale in cui la sangria è una religione e viene fatta in modo tradizionale. Ne approfittiamo, tanto ci siamo portati il Gaviscon. I giorni passano veloci e arriva quello del ritorno. Arriviamo in aeroporto alle 18, abbiamo il volo alle 21,30. Quando non viene indicato il gate, veniamo colti da un leggerissimo sospetto, infatti partiamo che è quasi mezzanotte. Per farsi perdonare, ci regalano la boiserie del settecento che volevano venderci all’andata. Il tempo di scaricare l’ingombrante mobile e la navetta ci riporta alla nostra auto, è ormai l’alba di un nuovo giorno.