Oggi voglio raccontarvi la vita di un uomo che forse non è molto noto alla maggioranza delle persone, eppure ha lasciato una traccia profonda nella cultura del ventesimo secolo. Fosco Maraini nacque a Firenze il 15 novembre del 1912. Suo padre era uno scultore di origine ticinese, sua madre una scrittrice inglese, Yoi Crosse. Crebbe in un ambiente intellettualmente molto attivo, quello della Firenze degli anni venti dello scorso secolo. Fosco Mariani era attratto dall’oriente e al fine di esplorare, si imbarcò sul veliero Amerigo Vespucci: era il 1934. Il suo ruolo era quello di insegnante d’inglese e grazie a ciò riuscì a visitare, l’Africa del Nord e l’Anatolia. Nel 1935 sposò una pittrice siciliana, Topazia che faceva parte della famiglia Alliata di Salaparuta. La coppia ebbe tre figlie Dacia, che sarebbe diventata una grande giornalista e scrittrice, Yuki e Toni. Nel 1937 Fosco Maraini si laureò in Scienze Naturali e Antropologiche all’Università di Firenze. Quello stesso anno raggiunse l’orientalista Giuseppe Tucci in una scalata sul Tibet. Apprese il sanscrito, il tibetano, l’hindi e altre lingue asiatiche che Tucci padroneggiava. L’esperienza gli fu utile per scrivere il libro Dren Giong, gli appunti di viaggio presi sull’Himalaya. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, Fosco Maraini si trasferì, insieme alla sua famiglia, in Giappone. Divenne lettore di lingua italiana all’Università di Kyoto. Il giorno 8 settembre 1943 l’armistizio in Italia ebbe ripercussioni in Giappone. Chiesero a Fosco Maraini di aderire alla Repubblica di Salò, lui rifiutò e venne internato nel campo di concentramento di Nagoya con tutta la sua famiglia. Dacia da adulta pubblicò i diari dei suoi genitori durante quel drammatico periodo. Fosco Mariani per sensibilizzare i suoi aguzzini ad un regime più morbido, si tagliò la falange del dito mignolo con una scure. Finita la guerra la famiglia Maraini rientrò in Italia. La sete di avventura, di raccontare storie, non si spense con la guerra e la drammatica detenzione in un campo di concentramento. Fosco ripartì per nuove missioni in Tibet, in Giappone e Corea, a Gerusalemme. Immortalò le sue esperienze fotografando le catene del Karakorum e dell’Hindi Kush, in Asia centrale. Fu assunto come insegnante di lingua e letteratura giapponese all’Università di Firenze. Divenne ricercatore per il St. Anthony’s College di Oxford e nelle università di Sapporo e Kyoto. Fosco Maraini inventò la poesia meta semantica. Pubblicò Le Fànfole nel 1966, che sarebbe stato poi ripubblicato con il titolo: Gnòsi delle Fànfole. Il principio della meta semantica era quello, secondo Fosco Maraini, di non centrare le parole come nel linguaggio comune, bensì usarle come frecce, piume, vento o raggi di sole. Dare al senso della storia armonie, cromie polivalenti. Fosco Mariani intendeva di far partecipare il lettore in modo attivo nella prosa, renderlo partecipe dello stato d’animo del poeta. Maraini asseriva di essere privilegiato per la possibilità di esprimersi in maniera meta semantica, in quanto conoscitore di varie lingue parlate e perciò poté riuscire a giocare con le parole, come con un giocattolo. Fu molto noto anche come alpinista. Ricordando le scalate nel Tibet, compì delle imprese nelle Dolomiti insieme a Emilio Comici, Tita Paiz e Sandro del Torso. Con il Club Alpino Italiano partecipò alle scalate del Karakorum nel Pakistan, una cima alta 7350 metri. Poi quella del Saragharar Peak sempre in Pakistan. Da queste esperienze ne trasse due libri: Gasherbrum 4, Karakorum e Paropamiso. Nel 1970 divorziò da Topazia e sposò la giapponese Mieko Namiki, con la quale visse a Firenze nella villa dei genitori a Torre di Sopra, presso il Poggio Imperiale. Lavorò alacremente alla organizzazione del suo archivio fotografico dei molti viaggi compiuti, quelli di una vita intera. Fosco Maraini è morto il giorno 8 giugno del 2004 e riposa nel cimitero dell’Alpe di Sant’Antonio in un piccolo borgo della Garfagnana. Ha lasciato una documentazione fotografica importante e i racconti di un’esistenza agiata ma anche travagliata. Sua figlia Dacia nel 2007, ha pubblicato “Il gioco dell’universo – dialoghi immaginari tra un padre e una figlia.” Ha ricostruito attraverso i taccuini lasciati da Fosco, la memoria di vite lente e veloci.