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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Sulla Cima di Gioia fino al David di Kobra con tutta la famiglia

DiGiovanni Viaggi

Ago 23, 2023

foto di Gianni Viaggi

Oggi giornata d’arte: decidiamo di andare ad ammirare lo splendido e mastodontico murale che l’artista brasiliano, di origini italiane, Eduardo Kobra, ha realizzato nel 2017 su una parete dal candido marmo delle cave di Cima di Gioia. È  una giornata particolare dedicata alla famiglia. Con me decidono di venire, oltre a mia figlia ed un amico d’avventura, anche le mie tre nipoti (ah che bello vedere la gioventù in montagna!) una delle quali, tornata per le ferie estive, vive ormai lontano da  casa, per motivi di lavoro, in un paese cosi piatto che le uniche salita che affronta in bicicletta sono quelle dei ponticelli che uniscono i suoi innumerevoli canali. Lei, quindi, è  poco avvezza alle fatiche dei monti, mentre le altre due si aggregano spesso nelle escursioni settimanali. Decidiamo, inoltre, di portare anche il nostro cane Pluto, un meticcio nero che, avendoci visto preparare gli zaini, si è già fiondato nel bagagliaio della macchina.

Partiamo per Colonnata. Arriviamo nei pressi della vecchia stazione della Ferrovia Marmifera, che un tempo trasportava a valle, con treni a vapore, i blocchi di marmo che venivano calati tramite vie di lizza dalle cave circostanti. Qui la strada è transennata per impedire un afflusso anomalo di automezzi verso il paese dove i posti macchina scarseggiano; però troviamo sulla sinistra un ampio parcheggio e dopo pochi minuti giunge un bus navetta che ci porta gratuitamente nella piazzetta principale di Colonnata. Il paese lindo ed ordinato è famoso nel mondo sia per la produzione dei marmi: venato, arabescato e bardiglio nuvolato, quest’ultimo già citato da Strabone come “azzurro variegato”, che si estraggono, fin dal primo secolo A.C., dalle montagne che lo sovrastano, sia per la prelibatezza del suo lardo che, stagionato in conche di marmo, in una sapiente miscela di spezie, acquisisce un gusto unico ed inconfondibile.

Anziché salire con il sentiero CAI n°38 lungo il Fosso della Vendreta, per poi arrivare fra i castagni fino al Vergheto, decidiamo di allungare il percorso e così, partendo dalla piazza del paese, imbocchiamo una scalinata dalla quale si diparte il sentiero CAI n°195 ex48 verso la Cima d’Uomo a quota 959. Dopo pochi minuti ci rendiamo conto di che cosa ci aspetta: una ripida salita fra rocce e paleo, senza un filo d’ombra e sotto un sole che diventa sempre più cocente. La marcia comunque procede senza particolari problemi ed anche le ragazze salgono spedite nonostante il gran caldo; Pluto corre felice in avanscoperta e torna sui suoi passi continuamente. Dopo circa un’ora arriviamo in vetta e da qui possiamo ammirare, oltre che  Marina di Carrara, il monte Brugiana e l’impressionante verticalità del monte Maggiore, dello Spallone e delle Borre del Monte Sagro quindi la Foce di Vinca, la Foce di Navola con il suo picco verticale e la sua famosa “gengiva” che lo attraversa alla base e procedendo con lo sguardo, tutte le splendide montagne dell’arco delle Apuane fino al mare verso Livorno. Le cave hanno devastato il panorama fin su ai Campanili, dove ormai non esiste più alcuna separazione con il Canal Grande lato Fantiscritti. Dopo una breve sosta, procediamo sul sentiero in falsopiano fino ad incontrare un segnavia che indica la direzione Vergheto. Seguiamo la traccia che scende di circa cento metri di quota fino ad incontrare a destra delle alte felci che precedono un imponente bosco di castagni. Finalmente un po’ d’ombra! Proseguiamo spediti fino a ricongiungerci con il sentiero 38 e piegando a destra, in breve, arriviamo a quota 869  alle Case del Vergheto, un piccolo agglomerato di case di pastori, oggi praticamente abbandonato. Qui sotto un frondoso albero di ciliegio ci prendiamo la sosta pranzo. Riprendiamo il cammino, scendendo ancora un poco sempre sotto i castagni, fino ad incontrare il sentiero CAI n°169 che proviene dal paese di Forno per terminare al paese di Casette.

Ora il caldo è veramente spossante; seguiamo il 169 che aggira il monte Tamburone e ci porta in vista della Cima di Gioia. Abbandonato il sentiero, ci ritroviamo in una via marmifera, seguendo la quale, in un biancore accecante, arriviamo alquanto stanchi alla parete sulla quale campeggia il David di Kobra.  È un murale imponente, bellissimo che offre uno spettacolo veramente unico, ripagandoci delle fatiche sostenute e di quelle che sosterremo nel ritorno. Siamo su una “bancata” di marmo purissimo e sotto di noi altre bancate degradano in un susseguirsi di strade costruite sui detriti, cave, macchinari enormi e una sequela innumerevole di blocchi pronti per essere trasportati a valle.

Il sole, nonostante sia ormai pomeriggio inoltrato, è ancora implacabile per cui non ce la sentiamo di tornare indietro e decidiamo di scendere lungo le marmifere. Non è un’impresa facile, il biancore è accecante, ci siamo scolati dieci litri d’acqua e l’unico che trova un po’ di refrigerio è Pluto che si disseta nelle rare pozze che trova. Una volta sbagliamo strada e ci ritroviamo in una cava senza via d’uscita; si torna indietro con fatica e si continua a scendere con cautela perché è facile scivolare sulla ghiaia. Arriviamo finalmente alla strada bianchi di polvere fino alle ginocchia, distrutti ma felici, ci abbracciamo.

Tornati alla macchina, prima di salire, ci fermiamo al piccolo bar-alimentari-souvenir che si trova nel piazzale. Mentre beviamo la meritata birretta, la proprietaria, gentilissima, porta una ciotola d’acqua a Pluto che scodinzolando ringrazia. Possiamo tornare a casa.