OLTRE|FRONTIERA
Destinazione: Lago di Crawford, CANADA
Coordinate: 43°28’05’’N | 79°56’55’’O
Distanza da Firenze: km 6.923
Di tutte le attività conoscitive – altresì note come scienze – create e portate avanti dall’Uomo, per soddisfare la sua inesauribile spinta alla comprensione e all’assoggettamento dell’ambiente, una volta abbandonata sciaguratamente la vita arborea, la geologia è quella che più snobba la nostra specie e la sua pretesa di rappresentare un’irripetibile eccezionalità nella lunghissima storia del nostro pianeta. Considerato che la Terra ha circa 4,5 miliardi di anni e che l’Homo Sapiens ne è diventato la specie dominante da soli duecentomila, è chiaro che, agli occhi di un geologo non umanista, la nostra incidenza sulla morfologia del pianeta è stata sempre considerata irrilevante, alla stregua di un minuscolo frammento meteoritico che precipita nel deserto. Ma qualche giorno fa c’è stato un cambio di rotta epocale, è proprio il caso di dirlo.
Il lago di Crawford, nella parte più a sud dell’Ontario, in Canada, quasi al confine con gli Stati Uniti, non è che una specie di pozzanghera d’acqua dolce. È talmente insignificante che i geografi non si sono nemmeno presi la briga di dare un nome al corso d’acqua che lo alimenta. Le sua misure sono imbarazzanti se rapportate al grande lago Eire, che dista solo qualche centinaio di chilometri. E certamente non può competere, turisticamente parlando, con le altrettanto vicine, e ben più note, cascate del Niagara. Ma è un bacino insolitamente profondo, per le sue dimensioni ridotte, ed è di tipo meromittico, vale a dire che le acque di superficie non si mescolano periodicamente con quelle del fondo, al contrario di quanto accade per tutti gli altri laghi. D’estate, quando la temperatura degli strati d’acqua superiori aumenta, si formano scaglie di carbonato di calcio che finiscono, poi, per depositarsi sul fondo, formando fasce di sedimenti sovrapposte che, geologicamente parlando, svolgono la stessa funzione delle stratificazioni rocciose o degli anelli degli alberi, vale a dire: ci raccontano una storia. E, nella fattispecie, la storia del nostro pianeta e delle sue trasformazioni. Ma se, fino a poche settimane fa, erano stati solo i grandi eventi meteorologici, sismici, vulcanologici o cosmici, a determinare il passaggio da un’era all’altra, dall’11 luglio 2023 c’è una nuova fonte di discontinuità in materia di storia geologica: gli uomini.
Il primo a lanciare l’idea che fosse opportuno considerare l’attività umana come una vera e propria forza geologica, in grado, cioè, di influenzare il pianeta per un periodo sufficientemente lungo, fu il premio nobel Paul Crutzen. Era il 2000. Greta Thunberg doveva ancora nascere, e la crisi climatica non aveva catturato la centralità che ha oggi; ma il chimico olandese era stato lungimirante, e aveva capito che l’attività umana, in meno di un secolo, aveva modificato il pianeta più di quanto avessero fatto la stragrande maggioranza degli eventi che avevano dato vita alle ere geologiche precedenti, a parte l’asteroide killer dei dinosauri, e che avrebbe continuato a farlo, rendendo gli effetti di questa mutazione biologica e morfologica, visibili per milioni di anni a venire. Venne avanzata, quindi, la proposta di dichiarare chiuso l’Olocene, l’epoca in cui siamo adesso, iniziata circa 11mila 700 anni fa, con il ritiro delle calotte polari alle dimensioni odierne, e dare il mesto benvenuto all’Antropocene, l’epoca dello scriteriato dominio dell’uomo sulla natura. La proposta ebbe, negli ambienti accademici, una vasta eco, e il dibattito sull’effettiva natura transitoria dell’attività umana è durato fino al 2016, quando una sezione apposita dell’Unione Internazionale di Scienze Geologiche (Iugs), ha votato a favore dell’adozione dell’Antropocene, quale epoca geologica attuale, almeno in via di principio. Da quel momento sono partiti studi approfonditi alla ricerca di uno sito che offrisse un elemento geologico stabile, in grado di “registrare” i residui dell’attività umana contemporanea e, tra questi residui, quello con la più alta specificità. Dopo sette anni di ricerche, la scelta è ricaduta sul lago di Crawford e sui suoi sedimenti che si accumulano sul fondo, indisturbati, dopo aver immagazzinato polveri e residui “respirati” in superficie. Il marcatore umano specifico, invece, è stato individuato nel plutonio, un elemento le cui tracce sono introvabili nei sedimenti e nelle stratificazioni rocciose delle epoche precedenti all’inizio della cosiddetta “era atomica”. L’11 luglio di quest’anno, dunque, con l’assunzione del piccolo lago canadese a riferimento geologico ufficiale del possibile inserimento dell’Antropocene, quale epoca geologica attuale, segna un punto di svolta anche per le scienze della terra e certifica, ove ve ne fosse ancora bisogno, che il punto di non ritorno è già stato varcato da un pezzo. Alcuni studiosi, arditamente, hanno avanzato la proposta che, in concomitanza con il passaggio fra l’Olocene e l’Antropocene, si registri anche l’inizio, addirittura, di una nuovo periodo geologico, che dovrebbe prendere il nome di Crawfordiano, dalla toponomastica del lago canadese. Ma è troppo presto per questo ulteriore passo. Attualmente il periodo in corso di validità geologica riconosciuta è il quaternario, che ha avuto inizio 2 milioni e seicentomila di anni fa, con il ritiro alle dimensioni attuali delle due calotte polari. Ma se le cose non cambieranno e le calotte polari dovessero continuare a ritirarsi al ritmo odierno, fra qualche centinaio di anni, ammesso che l’umanità esista ancora nella forma che conosciamo oggi, la proposta di inserire il nuovo periodo Crawfordiano, sarà una necessità scientifica, più che una provocazione, come è adesso. In ogni caso, da un mese a questa parte, questo insignificante specchio d’acqua, lungo meno di una pista d’atletica, si ritrova ad occupare un posto centrale nella storia del pianeta. L’elezione del lago a prova inconfutabile dei danni che l’uomo sta causando al pianeta che lo ospita, e a punto di riferimento per l’inizio della nuova epoca dell’Antropocene non mancherà di trasformare il lago stesso in un’attrazione turisitica. Già vedo l’insegna del nuovissimo Antrophocene Hotel, svettare tra le cime dei pioppi che caratterizzano la zona intorno al lago, così come andranno a ruba le bottigliette contenenti qualche centilitro di acqua lacustre, che le persone si potranno portare a casa come le ampolle con l’acqua benedetta di Lourdes, oppure i vasetti di sedimenti dove, evidenziati da allegri colori fluorescenti visibili al buio, sarà possibile vedere i residui di plutonio, microplastiche, anidride carbonica e altri agenti inquinanti. Dopo l’11 settembre, dopo la crisi finanziaria del 2008, e dopo la pandemia, potremo dire che abbiamo visto anche il passaggio da un’epoca geologica all’altra, dove l’altra è quella che ci porterà quasi all’autodistruzione, se non faremo al più presto una radicale inversione di marcia.
Fonti: Internazionale(Italia), The Economist (Regno Unito), Wikipedia, teleambiente.it (Italia), rsi.ch/news (Svizzera)