Questa volta, oppressi dal caldo torrido di Caronte, abbiamo deciso di concederci un po’ di refrigerio, perciò abbandoniamo le nostre amate Apuane per portarci in Garfagnana e precisamente a Ponte a Gaio da dove inizierà la nostra escursione. Per accedere all’Orrido di Botri occorre prenotarsi con un certo anticipo, poiché il luogo è meta di numerosi turisti che devono essere contingentati. Una volta arrivati sul posto, con la nostra guida acquistiamo i biglietti e passiamo al punto di ristoro per ritirare il casco che è obbligatorio come le calzature da trekking.
Bene, così equipaggiati partiamo. L’Orrido di Botri è una riserva naturale gestita dal Reparto Carabinieri biodiversità ed è accessibile solamente da giugno a settembre per poter essere visitato in condizioni di sicurezza. È un canyon scavato nella roccia calcarea dalle acque dei torrenti provenienti dai monti Rondinaio e Tre Potenze e si sviluppa per una lunghezza di circa due chilometri e mezzo da Ponte a Gaio al Salto dei Becchi. Appena entrati è giocoforza mettere i piedi nell’acqua gelata, ma, dopo poco, è e sarà piacevole sguazzare per tutto il percorso in quelle condizioni. C’è una bella arietta frizzante che da sola giustifica il viaggio. Qui il torrente è abbastanza largo e le sue sponde sono coperte da una fitta vegetazione che ci permette, con i piedi a mollo, di procedere nella frescura. Ben presto però ci ritroviamo a camminare con l’acqua alle ginocchia fra due pareti che si restringono sempre più in passaggi di pochi metri e di una verticalità assoluta, alte fino a duecento metri, sulle quali nidifica l’Aquila reale.
La vegetazione è inesistente a causa della scarsità di luce; più avanti, man mano che l’orrido si allarga, le pareti in basso, con evidenti venatura di diaspro rosso, sono ricoperte di muschio e di qualche rara felce, mentre, alzando gli occhi al cielo si cominciano ad intravvedere alberelli, che in alto si fanno sempre più folti. Ora la forra si allarga e continuiamo a procedere con attenzione, perché l’acqua è così cristallina che è difficile valutarne la profondità, tant’è che si hanno le prime cadute fortunatamente risolte con un bagno non programmato. Pian piano arriviamo alla nostra meta: il Salto dei Becchi. Qui il percorso è sbarrato ed è vietato procedere oltre a causa della pericolosità della zona. Facciamo una breve sosta mentre la nostra guida ci narra la leggenda dell’Orrido di Botri.
Botri non è una località, ma il nome di un pastore di capre che abitava nel paese di Montefegatesi. Costui era brutto, ma così brutto che al solo vederlo la gente restava sconvolta e sistematicamente lo cacciava: un Quasimodo ante litteram, insomma. Ora, non si sa bene se venne deciso di allontanarlo dal paese o se se ne andò per una decisione sua, perché stanco di sentirsi scacciato, ma sta di fatto che il povero Botri si ritirò con le sue capre nell’orrido. Dopo alcuni anni, a causa forse della siccità o per altre cause non note, nel paese gli animali cominciarono a morire ed i paesani andarono spesso da Botri a chiedergli se potevano portare le bestie nell’orrido a dissetarsi. Il pastore, memore di come era stato trattato, li accoglieva sistematicamente con una fitta sassaiola dall’alto delle pareti fino a che, nella foga, un giorno perse l’equilibrio e precipitò nell’orrido trovandovi la morte. Le sue capre, però, pascolando in alto continuarono a far cadere sassi come se Botri fosse ancora vivo. Per questo la leggenda vuole che prima di entrare nella forra si debba mentalmente chiedere il permesso a Botri e comunque, per sicurezza, si debba indossare il casco senza toglierlo mai.
È ora di rientrare e, man mano che scendiamo, incontriamo folti gruppi di visitatori che risalgono la forra. Ritroviamo alcune grosse e profonde pozze di acqua che avevamo notato all’andata e, dato che la temperatura avvicinandoci a Ponte a Gaio si è notevolmente alzata, molti di noi ne approfittano per fare un tuffo ristoratore, prima di riprendere la strada che ci riporterà in braccio all’anticiclone Caronte.