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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Un isola in guerra

DiGianni Ammavuta

Lug 17, 2023

OLTRE|FRONTIERA

Destinazione: Hagåtña, Guam, Arcipelago delle Marianne

Coordinate: 13°29′N 144°45′E

Distanza da Firenze: km 12.095

Quando il sergente Shōichi Yokoi, un soldato giapponese della seconda guerra mondiale, fece ritorno a casa, fu accolto come un eroe nazionale, insignito della Medaglia della Grande Asia dell’Est, e ricevuto addirittura dall’imperatore. Tornava da una remota isola delle Marianne, nella cui fitta giungla aveva trovato rifugio dopo la sconfitta nipponica che riconsegnò l’isola agli americani. Era il 1944. Rimase nascosto in una grotta, insieme a due commilitoni, sopravvivendo con le dotazioni militari a disposizione e quello che offriva loro la giungla, per 28 anni. Le sorti della guerra erano note ai fuggitivi già nel 1952, ma si rifiutarono di arrendersi e rimasero nascosti. I due compagni morirono nel 1964. Nel 1972 Shōichi Yokoi fu ritrovato e convinto a tornare in patria. Questo rifiuto della resa e la sua sopravvivenza sull’isola gli valsero tutte le onorificienze descritte all’inizio, e la sua storia fece balzare l’isola di Guam agli onori della cronaca. Dal punto di vista amministrativo, Guam è un territorio statunitense “non incorporato”, che riserva la cittadinanza americana agli abitanti, senza però quest’ultimi possano votare per le elezioni presidenziali.  Guam ha un proprio governatore e un mini parlamento unicamerale eletto, composto di 15 senatori, nonché un deputato al Congresso, sebbene privo del diritto di voto.  Praticamente lo status dell’isola è poco più di quello di una colonia. La popolazione autoctona appartiene alla comunità chomorro e abita l’isola da più di duemila anni. Sono loro adesso ad essere in guerra.

Da quando il problema principale degli Stati Uniti è diventata la Cina, questa sperduto angolo di mondo ha acquisito un’importanza strategica straordinaria. Molti osservatori sono convinti che la Cina sarà pronta ad invadere Taiwan nel giro di pochi anni, alcuni preconizzano un attacco cinese come altamente probabile, addirittura già nel 2024. Guam si trova a poche migliaia di chilometri dalle coste di Taiwan, ed è quindi diventato fondamentale trasformare l’isola, da semplice base militare di appoggio, a testa di ponte ultra militarizzata, con forze di terra, aria e mare pronte ad intervenire in qualunque momento. La militarizzazione di questo fazzoletto di terra è iniziata nel 1946, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, e non si è mai interrotta. Al momento gli Stati Uniti occupano più di un terzo della superficie dell’isola. La costruzione e l’operatività quotidiana delle strutture, hanno distrutto molti luoghi sacri chamorro, e danneggiato fragili ecosistemi, attraverso deforestazioni, discariche e sversamenti di materiale altamente inquinante, in larga parte tutt’ora da bonificare. Ma la situazione internazionale che si va delineando impone un sostanzioso passo in avanti. I piani del Pentagono prevedono la costruzione di alloggi per cinquemila marines, di un complesso per le esercitazioni, di un poligono per bombe a mano, strutture di addestramento, tra cui una per la guerra urbana, che suona particolarmente sinistra, nonché l’installazione di un sistema missilistico e una stazione di ormeggio esterna per portaerei, che decreterà la distruzione di chissà quanti chilometri di barriera corallina. L’attività della pesca, grazie alla quale i chamorro hanno trovato sostentamento per centinaia di anni, sarà letteralmente spazzata via. Per nove mesi all’anno un ampio braccio di mare sarà inaccessibile a causa delle esercitazioni. M.J.  è cresciuto qui e pesca in questa zona da quando era bambino, portando avanti il lavoro di suo padre. Il suo futuro è a rischio, così come quello di centinaia di altri pescatori chamorro.

Per portare avanti i suoi programmi di ingrandimento, il governo americano non ha esitato ad espropriare intere proprietà private, o parti di esse, senza che i legittimi possessori potessero in alcun modo opporsi, anche se quelle terre appartenevano alle loro famiglie da generazioni, e avessero un’importanza che andava ben al di là del valore economico in sé. É così che oggi, M.F deve passare diversi controlli di sicurezza militari, prima di poter entrare in quella che, a tutti gli effetti, è casa sua, con il rischio che qualcosa vada storto e i militari non la lasciano passare, come è accaduto qualche tempo fa, quando il sistema di controllo computerizzato è andato in tilt e l’hanno lasciata fuori.

Questa supina accettazione di qualunque decisione dei comandi militari, deriva in parte dallo status di territorio vassallo degli Stati Uniti, senza un vero e proprio governo autonomo e, allo stesso tempo, senza neanche una vera e propria rappresentanza in sede legislativa, e in parte dalla gratitudine, ancora fortissimamente radicata nella gente del posto, nei confronti degli americani, per aver liberato l’isola dal gioco nipponico, due generazioni fa. Non è un caso che Guam detenga il record di arruolamenti in percentuale sulla popolazione residente, battendo località – che, come Guam, ruotano intorno alla presenza di una base militare nelle vicinanze – anche molto più popolose.

Nessuna voce di dissidenza nei confronti di questa vera e propria carneficina culturale ed ambientale, ha mai superato il livello del bisbiglio. Ma nei primi anni ’90 le cose hanno cominciato a cambiare.

Nel 1987 un tumore maligno s’infilò tra il fegato e il rene di Francine Santos, uccidendola all’età di soli due anni. Angel Santos, suo padre, era uno dei tanti nativi chamorro che lavoravano come impiegati o arruolati alla base Andersen, nella parte settentrionale di Guam, orgogliosi di far parte dell’esercito del grande paese che aveva salvato la sua bella isola. Poi, nel 1990, è incappato in un rapporto confidenziale secondo il quale, dal 1978 al 1986, nell’acqua potabile della base erano stati riscontrati livelli potenzialmente molto nocivi di tricloroetilene, una sostanza che provoca l’insorgenza di tumori al fegato e ai reni. Dopo la nascita della figlia, la famiglia aveva sempre vissuto all’interno della base, ed era impossibile non fare un collegamento tra la morte di Francine e l’acqua avvelenata. Naturalmente, l’esercito aveva taciuto il pericolo facendo bere acqua inquinata a tutta la popolazione dell’isola. Molti studi hanno dimostrato che su Guam l’incidenza dei decessi per tumore è raddoppiata in soli trent’anni. Santos capì che gli Stati Uniti lo avevano tradito, e fondò il primo movimento attivista Nasion Chamoru, contro la presenza militare americana, che da quel momento in poi, diventò “occupazione”. Lentamente il movimento ha acquisito proseliti e sono nati altri gruppi, come “Noi siamo Guåhan” e Prutehi Litekian. Nel 2009, con la stesura di circa 10 mila osservazioni riguardo le ripercussioni sulla salute pubblica, di un nuovo, grande progetto di allargamento degli insediamenti militari, il primo è riuscito a bloccare la costruzione di cinque poligoni di tiro che avrebbero distrutto un antico e sacro villaggio chamorro chiamato Pågat. La costruzione, ovviamente, non è stata cancellata, si è solo spostata qualche chilometro a nord, andando a distruggere ed espropriare altro. Ma è stata comunque una piccola, grande vittoria per gli eredi di Angel.  Prutehi Litekian, invece, è riuscita a portare la lotta chamorro alla ribalta internazionale. Il movimento ha scritto un reclamo formale all’ufficio del  relatore speciale dell’ONU sui diritti delle popolazioni indigene. L’iniziativa è stata un successo clamoroso, perché Washington si è vista recapitare una fastidiosa missiva in cui l’ONU si dichiara “preoccupata” per le violazioni dei diritti umani e civili dei chamorro, e in calce alla quale traspare chiaramente l’intenzione di attivare al più presto altre iniziative diplomatiche internazionali, che put non essendo vincolanti, accenderebbero troppo i riflettori su quello che sta accadendo su Guam.

La moglie di Angel, Angela, è stata mamma solo per due anni ed è diventata vedova altrettanto presto, perché il marito è morto a soli 44 anni. È stato lui l’ultima persona che ha messo piede nella proprietà di famiglia requisita dall’esercito americano, durante un’azione di protesta che gli costò sei mesi di carcere. Adesso l’area è circondata da un’alta rete di filo spinato e lei non può far altro che guardarla scomparire nello specchietto retrovisore ogni volta che percorre la superstrada che gli corre accanto. Le tradizioni millenarie e un ritrovato orgoglio nativo ricordano ai chamorro chi sono stati in passato, ma per adesso, sono le recinzioni, i posti di blocco e gli elicotteri che sorvolano continuamente l’isola, a ricordare malinconicamente loro chi sono adesso.

Fonte: Internazionale, Wikipedia