A volte per conoscere una storia è bene che se ne raccontino altre due. È quello che farò per raccontarvi il miracolo che avvenne Fivizzano, il lontano 5 maggio del 1596 ad opera di Maria, la madre di Gesù. Giusto per farvi un’idea, dovete sapere che Fivizzano si trovava (e si trova tutt’ora) nel bel mezzo di una strada di commercio che univa la costa tirrenica all’Emilia, come testimoniano anche i nomi che le porte antiche del paese portano: Porta Sarzanese (che i paesani chiamano la Porta di Sotto) e Porta Modenese. Dalla costa si saliva col sale, importante per la conservazione dei cibi e dal Reggiano si scendeva con quanto poteva essere utile per vivere o da rivendere. Ed è proprio Reggio Emilia, prima grande città che si incontra valicando il passo del Cerreto, il luogo in cui si svolge la nostra prima storia.
C’era, in quella città, un grande convento dedicato alla Santissima Annunziata, costruito nel 1313, dai Servi di Maria alla quale fu poi, dopo alterne vicende, annessa una basilica sempre a lei dedicata. Sul muro che costeggiava l’orto dei frati fu dipinto un affresco che ritraeva la Madonna nell’ atto di adorazione del bambino Gesù. Una scritta sulla cornice del dipinto recita la frase “Quem genuit adoravit” ovvero “adorò colui che ha generato”. Subito diventata oggetto di devozione popolare, questa raffigurazione venne nominata Madonna della Ghiara, per via della ghiaia presente nei pressi del santuario, lasciata dal letto del fiume Crostolo, deviato anni prima all’esterno delle mura cittadine.
Viveva, a Reggio Emilia, nel 1596, un artista di nome Camillo Branchini (o Biancolini), originariodi Modena, che non doveva passarsela molto bene, perché debitore di circa ottanta scudi e che per non finire in prigione o peggio ancora, nelle mani dei propri debitori, meditava di tagliare la corda ed abbandonare la città. Raccoltosi in preghiera davanti all’effigie che vi ho descritto sopra, ebbe in sogno la Vergine stessa, che gli suggerì di fare delle stampe della sua immagine per poi venderle e ripianare così il suo debito. Il Branchini, che giorni prima aveva dichiarato di essere guarito da una brutta ulcera alla gamba proprio per intercessione della Madonna, non si perse d’animo e subito corse a procurarsi il materiale per fare delle xilografie, ovvero delle stampe su pergamena o su carta, la cui matrice era intagliata nel legno. Così fece e così lo lasceremo, ovvero di fronte alla Basilica della Madonna della Ghiara, nell’intento di vendere le sue opere.
Il 29 aprile del 1596 Marchino, un ragazzino nativo di Castelnuovo ne’ Monti, appena dopo il passo del Cerreto, orfano e sordomuto dalla nascita, garzone presso un “beccaio” (ovvero un macellaio) della vicina San Prospero, passando per l’oratorio dove era presente l’affresco di cui stiamo parlando, recitò mentalmente alcune preghiere ed ecco che, avvolto da un caldo sudore si mise a gridare: “Gesù Maria” per ben tre volte. Tra lo stupore della gente che ben lo conosceva si verificò il miracolo per il quale non solo la sordità ma anche il mutismo scomparve, tanto da fargli crescere la lingua che prima non aveva proprio. Forse era proprio questo l’evento tanto atteso dal nostro Camillo che da quel giorno supponiamo non ebbe più a preoccuparsi dei suoi debiti perché di stampe della Vergine miracolosa ne vendette parecchie.
Eccoci quindi alla terza storia: anche questa volta si svolge al di là del passo del Cerreto, cioè nella città di Fivizzano. Viveva lì, infatti, una donna, tale Margherita detta la caugliana, perché il marito era originario di Caugliano, una frazione poco distante. La tradizione vuole che fosse una levatrice, ma poco importa. Margherita venne colta da una malattia, che lentamente la costrinse a letto dove rimase inferma per ben diciotto anni. Non è chiaro cosa la colpì, però la medicina del tempo e le preghiere poco fecero per farla risanare, per questo, sentito di quegli eventi miracolosi avvenuti nel reggiano, Margherita chiese a ad un certo Nicola Vaseschi, suo conoscente e commerciante sulla tratta Fivizzano Reggio Emilia, di acquistarle una di quelle immagini sacre per poter pregare la Madonna e chiederle di ottenere la grazia della guarigione. Il Vaseschi la rassicurò e partì per la sua missione.
Gli uomini, però, si sa come sono fatti: dicono sempre di sì, ma, a volte, non prestano nemmeno attenzione alle richieste delle donne e, per dirla tutta, spesso hanno proprio la testa per aria, così, il 5 maggio del 1596, di ritorno dal suo breve viaggio, il Vaseschi si ripresentò al capezzale della povera Margherita e dovette ammettere di essersi dimenticato di acquistare quella immagine. La notizia fece cadere la donna in una profonda crisi di pianto. Ecco però il prodigio: su una trave della sua misera casa apparve appesa l’immagine miracolosa che subito fece guarire Margherita. Quello che ne seguì è facilmente intuibile: appresa la notizia, le autorità ecclesiastiche fecero le loro indagini e dopo l’autorizzazione del vescovo del tempo, l’immagine fu posta, a protezione della città, sopra l’altare dove ancora oggi è possibile vederla.
A questa immagine si sono rivolti i Fivizzanesi per chiedere protezione nei secoli e tanti sono i miracoli a lei attribuiti, tra i quali: il 17 novembre 1628 fermò la pioggia che incessantemente cadeva dall’1 agosto dello stesso anno; un brigante proveniente da Corsano e condannato a morte, per intercessione della Vergine due volte viene impiccato e tutte e due le volte la corda si spezzò, per cui ottenne la grazia; il 24 maggio 1763 alcuni operai impegnati a costruire la cupola del tempietto a lei dedicato rimasero vittime di un incidente sul lavoro: quattro si salvarono subito, il quinto si salvò solo dopo aver richiesto un aiuto dal cielo; nel 1884 protesse da un’epidemia di colera i cittadini, che, in segno di ringraziamento, le dedicarono poi una lampada votiva in bronzo, ancora oggi visibile; infine salvò la sua protetta dagli infausti eventi della seconda guerra mondiale.
Si può credere o meno ai miracoli, si può credere o meno a degli eventi così lontani da noi, ma sta di fatto che ogni anno il 5 maggio, si ricorda il miracolo concesso a Margherita ed i festeggiamenti continuano la seconda domenica di luglio insieme alla festa medioevale con la disfida tra arcieri di Terra e Corte. Forse il vero miracolo è proprio questo, il senso di unione e fratellanza di un popolo, raccolto sotto l’effigie di una donna che rappresenta la mamma di ognuno di noi.