OLTRE|FRONTIERA
Destinazione: Port-au-Prince, Haiti
Coordinate: 12°00′08″S 77°00′30″W
Distanza da Firenze: km 8.079
Una signora cammina e guarda l’obiettivo. L’obiettivo è puntato sulla strada. In mezzo alla strada è disteso un uomo morto. Nessuno sembra curarsi dell’uomo morto. Il traffico gli scorre intorno come se fosse un segnale stradale da scansare. I passanti tirano dritti per la loro strada. La signora ha l’aria infastidita. Dubitiamo che sia a causa del fatto che sta percorrendo un tratto di strada che si è trasformato in un obitorio a cielo aperto; più probabilmente, è perché si è accorta che è entrata nello scatto. E questa è una cosa pericolosa, da quelle parti. In realtà, tutto ormai è diventato pericoloso, da quelle parti. Perché Haiti, oggi, è un paese completamente in mano alla criminalità. Chi non è riuscito a scappare, vive costantemente nel terrore di essere rapito, ucciso in una sparatoria, derubato, o violentato. In molte parti del paese i servizi essenziali – scuole, ospedali e uffici pubblici – sono chiusi. Metà della popolazione soffre la fame, e le condizioni di vita sono talmente al limite, che il colera è tornato prepotentemente, facendo registrare 40 mila casi sospetti, da ottobre dell’anno scorso ad oggi. Il governo non fa nulla, perché un governo, di fatto, non c’è. I 3500 agenti di polizia in servizio – che sarebbero appena sufficienti per la capitale Port-au Prince, dove vivono poco meno di 1 milione di persone – dovrebbero garantire la sicurezza a quasi 10 milioni di cittadini, in tutto il paese. Con un poliziotto ogni 2500 abitanti, la cosa è semplicemente impossibile. Da decenni gli haitiani convivono con la violenza, istituzionalizzata nel passato, criminale e fuori controllo oggi. In una situazione simile, il confine tra insofferenza ed esasperazione è labile. Un episodio su tutti. Il 24 aprile, nella capitale, la polizia ha fermato un autobus pieno di passeggeri. Il sospetto era che tra di essi vi fossero anche alcuni appartenenti ad una banda criminale. Quando a bordo sono state trovate armi pesanti, i passeggeri sono stati fatti scendere e messi tutti faccia a terra. A quel punto, la folla che si era radunata nel frattempo, si è scagliata contro di loro, sopraffacendo facilmente la polizia. I passeggeri, alcuni giovanissimi, sono stati picchiati a morte e poi bruciati, lì in mezzo alla strada. È improbabile che fossero tutti criminali. Ma la rabbia popolare è cieca, e se sei nel posto sbagliato al momento sbagliato, quando quest’ultima esplode, poco importa se sei colpevole o innocente, se sei la vittima o il carnefice. Ad Haiti tutti vivono sotto costante minaccia, e nessun posto è sicuro, in questa sorta di versione caraibica del selvaggio west americano. L’attività criminale più diffusa, oltre l’omicidio, è il rapimento. Chiunque può essere incappucciato e portato via, a qualunque ora del giorno, anche in posti affollati o, normalmente, risparmiati dalla violenza. Qualche giorno prima del linciaggio, il 18 aprile, un gruppo di criminali ha fatto irruzione in una chiesa ed ha rapito un parrocchiano, mentre stava pregando. Ci sono solo due modi per evitare i pericoli quotidiani: il primo è fuggire dal paese, il secondo è diventare invisibile. Se hai anche solo qualche disponibilità economica, o amici che potrebbero averla, devi ridurre al massimo la tua esposizione. Non andare al lavoro, non mandare i figlia a scuola, evita i social, non uscire dopo le 18, non prendere scorciatoie, comprati un’arma; tra motorino e macchina, scegli sempre il primo o l’autobus, perché l’auto ti rende un bersaglio appetibile; se invece è la strada a darti da vivere, allora scappa al minimo accenno di disordine, senza perdere tempo a raccogliere le tue cose. Se al ritorno non troverai più niente, il prezzo da pagare sarà comunque meno di un eventuale riscatto, o della tua stessa vita, in caso di proiettile vagante.
Il Segretario Generale dell’Onu Antonio Guterres chiede da mesi un intervento dei caschi blu, senza che il suo appello accorato faccia granché presa sulla comunità internazionale. Ma sono l’indolenza e l’ipocrisia degli Stati Uniti, soprattutto, a suscitare le maggiori perplessità. Dal dopoguerra in poi, la presenza americana, più o meno diretta, è stata una costante nella storia del paese. Atterriti dall’idea di ritrovarsi un altro paese socialista a due passi da Cuba, gli Stati Uniti hanno appoggiato le dittature sanguinarie e predatorie dei due Duvalier. Poi hanno preso parte attivamente al periodo di turbolenza legislativa che ha visto Jean-Bertrand Aristide, socialista e riformatore, essere insediato e deposto per ben tre volte, dalla sua elezione nel 1991 al suo definitivo allontanamento nel 2004. Durante il suo secondo mandato, nel 1994, Aristide smantellò l’apparato militare, sostenuto dagli Stati Uniti, che l’aveva rovesciato subito dopo la sua elezione. Una misura che gli creò molto consenso, a causa delle violenze indiscriminate di cui si erano resi protagonisti i soldati nei tre anni precedenti, ma che aprì le porte all’introduzione delle bande armate nell’establishment, visto che lo stesso partito di Aristide ne faceva ampio uso. Dal 2004 al 2021 la forza dei gruppi criminali è andata crescendo fino alla situazione attuale, in cui si può affermare che questi ultimi sono i veri padroni di Haiti. In questo lasso di tempo si sono succeduti molti eventi, nessuno dei quali positivo per il paese: il cataclisma sismico del 2010 e l’epidemia di colera immediatamente successiva, le elezioni farsa che hanno portato al potere un noto cantante locale, Michel Martelly, appoggiato dagli Stati Uniti e dall’Organizzazione degli Stati Americani, l’ascesa al potere di Jovenel Moïse, la nomina di Ariel Henry come suo primo ministro il 5 luglio 2021, l’assassinio di Moïse due giorni dopo, e la nomina incostituzionale di Henry come suo successore, ma in qualità di primo ministro ad interim. Incostituzionale in quanto, ad Haiti non ci sono né parlamentari, né sindaci, e neanche consiglieri comunali legalmente in carica, visto che non si vota dal 2016. La storia di questi tre personaggi è emblematica e spiega molte cose.
Come molti suoi predecessori, Martelly si è dedicato alla razzia di una quantità spaventosa di denaro, destinato a risollevare il paese dopo il terremoto e il colera. Poiché la costituzione vieta due candidature consecutive, Martelly ha lasciato il testimone a Moïse, un uomo di fiducia pronto a farsi da parte, con l’idea di ricandidarsi. Ma Moïse ha voltato le spalle a Martelly, cercando di cambiare la costituzione per farsi rieleggere, e poi ingraziandosi il Fondo Monetario Internazionale – sempre benevolo con i governi che propugnano l’austerity – attraverso l’eliminazione dei sussidi statali per il carburante. La misura ha scatenato una vera e propria sollevazione popolare, che Moïse ha represso avvalendosi delle bande criminali di cui ha perso presto il controllo. Questo ha aperto il periodo di violenza incontrollata che dura tutt’ora, e non c’è granché da stupirsi se il 7 luglio del 2021 Moïse sia stato trovato morto in casa sua, assassinato. Henry infine, il suo successore, si sta impegnando a dimostrare la sua buona volontà nel condurre il paese alle elezioni, per rassicurare soprattutto gli Stati Uniti, il cui appoggio è vitale per Haiti; ma tutti gli osservatori sono pronti a scommettere che questo enigmatico rappresentante dell’industria agricola, al momento opportuno, userà ogni arma a sua disposizione per restare al potere. Nel frattempo, però, fa sfoggio di un acume politico che lascia poco spazio all’immaginazione, arrivando ad affermare che la soluzione al problema della violenza è investire nel turismo, dopo che due località turistiche erano cadute completamente in mano alle bande criminali. La soluzione, invece, sembra che l’abbia trovata la società civile. A fine aprile di quest’anno, si è formato un gruppo di vigilanza di privati cittadini chiamato “Bwa kale”, che sembra essere riuscito nell’impresa di far calare drasticamente il numero di omicidi e rapimenti. È probabile che le bande criminali non ci metteranno molto a riorganizzarsi e a riprendere il controllo totale del territorio, ma almeno è un inizio, nella speranza che, con le elezioni del 2023 e l’insediamento di un nuovo presidente nel 2024, il processo democratico ricominci, e il martoriato popolo haitiano si riappropri del suo magnifico paese.
Fonte: Internazionale, Wikipedia