La Borsa di Pastore è molto diffusa nei prati aridi. È un’erba assai rustica che cresce anche tra le pietre e si può trovare da inizio autunno, fino ai primi mesi della primavera. La specie Capsella bursa-pastoris fiorisce da marzo a dicembre, ma nei luoghi caldi la si trova tutto l’anno. I semi germogliano appena cadono: in una stagione si possono avere molte generazioni di Borsa del Pastore. Il nome della specie deriva dalla forma dei frutti, che ricordano le borse portate a tracolla dai pastori del passato. Febbraio è il mese migliore per la raccolta. Nel corso dei secoli è stata molto utilizzata per le sue proprietà astringenti, anticoagulanti, diuretiche, antisettiche dell’apparato urinario. La Borsa del Pastore è un’erba alla portata di tutti perché è facilmente riconoscibile per la forma dei suoi frutti. Con i fiori e le foglie fresche si fanno infusi, mentre con la polvere essicata si fanno i decotti, usati per frenare le emorragie e nella cura delle vene varicose. È anche consigliata per attenuare i disturbi legati alla sindrome premestruale e alla menopausa, perchè ha un effetto ipotensivo. La sua azione antiscorbutica, stimolante e diuretica la rende utile per curare i disturbi renali e l’idropisia. Due sono le controindicazioni principali: se usata in gravidanza potrebbe avere effetti abortivi ed avendo effetti ipotensivi è controindicata per chi soffre di pressione bassa. La Borsa del Pastore è un’erba commestibile in tutte le parti che fuoriescono dal terreno: può essere mangiata sia cotta, sia cruda, in insalata. Il suo gusto è piccante e amaro per via dei polifenoli che essa contiene, ricorda il sapore del ravanello e della rucola. È tra le erbe spontanee più utilizzate in cucina, con un uso simile a quello degli spinaci: le sue rosette vengono lessate e ripassate in padella, oppure cotte assieme agli altri erbi e condite con olio, sale e aceto o limone. Lessata può anche essere usata come ripieno delle torte salate, come base per le frittate, nelle minestre, nelle zuppe e nei risotti. Le giovani foglie possono essere consumate crude, ma sempre in abbinamento ad altre insalatine primaverili (molto gustoso è l’abbinamento con il radicchio selvatico) non avendo un gusto particolarmente significativo. Dopo la fioritura il gusto delle foglie diventa sgradevole. Un tempo si credeva che la pianta avesse virtù utili a proteggere il gregge dai lupi. Se la si dà in pasto alle galline si ottengono uova dai tuorli più scuri e con un sapore decisamente più intenso.