Diari Toscani incontra Rossano Ferrari, pittore, nato a Modena città nella quale vive. Inizia a disegnare all’età di cinque anni, una passione che coltiva fino a farla diventare, nel 1999, una professione. Dal 2003 al 2010 si trasferisce negli Stati Uniti. Negli anni successivi, per periodi più brevi, vive in altri paesi esteri. Ha all’attivo molteplici mostre collettive e personali.
Maestro Ferrari, l’intervista di oggi nasce dal nostro incontro in occasione del vernissage Drink Life, che si è tenuto a Firenze nel locale “Marcello… la pasticceria”. Una location un po’ insolita per una mostra d’arte…
Un po’ insolita perché generalmente, al di là delle gallerie, pensiamo a esposizioni in luoghi preposti, in questo caso la mostra è nata per rendere omaggio all’amicizia, in quanto il titolare della pasticceria, Marcello Astolfi, è un amico di lunga data e con il quale ci siamo re-incontrati casualmente a Firenze. Mi preme dire anche che, oltre a suggellare l’amicizia, è bello fruire l’arte in luoghi diversi. Drink Life è stato un evento il cui scopo era respirare anche aria di festa e leggerezza, senza togliere niente all’aspetto di profondità dell’arte. Questa sta alla nostra sensibilità. Se ci pensa, fin dal passato, le opere d’arte venivano commissionate sia per luoghi pubblici che privati e, inoltre, anche per locali. In realtà, le opere non sempre vengono realizzate per essere esposte in un museo, anzi, quasi mai, anche se poi questo può avvenire. Quindi può risultare insolita perché non siamo abituati. E poi Drink Life non poteva essere luogo più indicato: integrazione visiva e degustazione di bevande.
Riporto quanto lei ha affermato in una nostra precedente conversazione: l’arte per me è gioia, estetica e salvezza. Vogliamo dare colore e movimento a queste tre parole?
Gioia: quando sono a contatto con l’arte, in tutte le sue forme, sento una gioia interiore. Può essere un film, una poesia, un romanzo, un quadro, una scultura, e l’uomo, in quanto essere umano sa fare le guerre, ma il suo animo è sorprendente quando è a contatto con l’arte. Estetica: è una forma di bellezza, nel significato nobile del termine, e tutti noi abbiamo bisogno di bellezza nelle sue molteplici forme. So che le sembrerà banale l’affermazione: l’occhio vuole la sua parte! Questo è indubbiamente inconfutabile, in verità, però, chi richiede l’estetica e se ne appaga, è l’anima. Salvezza: nei momenti di difficoltà l’arte è stata anche la mia salvezza. Grazie a essa ho provato l’evasione, la scoperta di me stesso e ho dedicato del tempo al mio pensiero. Riuscire a ritagliarsi del tempo per pensare è fondamentale, se non lo facessi perderei tante sfaccettature di me stesso. L’arte mi dà la profondità, e mi piace pensare che ogni persona a contatto con essa trovi intuizione, ispirazione, uno scopo.
Altra sua frase: se non esistesse l’arte non esisterebbe l’uomo. Un’affermazione forte e profonda…
L’uomo è capace di sorprendermi in negativo e anche in positivo. L’arte è una forma di libertà assoluta e arrivo a dire che l’arte può anticipare la scienza, per esempio ci sono artisti visionari la cui espressione artistica nasce da una libertà interiore in cui è possibile esprimere i propri sogni, la propria fantasia. Se voglio disegnare una casa capovolta lo posso fare, se voglio far volare gli uomini lo posso fare. Questa si chiama libertà! L’avanguardia è nata a seguito di un pensiero, una volontà di attuare un linguaggio artistico nuovo in contrasto con il passato o con il periodo corrente. È sempre avanguardia, a seconda del periodo in cui vivi. Come dicevo prima, l’arte è intuizione, non è un caso che sia attratto sia dalla scienza che dalla matematica. Fra l’arte e queste discipline vi è interazione: ognuna di esse concorre a far aprire la mente e fra di loro vi sono molteplici punti in comune. Spero sia chiaro il motivo per cui penso che, se non ci fosse l’arte, non esisterebbe l’uomo.
L’arte è condivisione?
Sì, l’arte contagia quindi è condivisione, non solo condivisione ma anche scambio. Le faccio un esempio: la natura è condivisione in quanto da essa traiamo ispirazione, per i creativi interagire con la natura è fondamentale. Una mente pensante può creare dieci cose, un’altra mente pensante ne creerà altre dieci, ma due menti pensanti che interagiscono non creeranno 20 cose, bensì molte, molte di più, si chiama “risonanza creativa”. Tante menti pensanti di più discipline che interagiscono danno vita a un’esplosione di creatività.
Maestro Ferrari, se le dico spazio, lei cosa mi risponde?
Lo spazio è una dimensione che forse ancora dobbiamo imparare a conoscere. Credo ci siano molti spazi da scoprire. Lo spazio sta nella nostra fantasia, nella capacità di vederlo, il mio spazio diventa la mia tela.
I nostri lettori saranno piacevolmente colpiti nel sapere che, una parte di lei è andata nello spazio…
La cosa più bella nella vita è realizzare un sogno. Ho sempre dipinto lo spazio, l’infinito l’universo, ne subisco il fascino. Nel 2017, a Mosca, in occasione del sessantesimo anniversario dello Sputnik, il primo satellite, ho avuto l’onore di donare un mio quadro al Museo della scienza e dei cosmonauti. Alla cerimonia di consegna erano presenti cosmonauti, scienziati e personalità aerospaziali. Il quadro è titolato, appunto, Sputnik. Durante la conferenza stampa mi venne chiesto quale fosse il mio sogno. Fu una risposta subitanea: “Poter mandare un mio quadro nello spazio”. Dopo alcuni giorni fui contattato da un cosmonauta russo che avrebbe portato una mia opera con sé in una missione. La mia Venere, – Venus – partì il 22 marzo del 2018 e rimase nello spazio per sei mesi, dopodiché, non essendo possibile lasciarla libera di fluttuare, rientrò con il cosmonauta ed eroe nazionale russo. Mi sento molto onorato di aver potuto rendere omaggio all’opera che amo di più in assoluto: la Venere di Botticelli. Adesso questo quadro fa parte di una collezione privata.
Qual è il suo rapporto con il colore? Nelle sue tele è sempre sfavillante, acceso…
Il colore è vita e sento il bisogno di usarlo, fa parte di me. I colori devono essere decisi, li vivo così, in fondo mi rappresentano: io sono o tutto o niente. Poi ci sono i percorsi nella vita e non so cosa accadrà o come sarà nel futuro.
Niente acquerello?
No, con assoluto rispetto per chi è acquerellista. Mi piacciono gli acquerelli ma non mi appartengono come tecnica. Come ho già detto, ho bisogno di colori forti e decisi.
Perché ogni elemento che si trova nei suoi quadri è contornato di nero?
Sinceramente non lo so: se non lo facessi, il quadro non mi sembrerebbe finito. Ho bisogno di vedere quel contorno. A opera conclusa metto il contorno e vedo nascere l’opera. È come scrivere la parola fine.
C’è un movimento artistico in particolare dal quale trae ispirazione per le sue tele?
Nutro una profonda passione per l’arte antica. Per quanto riguarda i movimenti artistici non mi sento legato a nessuno di essi, anche se posso essere stato condizionato senza saperlo. Ci sono stati artisti che mi hanno donato, e che tuttora mi donano, tanto. Per esempio Botticelli, non a caso ho mandato una Venere in suo onore nello spazio, e poi Caravaggio, Michelangelo, e Picasso, uno dei molteplici artisti determinanti per l’arte contemporanea. Le loro opere hanno lasciato il segno, in me. Infine, ho amato molto l’espressionismo tedesco. E poi ci sono le opere singole che non mi stanco mai di vedere e studiare: Il Cristo velato di Giuseppe Sanmartino, la cappella degli Scrovegni affrescata da Giotto, l’espressione di Eva nell’affresco di Masaccio nella cappella Brancacci fino ad arrivare alla Pop Art come il murale a Pisa di Keith Haring, giusto per citarne alcuni, altrimenti la lista diventerebbe troppo lunga.
Tecnica pittorica e il perché di questa scelta…
Non l’ho scelta, quando ero piccolo disegnavo molto a china, poi per dare forma alla mia espressione pittorica iniziai a usare l’olio: puzzava ed era vivo. Oggi uso acrilici o olio.
Perché così tante figure geometriche nei suoi quadri?
Non lo so. Diciamo che tutto nasce dallo studio della maschera nelle società tribali, per arrivare alla maschera greca e approdare infine alla funzione della maschera durante il periodo del carnevale a Venezia che durava anche mesi. La maschera è un grandissimo livellatore sociale e grazie ad essa perdi le paure socio-convenzionali, la paura del giudizio. Attraverso la maschera ricerco la mia interiorità, attraverso gli altri conosciamo noi stessi. E, anche se sembra paradossale, nella società c’è bisogno della maschera per trovare una verità. L’essere umano indossa sempre una maschera a seconda delle circostanze. Tornando alla figura geometrica: essa è presente nelle mie tele perché la geometria è una ricerca della scomposizione dello spazio, sia interiore che esteriore. La forma geometrica è quella che per me rende al meglio l’estetica dell’armonia.
Cos’è per Rossano Ferrari la fragilità?
La vita stessa, così come è forte e anche fragile, la fragilità ci accompagna sempre, ma ce ne accorgiamo solo quando ci abbiamo a che fare. Finché non lo si prova non la si può capire, come un lutto. Anche essere ipersensibili ci rende più fragili, chi è sensibile è più incline alla sofferenza. La vita è fragile, e il tempo è prezioso, dobbiamo viverlo al meglio. Non è un invito all’esagerazione perché non sarebbe la realtà, bensì un non affrontare, e non è un invito alla vita spericolata, è un invito a vivere. Tutti i giorni c’è da imparare qualcosa e se non si impara forse è un giorno buttato via. Vivere con profondità e leggerezza al contempo e fare ciò che più amiamo e che è dentro di noi può essere la chiave per affrontare le proprie fragilità.
Maestro, davanti a sé la tela bianca, le do un compito, come se fossimo a scuola: mi dipinge la fragilità?
In questo momento ho fatto opere legate a bicchieri: il bicchiere si rompe prima o poi! La fragilità è sempre una nostra compagna, quindi farei un meraviglioso cristallo che può anche scoppiare pur restando colorato. Non è fatalismo, è verità, è la caducità della vita. Ogni giorno può accadere qualcosa, per questo è importante vivere intensamente e consapevolmente.
In Drink Life, la mostra che si è inaugurata il 19 maggio, sono presenti nelle sue tele molteplici calici di tutte le forme. Mi piacerebbe andare oltre alla funzione del bicchiere in quanto contenitore di liquido con il quale brindare, quei calici hanno una simbologia?
Mantenendo il discorso con una prospettiva di ottimismo, la vivacità del colore è quello della vita, ognuno di essi ha forme diverse: sono le infinite forme dell’essere umano, ogni bicchiere rappresenta la nostra unicità. Quei bicchieri non sono solo contenitori di bevande con cui brindare, in realtà in essi creo l’illusione di mitigare la paura del “poi”, bevendo l’ambrosia al fin di sentirci più eterni, per essere un Dio della nostra vita, attori e protagonisti del “film della nostra vita”. Questo ci riporta al discorso sulla fragilità, quella interiore, da collegarsi non alla morte, ma alla paura e al dolore.
Progetti futuri?
Siamo concentrati nell’organizzare un’esposizione in Giappone, con un cantante giapponese con il quale collaboriamo da qualche anno e con il quale realizzeremo finalmente delle mostre importanti. Ci sono anche altri progetti dei quali le dirò appena avranno preso concretezza.
Venus in the sky, by Rossano Ferrari 2018, art piece in the sky, first acrilic in the space inside ISS, ph courtesy p.o. Rossano Ferrari Art