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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Genocidio in Rwanda, nel silenzio dei media  

DiStefano Guidaci

Mag 15, 2023

parte seconda

Erano oltre le 23 (ora di Amsterdam): avevamo già oltrepassato  l’Europa e le mie palpebre cominciavano ad abbassarsi senza che io  me ne accorgessi, ma Philip continuava il suo triste racconto sul  Rwanda e le sue prospettive.

“La stabilità, che oggi tutti auspichiamo, ha un prezzo. Paul  Kagame è presidente dal 2000, ma di fatto governa dal 1994 e lo fa con  gli strumenti di un regime autoritario, anche se molti lo considerano  sì, un dittatore, ma diverso dagli altri africani, “un dittatore benefico”,  persino attento alla parità di genere. Non sono di questo avviso i suoi  oppositori perseguitati. A suo favore, tuttavia, va il fatto che a lui, alle  sue scelte di governo si deve, oltre al lungo periodo di stabilità,  l’impegno del paese in un percorso di de-tribalizzazione volto a mettere al  sicuro le generazioni future” 

  A quel punto, con le mie ultime forze, prima di cadere tra le  braccia di Morfeo, gli domandai se era vero che, negli ultimi anni, il  conflitto tra Hutu e Tutsi si era delocalizzato in Congo. Mi rispose  che, tra i due milioni di rwandesi fuggiti nell’est del Congo nel 1994,  c’erano migliaia di soldati governativi e di combattenti che non avevano  rinunciato al loro progetto genocida. Nel 2000 hanno dato vita a un  gruppo armato chiamato Forze democratiche per la liberazione del  Rwanda, tuttora attivo e militante, forte di molte migliaia di unità.  Sono invece Tutsi i combattenti M23 che dallo scorso giugno hanno  ripreso le armi, anch’essi attivi nelle regioni orientali del Congo  confinanti con il Rwanda e rafforzati dal sostegno del governo  ruandese che, sebbene smentisca, sembra abbia inviato non solo  armi, ma anche militari oltreconfine. Contro di loro, al fianco dei  soldati congolesi, Kenya, Angola, Sudan del Sud e altri stati africani  hanno già inviato truppe. Angola e Kenya hanno, inoltre, assunto il  ruolo di mediatori, per il momento senza successo. Il Rwanda  denuncia un nuovo sterminio di Tutsi in territorio congolese, ma, nel frattempo, gli M23  attaccano villaggi, fanno razzia bestiame e  beni, uccidono civili inermi. Si è forse a un passo da una nuova  guerra panafricana, ancora una volta combattuta in Congo come le  due precedenti e, ancora una volta, il Rwanda è tra i protagonisti  principali. 

   La storia, al momento, ci dice che il presidente ha  fatto della stabilità istituzionale e della promozione degli  investimenti internazionali i suoi obiettivi primari, perseguendo con  successo la lotta alla corruzione, lo snellimento delle  regolamentazioni economiche e la tutela della proprietà degli  investitori. Negli ultimi tempi si sono, tuttavia, intensificate le voci di  dissenso nel paese, soprattutto in seguito ad una riforma  costituzionale approvata nel 2015 (con un referendum approvato dal  98 per cento dei ruandesi) che, in teoria, permetterebbe a Kagame di  governare fino al 2034. Nonostante l’esistenza di limiti tangibili nella  libertà di stampa e per le organizzazioni di società civile, la  posizione del Ruanda nelle classifiche mondiali della libertà di  stampa è migliorata, facendo guadagnare al paese 20 posizioni  nell’ultimo anno (dal 156esimo al 136esimo del 2022). Gli indici di  corruzione sono tra i minimi nell’Africa sub-sahariana: 52esimo  posto nella classifica riguardante l’indice di corruzione percepito.