Gli erbi a Carrara non sono altro che una mescolanza di erbe di campo spontanee, che si possono raccogliere, specie nelle zone costiere, collinari e montane. Con un poco di fortuna si possono trovare anche nei mercati rionali di frutta e verdura. Si possono utilizzare lessi per torte o accompagnati con altri ingredienti. Sono un piatto povero ma ricco di sapori. Il modo più semplice di cucinarli è lessarli in acqua salata, strizzarli e condirli semplicemente con un buon olio, oppure ripassati in padella con aglio e olio ed anche con salsiccia sbriciolata.
‘Ndar p’r erbi, nei tempi tempi passati, era una sorta di integrazione del reddito. Oggi è diventato un momento di svago e di rigenerazione psico-fisica.
Da bambina ho trascorso molto tempo con i miei nonni contadini e sono cresciuta con gustosi pentoloni di verdure che chiamavano “erbi” e che andavano a raccogliere nei prati e nei campi lontani da strade ma anche nei terreni da loro coltivati .Cucinare con le erbe era una tradizione delle campagne carraresi. La cucina locale era povera, ma sapeva utilizzare al meglio le erbe spontanee e soprattutto riconoscerle. Una volta adulta mi sono resa conto che questa tradizione stava scomparendo. Tanta gente non conosce nulla al riguardo, non sa dare un nome a nessuna erba, nè pianta, nè fiore, nè albero. Oggi manca l’insegnamento diretto, quella pratica che nasceva da un uso comune e tramandato di generazione in generazione e che, a seconda delle stagioni, sapeva indirizzare e dove e cosa cercare. Per questo ho voluto dedicare uno spazio agli “erbi” per imparare a riconoscerli e a cucinarli. Ma per cominciare a conoscerli possiamo partire da una poesia in dialetto carrarino di Aldo Morelli dedicata proprio agli “erbi”.
“I erbi”
D’ erba di pozi,
‘n temp d’ guera
avian canpat tuti, fanti e grandi,
sopratut a pul’ntina d’ castagna, ma
da otobr ‘nsina a marz april
anch a i erbi d’ prat e d’ poz
I erbi, com da no’,
i fan da tant altra parta,
ma, chi da no’, la zenta
a i a cunsid’rati com ‘n ‘argal d’ l Signor,
p’rchè la zenta a l’ a duvut ‘nz’gnars
p’r magnar, p’r canpar, p’r al’var i fioli.
L’ nostra ma’ a s’ dev’n la voza
e a grupeti al piav’n a sù p’r Mont’verd,
vers ‘l Cast’dar.
P’r la via al parev’n sami d’ zicade:
al parlav’n tut ‘nsema
com p’r fars coraz,
po’, a l’ ‘npruvisa,
silenzi d’ tonba,
Ognuna al piav a sù, p’r cont propi e,
gobon, gobon,
al r’npiv’n ‘l gunbial d’ raponz’li, zin’stredi, castracan…..
A li magnav’n coti e crudi,
asuti o ‘n po’ pù um’di,
cunditi , com a s’ potev, a ‘nsalata e,
quand al ‘ndev ben, co i fasulin da d’och o co i borloti.
la…. polenta ‘ncat’nata! Bona ch’ dì !!!!!!!
I en bon ‘ nch ozi,
ecom!
ma….. i è ‘n’ altr lavor.
Mei cuscì, a i manch’rè altr.
ma ch’ sp’tac’l,
che poesia,
le done sù p’r i pozi,
colted ‘n man e gunbial fat a fagot,
ch’ al coiev’n e a l’ ‘nsacav’n i erbi.
No, a piet no,
ma soleti un a un,
p’rchè……..
“ p’r far ‘na bona zena a i vo ‘n ‘ erb d’ ogni mena”.
Onor a i erbi
d’ erba, d’ pozi e di pov’ri
che, adora, i s’ an sfamat
e ozi i en un piazer!
Gli erbi
Dell’ erba dei poggi
in tempo di guerra
abbiamo campato tutti, bimbi e grandi,
soprattutto a polentina di castagne, ma
da ottobre fino a marzo/aprile
anche di erbi di prato e di poggio.
Gli erbi, come da noi,
nascono anche da tante altre parti,
ma, qui da noi, la gente
li ha considerati come un regalo del Signore,
perchè la gente ha dovuto ingegnarsi,
per mangiare, per campare, per allevare i figli.
Le nostre mamme, si davano la voce e,
a gruppetti prendevano sù per Monteverde,
verso il Castellaro.
Per la strada sembravano sciami di cicale:
parlavano tutte insieme,
come per farsi coraggio,
poi, all’ improvviso,
silenzio di tomba.
Ognuna saliva per conto proprio
e chinate , riempivano il grembiule
di raponzoli, ginestrelli, castracane.
Li mangiavamo sia cotti che crudi,
asciutti o un po’ più umidi
conditi, come si poteva, in insalata e…
quando andava bene, con i fagiolini dall’ occhio o i barlotti,
la…. polenta incatenata! Buonissima!
Sono buoni anche oggi,
eccome!
ma….. è un’ altra cosa.
Meglio così, ci mancherebbe altro.
ma che spettacolo,
che poesia
le donne su per i poggi,
coltello in mano e grembiule messo a fagotto
che coglievano e insaccavano gli erbi.
Non a casaccio, no,
ma scegliendoli uno a uno
perchè……
“ per fare una buona cena, ci vuole un erbo di ogni tipo”
Onore agli erbi,
l’ erba dei poggi e della povera gente
che, che in quei tempi, c’ha sfamato
e oggi si mangiano per sfizio.