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Diari Toscani

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Sidney Sonnino:il ministro del Regno d’Italia

DiPierluigi Califano

Apr 22, 2023

Narrare la vita e le gesta di Sidney Sonnino in poche righe è un’impresa. Nacque a Pisa nel marzo del 1847, da padre di origine ebraiche e madre inglese. Studiò al liceo Dante di Firenze e poi si laureò a Pisa nel 1864 in diritto internazionale. Sidney Sonnino dimostrò fin da giovane l’interesse per la politica. Fu deluso dal ruolo avuto dall’Italia durante la terza guerra di indipendenza. Decise pertanto di impegnarsi in diplomazia. Lavorò nelle ambasciate di Madrid, Vienna e Berlino e in quella di Parigi, durante la guerra franco-prussiana. Nel 1873, tornò in Italia per approfondire gli studi politici e i principi fondamentali di economia. Sidney Sonnino partì per la Sicilia nel 1876. Voleva studiare empiricamente la situazione dell’agricoltura locale e comprendere come evitare lo scontro di classe con le masse rurali. Scrisse un trattato: La Sicilia nel 1876, che sarebbe divenuto un testo per comprendere gli aspetti negativi del latifondo. Nello stesso anno, fondò la rivista  Rassegna Settimanale, nella quale si sosteneva il mantenimento della società con un potere forte e concessioni con riforme sociali. Sidney Sonnino decise di impegnarsi in prima persona e venne eletto nel consiglio comunale di Montespertoli. L’esperienza gli servì e, nel 1880, fu eletto deputato e arrivò a Roma. Mise in pratica gli studi sulla condizione agraria. Intervenne in Parlamento a favore della classe contadina, per i lavoratori del riso e quelli della campagna romana, che erano costretti a vivere nelle grotte. Sidney Sonnino aveva molto a cuore la politica estera, grazie alla sua esperienza diplomatica. Già nel 1881, pose la questione su Trieste e Trento, dimostrandosi contrario all’irredentismo. Fu molto critico con Depretis sul mancato intervento italiano in Egitto, essendo favorevole al colonialismo. Nel 1882 venne di nuovo eletto ed ottenne l’incarico nella giunta generale del Bilancio. Nel 1889 venne nominato Sottosegretario di Stato per il Tesoro, entrando nel Governo Crispi. Nel 1893, dopo la caduta del governo di Giovanni Giolitti, Re Umberto affidò l’incarico a Crispi che volle Sidney Sonnino come ministro delle Finanze e del Tesoro. Lo scandalo della Banca Romana aveva spazzato via un’intera classe dirigente, il marcio in Italia viene da lontano. L’onda dello scandalo e la grave crisi finanziaria con un deficit che sfiorava i 160 milioni di lire, travolse il governo Crispi e Sonnino diede le dimissioni nel mese di giugno del 1894. Ruolo importante fu quello avuto durante la Guerra di Abissinia. Sidney Sonnino cercò di calmierare la politica di Crispi che stava portando le casse dello Stato al collasso. La sconfitta di Adua fece cadere il governo Crispi e il ministero di Sidney Sonnino, che per focalizzare il momento negativo scrisse: “Torniamo allo Statuto, chiedendo una lettura restrittiva dello Statuto albertino”. La conseguenza della guerra perduta furono quattro governi di destra,  tra il 1896 e il 1898, guidati da Antonio di Rudinì, il quale faticò a sedare i moti che si svilupparono a causa dell’incertezza politica. Durante quel periodo, ci fu la crisi di Creta, che si era ribellata all’Impero ottomano. L’Italia intervenne a fianco di Francia, Russia e Gran Bretagna. Nel 1900 ci furono nuove elezioni che furono vinte dai liberali di Giuseppe Saracco che ottenne il mandato di Primo ministro. Si riscontrò una grande ascesa dei socialisti. A luglio dello stesso anno, Umberto I fu assassinato e Sidney Sonnino guidò l’opposizione liberal-conservatrice in contrapposizione ai socialisti. Nel 1901, Sonnino fece una battaglia parlamentare contro le tasse sui valori industriali e le tasse di successione e presentò una riforma sul Mezzogiorno. Propose una legge sui contratti agrari, la diminuzione dell’imposta fondiaria, la facilitazione del credito agrario e la diffusione dell’enfiteusi, un franchising ante litteram. Il provvedimento non passò, tuttavia Sonnino non si arrese e tornò a proporre interventi strutturali per il Mezzogiorno. Nel 1906, il Re Vittorio Emanuele III incaricò Sidney Sonnino di formare il nuovo governo, Sonnino divenne presidente del Consiglio per la prima volta. Il suo grande oppositore fu Giovanni Giolitti, il socialista che per le sue idee era inviso a parti del suo stesso Partito. Il governo Sonnino cadde nel 1907 e Giolitti prese il potere, dovendo affrontare la crisi bosniaca, durante la quale Sidney Sonnino si dimostrò a favore della Triplice alleanza. Nel 1909, cadde il governo Giolitti e Sonnino venne nuovamente incaricato di formare il governo. In fondo non sembra molto differente da quanto accade ancora oggi. Il desiderio di colonialismo di Sidney Sonnino si concretizzò nel 1911. La conquista della Libia, l’annessione di Tripoli alla quale volle essere personalmente presente, furono tra le gioie migliori dei suoi governi. La passione per Dante Alighieri fu la scintilla per fondare a Roma: La Casa di Dante, per la promulgazione e diffusione della Divina Commedia.  Nel 1914, divenne presidente del Consiglio Antonio Salandra, anche lui esponente della destra liberale come Sonnino. Alla fine del 1914, Sidney Sonnino divenne ministro degli esteri e dovette fronteggiare lo scoppio della prima guerra mondiale. Malgrado i tentativi per rimanere neutrale, il 26 aprile del 1915 l’Italia firmò il Patto di Londra, con il quale si impegnava ad entrare in guerra a fianco dell’Intesa. Nel maggio del 1915, l’Italia dichiarò guerra all’Austria. Lo sviluppo della guerra, la scia di orrore, si conclusero con la vittoria, ammesso che in una guerra vinca qualcuno, nel novembre del 1918, con la resa dell’Austria e l’alleanza con la Russia sostenuta dall’Ucraina, oggi tragicamente attuali. La conferenza di Parigi rese l’Italia più forte e Sonnino ebbe modo di scontrarsi con il presidente americano Wilson che non voleva ottemperare alle richieste italiane. Nell’aprile del 1919, l’Italia si ritirò dalla conferenza non essendo riuscita ad ottenere quanto richiesto. Sonnino sottolineò che una guerra che era costata 500mila morti al paese, avesse necessità di una contropartita adeguata. Il governo Orlando cadde e Sonnino proseguì le trattative, questa volta a Versailles, nelle quali ottenne il sud Tirolo, il Trentino, Trieste e l’Istria. Dopo quell’esperienza, Sidney Sonnino decise di non ripresentarsi alle nuove elezioni che videro la vittoria dei radicali di Francesco Saverio Nitti. Si ritirò ai suoi amati studi danteschi e morì a Roma il 23 novembre del 1922. Riposa in una grotta scavata in una scogliera nei pressi di Livorno. Sidney Sonnino è stato un liberale con contaminazioni socialiste. Mi chiedo se oggi esistano politici di tale levatura e mi rispondo: no.