• Ven. Nov 22nd, 2024

Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Destinazione: Termosfera

Distanza dalla Terra: 300 ca km

Elon Musk è in mezzo a noi. La sua presenza si palesa quotidianamente, ogni qualvolta un’avveniristica e silenziosa Tesla si affianca impietosamente al nostro catorcio con motore a combustione; o quando nutriamo il nostro ego, rendendo edotto il mondo intero di uno stato d’animo, o di un avvenimento di cui siamo stati protagonisti, postandolo su Twitter, il suo ultimo acquisto da 44 miliardi di dollari. Ma, soprattutto, il signor Musk è sopra di noi. Letteralmente. La sua rete di satelliti per le comunicazioni, modestamente denominata Starlink – vale a dire “connessione stellare” -, sta intasando l’atmosfera. Allo stato attuale, dei 13mila e passa satelliti lanciati in orbita dal 1957 – anno di lancio dello Sputnik russo – circa la metà sono attivi, e metà di essi sono di proprietà della SpaceX di Elon Musk. Di qui a qualche anno, entro il 2026 per la precisione, il loro numero salirà a dodicimila, ma è probabile che questa non sia che una previsione ottimistica. In un futuro neanche troppo lontano, sopra le nostre teste potrebbero orbitare fino a 40mila satelliti della SpaceX. Una sorta di colonizzazione in grande stile della termosfera. D’altronde, lo spazio extra-atmosferico è un luogo su cui nessuna nazione può vantare diritti di sorta. È un luogo libero e appartiene all’umanità tutta. È uno dei principi cardine del trattato internazionale del 1967, secondo il quale, a parte le armi nucleari, nello spazio ci può andare di tutto e senza alcun limite. Approfittando di questo “buco” normativo, l’eclettico e vivace ingegnere di origine sudafricana, ha mandato in orbita, in pochi anni, una quantità di satelliti mai vista prima d’ora, e adesso le conseguenze di questa invasione cominciano a farsi sentire. Questa sorta di rappresentazione orbitale di un rallentamento sulla Milano Brescia all’ora di punta – che sembra essere facilmente visibile persino ad occhio nudo, se si osserva il cielo notturno lontano dalle città – sta causando diversi problemi agli astronomi, in quanto i satelliti lasciano delle irritanti scie luminose sulle immagini carpite dai vari strumenti di osservazione. Fra qualche anno, fanno sapere gli scienziati, potremmo ritrovarci ad osservare un cielo intasato, invece che stellato. L’alterazione di quello che vediamo di notte, alzando gli occhi al cielo, è antropologicamente delittuoso – è già stata sollevata da più parti, infatti, la questione relativa all’impoverimento e alla privazione culturale cui sono sottoposte le molte culture indigene, a causa dello snaturamento percettivo della volta celeste – e contribuisce, in modo meno appariscente, ma assai più subdolo, all’inesorabile dissoluzione dell’ancestrale legame tra uomo e natura in atto da decenni. Di tutte le responsabilità che gravano sulle spalle di Musk, però, quelle appena elencate sono di sicuro le meno rilevanti. Di ben altro spessore, in quanto potenzialmente cagionevoli di danni materiali per diversi milioni di dollari, sono quelle relative ai “near miss”, vale a dire le collisioni sfiorate tra oggetti in orbita, che sembrano essere imputabili quasi tutte ai satelliti Starlink. Sia l’ESA – l’Agenzia Spaziale Europea – sia quella cinese, hanno avuto problemi con i lanci programmati e con le orbite dei propri velivoli e vettori, a causa dell’intenso traffico che si è sviluppato, e si sta sviluppando sopra le nostre teste inconsapevoli. Sebbene le orbite dei veicoli spaziali siano frutto di calcoli precisissimi, alcuni scarti temporanei di traiettoria o di velocità sono sempre possibili, e quindi la collisione fra due oggetti in volo a quelle velocità e quelle altitudini, è un evento molto meno improbabile di quello che possa sembrare, soprattutto se, invece che nello spazio, sembra di essere sul circuito di Monza, alla prima curva dopo la partenza di una gara di F1. E il rischio che si realizzi la così detta “sindrome di Kessler” – vale a dire uno scenario in cui i detriti orbitanti derivati da collisioni, esplosioni o altri eventi distruttivi, impediscono di fatto il lancio di altri veicoli spaziali – è incredibilmente e paradossalmente reale. Trovo la prospettiva di uno stop all’esplorazione spaziale causata dall’immondizia di chi la pratica, diabolicamente ironica ed illuminante. Ma se ci fermiamo a questi aspetti, l’impatto di Starlink sulle nostre vite rimane ancora piuttosto marginale, e si presta tutto sommato bene a dissertazioni divertite come vorrebbe essere questa, almeno fino a questo punto. Il tono cambia, invece, quando si analizza il ruolo di Starlink nella guerra in Ucraina. È  vero che se non fosse per la rete satellitare di Elon Musk, l’Ucraina sarebbe cieca, militarmente parlando, e niente avrebbe potuto salvarla dalla capitolazione. Ma è altrettanto vero che i costi di utilizzo del network e soprattutto dei 20mila e passa dispositivi di ricezione Starlink, messi a disposizione di Zelenskyy, sono stati pagati dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea. Cionondimeno, Musk si è preso tutto il merito dell’operazione. Tale è la sua ingordigia di notorietà e di riconoscimenti quale portatore di pace e di sviluppo per l’umanità tutta, che ha postato su Twitter una sorta di piano di pace che, però, non deve aver incontrato il favore del governo ucraino, visto che è stato prontamente rimandato al mittente con un epiteto degno di una discussione da bar, da parte di importante diplomatico ucraino. Nonostante che il suo supporto alla causa ucraina non sia gratuito, appunto perché pagato da altri, le sue dichiarazioni sul costo dell’uso di Starlink, sono bastate a far passare Elon Musk come una specie di benefattore agli occhi dell’opinione pubblica, ma hanno, anche, velatamente, fatto intendere che la sprezzante risposta al suo piano di pace, poteva mettere a rischio la continuazione del servizio. Così è toccato al vice presidente ucraino Fedorov, addirittura, lenire la suscettibilità di Musk con una dichiarazione in cui si afferma che Musk è “…tra i principali benefattori privati dell’Ucraina”. Il mattino dopo, Musk ha annunciato che Starlink avrebbe continuato la sua preziosa attività di supporto alle forze armate e al popolo ucraino tutto. Mai, prima d’ora, ad un privato era stato permesso di ritagliarsi un ruolo così importante in un’attività tipicamente appannaggio dei governi, come una guerra. Non si era mai vista un’ingerenza di questa portata, e il pericolo maggiore è che essa crei un precedente dalle implicazioni future, a dir poco, funeste.

Si ha l’impressione che questi personaggi – Elon Musk, Marc Zuckerberg e tutta la pletora di multimiliardari legati al mondo della tecnologia e dell’innovazione –  nel loro intimo, siano solo dei grandi imbonitori, con alle spalle un’idea geniale e la forza di una ricchezza smisurata, derivante dalla bravura nell’aver saputo realizzare quell’idea; ma i loro comportamenti, le loro scelte, le aziende in cui sono coinvolti – Elon Musk, per esempio, è uno dei fondatori di OpenAI, la start-up che ha lanciato sul mercato la discussa ChatGPT, il software di intelligenza artificiale in grado di elaborare testi e conversazioni come un essere umano – dimostrano che il loro scopo ultimo,  a parte soddisfare un ego personale di dimensioni evidentemente siderali, non sia quello di indirizzare l’umanità verso un mondo migliore, perseguendo una visione, bensì quello di controllarlo, il mondo, attraverso la costruzione di nuovi strumenti, l’affinamento di quelli già esistenti e, naturalmente, il supporto di un ufficio stampa a nove zeri.

Che qualcuno inventi un modo per elevare contravvenzioni nello spazio! 

Fonte: Internazionale, Wikipedia