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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Dare colore con il pennello all’anima: Chiara Lunardi pittrice

DiSilvia Ammavuta

Mar 25, 2023

Diari Toscani incontra Chiara Lunardi, nata a Empoli, città nella quale vive. Controvoglia studia come analista contabile e, nello scorrere delle mattinate a scuola, impiega il tempo a disegnare, la passione che l’accompagna da sempre, tanto da non avere memoria di quando ha iniziato a tenere in mano la matita. Nel 2020 ha partecipato al concorso UNESCO “I 101 di Eclipsis”. Nel novembre 2022 ha partecipato all’Ateneo di Bergamo alla mostra “Madre della vita nella fede”.

Chiara Lunardi, ho notato che nella sua produzione artistica sono presenti prevalentemente primi piani…

Sì, i ritratti mi piacciono particolarmente: sono attratta dall’espressione dei soggetti, anche se coglierla non è facile, ma l’uomo, inteso come essere umano, ha tanto da far scoprire di sé, in quanto si tende a nascondere le emozioni. Mi piace andare a scovare le emozioni, soprattutto nelle donne. Gli uomini sono più in “bianco e nero”, mentre le donne hanno più “sfumature” emozionali. In esse, mi piace disvelare il sottile, ciò che hanno dentro di sé e che spesso nascondono, specialmente il dolore. Perché ne sono affascinata… in primis perché sono donna, ma soprattutto perché meritano una grande visibilità. Se c’è vita sulla terra è grazie alla donna. La nostra cultura, finalmente, ha aperto loro uno spazio maggiore nel mondo lavorativo, anche se c’è ancora tanta strada da fare. Adesso rivestono ruoli manageriali, ruoli di prestigio e importanti, si sono messe alla prova e le molteplici sfaccettature emozionali presenti in ciascuna sono la caratteristica che dà indubbiamente delle possibilità in più.

Da quanto ho potuto vedere dai suoi dipinti, anche le donne giapponesi destano il suo interesse, c’è un motivo?

Non so da dove venga questa mio interesse, ho una grande attrazione per la compostezza della donna giapponese, in special modo dalla figura della geisha: geisha significa artista! Purtroppo questo termine è stato travisato. Mi piacciono molto i colori degli abiti giapponesi, li trovo affascinanti. Perciò confermo quanto le dicevo prima: non so da dove venga questo interesse, non c’è una reale spiegazione, ma c’è sicuramente qualcosa che arriva dal profondo, so che c’è, lo sento, anche se ad oggi non riesco a inquadrarlo.

Cosa la colpisce in un volto?

Gli occhi, perchè sono lo specchio dell’anima, senza dubbio, al di là del colore che hanno, e per gli artisti è divertente e interessante dipingerli. Avrà notato che i ritratti di Modigliani sono privi di pupille: “Quando conoscerò la tua anima dipingerò i tuoi occhi.” Questo diceva Modigliani.

È possibile dare colore con il pennello all’anima di una persona?

Certo! Quando si guarda una persona le attribuiamo un colore, viene spontaneo, soprattutto se è solare le attribuisci i colori caldi. Io tendo a usare colori neutri, però, in base al colore che si utilizza, si può dare un tono che rappresenta l’emozionalità del soggetto. Ho fatto un quadro di una donna che aveva attraversato un periodo brutto, una serie di vicissitudini dolorose, la committente aveva chiesto esplicitamente un fondo scuro, proprio a rappresentare quei momenti bui e difficili, e su questo sfondo l’immagine di questa donna dipinta con colori che la mettessero in risalto, indubbiamente un dipinto emblematico.

In un suo dipinto ha ritratto Louis Amstrong: questo perché ha una passione per la musica?

Sì mi piace la musica, tutta. Quando dipingo talvolta l’ascolto e il genere lo scelgo in base al mio stato d’animo. Sentendo in maniera potente il legame con la natura, qualche volta metto come sottofondo melodie che richiamano il canto della natura. Altre volte invece ho bisogno di silenzio, in fondo anche il silenzio ha una sua musicalità. Il suono è importante, musica e pittura si ispirano l’un l’altra. Per quanto riguarda Louis Amstrong, al di là della sua musica che mi piace, è stato uno dei miei primi quadri a olio.

Ritratto di Papa Francesco: per lei c’è un legame tra religiosità e arte?

Questo quadro con il ritratto di Papa Francesco, dovrà andare in Vaticano. Lo feci per un concorso, avrei dovuto portarlo a un’udienza, ma sopraggiunse il Covid e l’incontro fu rimandato e ancora non mi sono organizzata affinché arrivi a destinazione, ma lo farò a breve. Per quanto riguarda la religione, ho la sensazione, da credente a modo mio, che la pittura, come ogni tipo di arte, sia un dono del Divino, perché la sensibilità che hanno gli artisti è un contatto con tutto ciò che ci circonda, che non è stato creato da noi: noi siamo piccoli e sopra di noi c’è qualcosa di grande. Sono fermamente convinta che ci sia un legame con il divino.

Cos’è la fantasia?

La fantasia è andare oltre la realtà, è riuscire a mettere del proprio, la propria personalità, per rende unica la realtà, ognuno ha il proprio modo di vedere, di sentire e la realtà viene vista in maniera soggettiva, ognuno mette del suo, è l’unicità.

Dipinti dai colori tenui, delicati, fiori e animali, rapporto con il colore, cos’è per lei?

I colori tenui sono la rappresentazione dell’anima e la mia anima è rappresentata dal colore tenue.

Chiara Lunardi ceramista: quando si è avvicinata e appassionata alla ceramica?

La ceramica è arrivata dopo aver sofferto per cinque anni con la contabilità. Non era la mia strada, e dovevo decidere cosa fare da grande. Mi venne il desiderio di fare ceramica e di partire dalle basi, dalla terra. Mi iscrissi a un corso, fu un’esperienza bellissima, ebbi come maestro Sergio Pilastri, con il quale collaboro tutt’oggi.

Nella ceramica, per arrivare al prodotto finito si parte dall’argilla, ovvero dalla terra e, per dare vita a una forma, è necessario plasmare, lavorare al tornio, ma quella forma, quella creazione da dove arriva? Era già dentro di lei e aspettava solo di vedere la luce?

Mi ha levato le parole di bocca! La forma nasce ancor prima dentro me stessa, e tirarla su piano piano, partendo da una pallina di argilla è una sensazione splendida, che è legata a quella tattile. Anche i sensi hanno la loro parte, soprattutto al tornio. La scultura è veramente tua, non è condivisa con nessuno.

L’uso del tornio è una lavorazione antica, che rapporto ha con ciò che viene dal passato?

Il rapporto con il tornio è un rapporto di amore, con il quale ci deve essere una simbiosi. Pur guidandolo, devi seguire il suo movimento: c’è reciprocità e intimità. È  l’energia dell’universo che, tramite il tornio, passa da me all’oggetto che creo. Il tornio mi riporta al passato, al quale sono ancorata, essendo una nostalgica. Perdere il legame con il passato è triste, e noi tutti rischiamo di perderlo. Trovo meravigliose le persone che sono legate alle tradizioni. Con il mio lavoro, che amo tanto, vorrei riuscire a trattenere i segreti che rischiamo di perdere, dovremmo tutti, ognuno con le proprie conoscenze e capacità, tramandare ciò che arriva dal passato, pensare di perdere questo bagaglio di esperienze è per me una sofferenza.

Nei suoi manufatti i colori sono diversi da quelli che usa nei dipinti, oserei dire più “classici” e con classici intendo quelli più conosciuti e usati: giallo, arancione, verde, blu…

Oggi mi sono staccata dalla ceramica classica: quella la facevo prima, ed è vero, usavo i colori classici della ceramica antica, della quale facevo riproduzioni. Ora, invece, sono arrivata a togliere i colori e mi piace sperimentare, ho trovato smalti particolari che danno toni particolari, allontanandomi dal periodo classico. Mi piace molto il contrasto, chiaro-scuro, bianco-nero. Questi smalti che uso adesso cangiano, si muovono fra di loro, interagiscono, e hanno tonalità chiare o scure.

Tornando alla pittura, cosa si prova quando si termina un quadro?

È una bella soddisfazione! È un darsi reciprocamente con il quadro, è come fare l’amore: io dò le mie emozioni e le metto sulla tela, e il quadro mi rimanda altrettante emozioni. Proprio come in una storia d’amore, si ferma il tempo, e ogni quadro per me è una storia d’amore. Mi viene da fare questa analogia con i rapporti di amore, perché, così come noi esseri umani siamo imperfetti, quando finisco un quadro penso che, forse, potrei rimetterci le mani. Po,i mi dico che, invece, devo avere il coraggio di lasciarlo andare; esattamente come in una storia fra due persone, quando finisce, dopo che si è dato il bello e il meno bello, si deve lasciare andare chi diciamo di aver amato, affinché possa proseguire per la sua strada. Del resto, spesso sono le imperfezioni che creano il fascino.

Che relazione ha con ciò che la circonda e che poi riporta su tela?

Mah, onestamente, vivendo in città, ciò che mi circonda mi piace poco, mi sento lontana dalla natura. Ho vissuto fino a 15 anni in campagna e quando riporto fiori e uccellini nelle mie opere è un riportare ciò che ho vissuto: quella dimensione che mi manca tantissimo. La città è comoda, ma ho bisogno del contatto con la natura. Mi mancano le tradizioni e gli odori di quei luoghi.

Cos’è la fragilità per l’artista Chiara Lunardi?

Eh, bella domanda: è un sentimento importante e anche bello, perché ti fa sentire umano. Purtroppo si tende a camuffare. Io sono un’emozionale e mi intenerisco davanti alle difficoltà delle persone, assorbo ciò che ho intorno e ciò che mi circonda mi fa sentire viva. Io non riesco a nascondere più di tanto, sono un libro aperto. Vivo nel mio mondo, fra le nuvole, come sono e come mi mostro.

Mi racconti del suo legame con la fornace Pasquinucci…

Bellissimo, è un legame bellissimo. La fornace Pasquinucci è una grande associazione che crede nell’arte e che dà spazio agli artisti più noti e meno noti. È uno spazio aperto all’arte in tutti i suoi generi, quindi non solo pittori e scultori, per esempio anche scrittori. Sono nel consiglio della fornace Pasquinucci, e il bello di questa realtà è che ognuno di noi apporta il proprio sapere nella misura in cui gli è possibile, foss’anche una gocciolina, in fondo, tante goccioline creano un Oceano.

Progetti futuri?

Fare presto una personale, con il nostro amico comune, Claudio Roghi, ci stiamo lavorando. Importante è andare avanti, un po’ alla volta, come diceva Lao Tsè: l’Universo si attraversa a piccoli passi.