Se fosse nato oggi, Giovanni Fattori, avrebbe partecipato a Zelig. Le sue burle furono narrate da Telemaco Signorini ed erano così tante da riempire volumi interi. Giovanni Fattori nacque a Livorno il 6 settembre del 1825. Aveva un fratello più grande di quindici anni, che possedeva una banca di affari. Giovanni abbandonò gli studi elementari per andare a lavorare con suo fratello. In ogni caso, imparò a leggere e scrivere, manifestando presto la sua inclinazione per il disegno. Giovanni Fattori si trasferì a Firenze per volere della famiglia e si iscrisse all’Accademia di belle arti della città toscana. Lo studio non era nelle sue corde, si ubriacò, come lui stesso scrisse, di Firenze e il suo carattere sanguigno e ribelle, si tradusse in burle e comportamenti al limite del delinquenziale. Frequentò, in quel periodo, una cerchia di artisti e seguì lezioni private. L’ascesa al soglio pontificio di Pio IX scatenò le proteste studentesche e Giovanni Fattori fu in prima linea con il partito d’Azione. Il Risorgimento segnò profondamente la pittura di Fattori. Il suo autoritratto del 1854 rappresentò, con il suo sguardo, il desiderio di sfidare le convenzioni dell’epoca.
Nel 1860 divenne frequentatore del caffè Michelangiolo a Firenze, nel quale erano sempre presenti: Silvestro Lega, Telemaco Signorini e Federico Zandomeneghi. Fu nei pomeriggi al caffè Michelangiolo che conobbe Settimia Vannucci, la quale diverrà sua moglie. Nel 1861 dipinse il Ritratto della cugina Argia e l’anno successivo il Campo italiano alla battaglia di Magenta. Le opere risentivano del suo avvicinamento alla macchia, la nuova tecnica espressiva della pittura. Nel 1867, Giovanni Fattori subì il lutto della perdita di sua moglie Settimia a causa di una tubercolosi. Si rifugiò in Maremma, dove dipinse motivi bucolici come: Assalto e Bovi al carro. Alla fine degli anni sessanta del 1800, Giovanni Fattori si trasferì per un periodo a Roma. Nella città eterna sviluppò un lato veristico che traspose nelle sue opere. In quel periodo, per vincere il dolore della perdita di sua moglie, si immerse nel lavoro, dipinse: Viale animato e Posta al campo, che declinò in tre versioni. Questa nuova dimensione piacque ai critici dell’epoca, che iniziarono ad avere un’alta considerazione di Fattori.
Da Roma si mosse alla volta di Parigi, fu ospite di Federico Zandomeneghi, il veneziano che aveva conosciuto durante la frequentazione al caffè Michelangiolo. Nella città francese entrò in contatto con l’impressionismo, che detestò fin dall’inizio. Ebbe modo di scontrarsi con Camille Pissarro, che dell’impressionismo era un paladino della prima ora. Giovanni Fattori espose a Parma, Vienna, Londra e Santiago del Cile. Poi ancora Philadelphia e Melbourne, sempre divulgando il verbo del verismo, dei macchiaioli. Il quadrato di Villafranca fu molto apprezzato dal re Umberto I. L’opera fu acquistata dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Giovanni Fattori tornò nuovamente a soggiornare a Roma. In quel periodo, si innamorò perdutamente di una giovane donna, Matilde Gioli, che era l’istruttrice di una sua amica, Amalia Nollemberger. L’artista fu colto da una passione intensa, che si riflesse nelle sue opere. Lo staffato del 1880 è in qualche modo un dipinto antesignano della pittura futurista di Marinetti, Boccioni e Balla, che sarebbe arrivata nel secolo successivo. Sempre nel 1880 divenne professore presso l’Accademia delle Belle Arti di Firenze, anche se non operò mai attivamente all’interno dell’accademia. Percepiva un piccolo stipendio e per arrotondare dovette insegnare pittura presso le famiglie dei nobili toscani. Proprio Giovanni Fattori che aveva fatto della lotta di classe un elemento pregante della sua vita, si piegò alle leggi di mercato che regolavano l’arte dell’ottocento.
Nel 1882 fu ospite del principe Tommaso Corsini nella tenuta della Marsiliana in Maremma grossetana. In quel luogo lontano dalla città e dai suoi clamori, Giovanni Fattori si perse in quel verismo che gli piaceva raccontare. Dipinse: La marcatura dei puledri, Il salto delle pecore e Il riposo. Opere con forte connotazione bucolica, quasi dei fotogrammi ad imprimere istanti di vita quotidiana. Negli ultimi anni di vita, espose per la Biennale di Venezia, dove fu osannato durante l’esposizione internazionale. Galvanizzato dalla popolarità raggiunta, lavorò con ancora più ardore a nuovi dipinti. I quadri di Fattori furono, nel 1900, nell’Esposizione universale di Parigi. Poi a Berlino, Monaco di Baviera e Dresda. Nel 1891 sposò Marianna Bigazzi, dopo una breve convivenza, ma la donna morì nel 1903. Nel 1907 Giovanni Fattori sposò Fanny Marinelli che morì nel 1908, l’artista la rappresentò nell’opera: Ritratto della terza moglie. Dopo qualche mese morì anche Giovanni Fattori, era il 30 agosto 1908, il pittore aveva 82 anni. Negli ultimi tempi si era dedicato all’insegnamento di giovani allieve, che gli diedero quell’anelito di giovinezza che serve a rinfrancare lo spirito degli anziani. Riposa nel Famedio del santuario di Montenero a Livorno. È tornato a casa dopo un lungo peregrinare e donare arte.