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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Crisi climatica fuori controllo in Africa (seconda parte)

DiStefano Guidaci

Feb 27, 2023

L’Africa Orientale

Dopo aver descritto, in generale, le conseguenze del cambiamento climatico nel continente, vedremo, in questa seconda parte, più nello specifico come le mutazioni metereologiche abbiano un impatto devastante su ambienti e popolazioni. “Quella in corso, è la più grave crisi umanitaria dalla fine della seconda guerra mondiale”: così ha detto Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu. Anche se non proprio per primi, a lanciare l’allarme sulla gravità della siccità in Africa orientale sono anche le Nazioni Unite. Il loro rapporto parla di un’emergenza che sta mettendo in ginocchio paesi già colpiti severamente da guerre, crisi politiche, scontri etnici. In queste aree, milioni di persone stanno sopravvivendo a stento, sono obbligate a uccidere i loro pochi animali e ad alimentarsi con le sementi che avrebbero dovuto piantare per la prossima stagione. Restano poi vulnerabili alle malattie e alle epidemie.

Proprio per questo, il Palazzo di Vetro ha chiesto uno stanziamento di almeno 4,4 miliardi di dollari per fronteggiare la crisi e allestire un piano di intervento.

L’UA (African Union) ha, inoltre, valutato che esiste uno stretto rapporto tra cambiamento climatico e migrazioni; infatti sono sempre più spesso eventi legati al clima e al ruolo dei fattori di stress ambientale, a guidare la migrazione.

Nell’ area suddetta, ad esempio, migliaia di persone partono dalla Somalia o dall’Eritrea dirette verso il Kenya, Nazione con un PIL disastrato, ma un po’ meno “in ginocchio” degli altri. Alle frontiere settentrionali del paese dei Masai, si sono ammassate, pericolosamente, migliaia di immigrati che non sanno più come e dove proseguire, innescando anche sintomi di guerriglia tra militari Somali e Kenyoti. Naturalmente, Al Quaida approfitta di questa situazione, attingendo nuove forze tra i diseredati, al fine di destabilizzare i governi o per organizzare nuovi attentati

Un altro dei drammi che “saltano all’occhio” di un visitatore, anche occasionale, è l’erosione costiera. A me che conosco bene la fascia orientale africana, basta visitare uno degli stati che si affacciano sull’Oceano indiano, per rendermi conto che l’innalzamento del livello del mare sta provocando danni, non solo al patrimonio ambientale, ma anche alle già disastrate economie locali. Ci si rende subito conto che alcuni siti archeologici e aree naturali protette hanno già subito perdite irreparabili, per non parlare dei donni socio-economici.

Un nostro connazionale veneto, da me intervistato a Mtwapa, grosso centro a nord di Mombasa, racconta, ad esempio, che, da quando, nel 2009, ha aperto un ristorante sulla spiaggia, ha dovuto ridisegnarlo e spostarlo indietro di alcuni metri per ben tre volte, spiegandomi che le candide spiagge che decoravano la sua attività, sono continuamente erose dall’oceano. A causa dell’innalzamento delle acque e l’erosione prodotta è sparita anche tutta la sabbia, al di sotto della quale rimane solo roccia morta di reef.

La sorte peggiore tocca alle famiglie local,i che ricevono sostentamento dalle attività dell’indotto turistico. Tassisti di biciclette (che chiedevano circa 20 cent, per corsa), di moto, di tuk tuk (una specie di vecchia Ape adattata al trasporto di tre passeggeri), hanno visti dimezzati i loro già poveri profitti, per non parlare poi di tutti quei proprietari di bancarelle e chioschetti che sbarcavano il lunario, convincendo i turisti ad acquistare chincaglierie locali.

Prima parte