Diari Toscani incontra Daniela Dante, poetessa. È stata insegnante in una scuola d’infanzia a Brescia, città nella quale vive. Coltiva da sempre la passione per la scrittura ed il teatro, per il quale scrive testi ad hoc. Il suo percorso letterario negli ultimi anni è diventato un percorso costante.
Daniela Dante: cos’è la poesia?
La poesia deve essere verità e trasmettere un’emozione. È nutrimento per la mente, soprattutto deve esserci dentro un qualcosa che nasce da un bisogno vero, altrimenti non arriva agli altri. La poesia è un dono che entra in una circolarità, è uno scambio magico, non solo di parole, ma di dimensioni che potrei definire di energia, se c’è dietro un pensiero comune. La parola poetica intreccia relazioni.
Sulla base della sua esperienza, da cosa nasce il desiderio di scrivere poesie?
L’amore per le parole, mi viene naturale. Inizialmente mi sono sentita spinta nella scrittura da situazioni realmente vissute, spesso dolorose, poi è diventato un canale, una ricerca personale nei vari linguaggi e significati che la lingua italiana ci offre. Oltre alle liriche ho scritto anche racconti, ma non è la mia strada, è nella poesia la mia attitudine maggiore.
Dante… nomen omen?
Dante è il mio cognome… però il mio papà si chiamava Alighieri! Che dirle? Avevo un nonno creativo. Qualche volta, quando da bambina dicevo il nome del mio papà, è capitato che non mi credessero. Comunque: ho sempre prediletto le materie letterarie.
Attraverso le parole si possono costruire immagini?
Sì, sì, sì: moltissime immagini. La parte dell’immaginifico è la più bella, la scelta delle parole nel contesto di una lirica assume un aspetto importante nel risultato che si desidera ottenere, sia nel ritmo, sia nel contenuto. Così come mi piace la dimensione del sogno, che ci parla e ci dà immagini, la poesia ci dà la libertà di espressione e di affrontare situazioni dolorose, liberandocene. Grazie a essa puoi arrivare a una dimensione di speranza, che ti permette di mettere in circolo energie positive. A volte non ci si riesce, perché si è legati al momento che si sta vivendo, però si può fare. La poesia, per chi legge, può essere accoglienza, e se le tue parole sono di aiuto hai raggiunto un obiettivo importante.
Processo inverso: è possibile dare la parola alle immagini?
Le racconto un fatto, per poterle rispondere: tempo fa gestivo uno spazio culturale letterario, e un giorno un amico pittore, Antonio Gasparini, mi chiese di scrivere un testo per alcune sue opere che erano esposte. Fu un’esperienza bellissima a seguito della quale, dopo qualche tempo, mi venne desiderio di scrivere anche per altri pittori. Dopo pochi anni sono stata presente anche in alcune mostre.
Come si “ferma” l’ispirazione?
In qualsiasi momento, anche di notte. È un intreccio di linguaggi artistici, con il femminile è più facile. È la sfida per andare a comprendere un po’ di più.
Tornando a quanto dicevamo prima: com’è possibile dare un’interpretazione poetica a un’opera d’arte?
Non è semplice spiegare: sicuramente, in primis, con l’osservazione. Sento proprio la necessità di vedere le opere dal vivo, da loro capto dei segnali. Devo fare un distinguo: nell’informale, è importante capire la materia e percepirne l’intensità, anche attraverso luce e ombre. Nelle opere descrittive, l’operazione è inversa, non mi faccio trascinare dal descrittivo, ma cerco cosa ci sia dietro quella forma. Per esempio osservando un punto di fuga e leggendo in esso se c’è un dinamismo, la domanda che mi pongo è: devo salire verso l’alto? Quelle nuvole dove mi vogliono portare? Quando riesco ad andare oltre l’immagine entro in quello spiraglio che mi si apre, entro in relazione con l’opera, ma non è un raccontare. Ci entro in contatto a livello emozionale ed emotivo. Quando i livelli di capacità artistica sono alti è più semplice, in questo aiuta la sensibilità del pittore. Guardi, forse non avevo mai elaborato a livello conscio quanto le ho appena detto, mi ci ha fatto pensare adesso lei.
Spesso leggendo una poesia ad alta voce si riescono a percepire sfumature che, nella lettura silenziosa, talvolta potrebbero sfuggire. Esiste una correlazione fra voce e poesia?
Sì, per me è sì, anche quando si leggono le poesie di altri, la poesia ad alta voce ti risuona dentro, respiro e silenzio danno spessore alla poesia. La comprensione nella lettura ad alta voce fa sì che le immagini arrivino di più: si concretizzano.
Come si legge una poesia? Esiste una tecnica per cogliere l’essenza dei versi che sono stati scritti?
La tecnica più semplice è la lentezza, perché dà il tempo all’occhio di fare arrivare al cervello ciò che stai leggendo, ti dà respiro. Dobbiamo permetterci la lentezza, comprendi tu e comprendono gli altri, ed è grazie ad essa che puoi dare un senso a quella frase.
Dato che le sue poesie spesso sono ispirate da quadri, Daniela Dante, come si pone davanti a un quadro?
Mi voglio meravigliare, emozionare; ovviamente dipende da quale quadro, deve trasmettermi qualcosa che vada al di là dell’aspetto estetico. Nei casi in cui mi trovo di fronte a opere antiche, mi piace guardare, osservare la parte simbolica. Tante volte, in un’opera d’arte, cerco il silenzio, sono curiosa di vedere in quale dimensione mi porterà.
Quindi la curiosità è sana…
È il motore che ti tiene in vita. Sono curiosa di ciò che mi circonda. Le dirò di più, mi piace molto ascoltare, perché ascoltare chi conosce più di me suscita e genera altre curiosità per sapere di più. La curiosità è un bel motore, altrimenti non mi sarei mai messa a scrivere sui quadri.
Per taluni pittori la natura è fonte di ispirazione, e per un poeta?
Tantissimo, lo è altrettanto, sia come presenza, sia come assenza di natura. Ci sono alcune situazioni in cui la parte naturalistica è stata distrutta ed è lì che avverti l’assenza. Natura e amore sono i due cardini per la poesia. L’amore che c’è e l’amore che non c’è. È una dualità, come del resto nella vita.
Analogie fra pittura e poesia?
La dimensione emotiva, quella della sensazione. Lettura e fruizione di un’opera d’arte sono molto vicine, vi è affinità fra immagini e parole, questa amalgama è un canale di collegamento. In un testo un lettore ci si può ritrovare, così come in un’opera. Anche in questo caso è basilare ascoltare quel qualcosa che parla al mio profondo. In fondo l’arte è questo: se ti colpisce c’è qualcosa che, come un’onda, passa dalla parola scritta alla pittura, al linguaggio musicale.
Il pittore ha davanti a sé la tela bianca, su quella tela bianca porterà con il colore il suo sentire, un poeta ha davanti a sé un foglio bianco e porterà, con il tratto della penna, il proprio sentire. Come si riesce a dare colore al proprio sentire senza avere la tavolozza dei colori?
Li ritrovi dentro di te, sono quelli della tua passione, della tua disperazione, o della gioia, sono i colori delle tue emozioni. Anche le parole hanno un colore e corrispondono a ciò che stai vivendo in quel momento. Se una parola lascia una traccia, vuol dire che tu hai messo qualcosa del tuo animo lì, è un mettere sul foglio bianco i tuoi colori.
Ogni artista ha un proprio linguaggio artistico, tanto che, opere prive di firma vengono attribuite, ovviamente da chi è competente in materia, a quel determinato artista, è così anche per i poeti?
Per alcuni sì: ci sono alcuni poeti che hanno una modalità di scrittura che è facilmente riconoscibile. In altri casi è impossibile da riconoscere. Ciò che posso dirle è che esistono tematiche, oltre alla modalità o immagini o elementi ricorrenti, tanto da divenire connaturati a quel poeta.
Spesso in alcune performance artistiche o per dei vernissage, vengono recitate delle poesie. La parola potenzia il messaggio che l’artista vuol dare?
Sì, però deve essere fatto molto bene, si devono avere le attenzioni giuste, con un testo calzante. Ci deve essere l’intensità. Opere esposte, musica, raccoglimento di persone, deve esserci il giusto contesto, se ben fatta questi intrecci creano atmosfere efficaci per chi fruisce la mostra.
Cos’è la fragilità per la poetessa Daniela Dante?
Mah! La fragilità è spesso associata al femminile, noi donne dobbiamo sembrare più forti di quello che siamo e quindi tendiamo a nasconderla, però può essere un punto di forza, è la parte vera. C’è sempre una dualità: debolezza e forza. Noi siamo fatti dell’uno e dell’altro. E ogni tanto bisogna saper dire no!
In pittura vengono spesso usate simbologie e icone per far arrivare quel tipo di messaggio e, anche se il fruitore non ne è consapevole, attinge quelle informazioni attraverso la visione e ne fa una rielaborazione, grazie alla propria esperienza di vita vissuta e alla propria conoscenza più o meno consapevole. Nel caso della poesia esiste un linguaggio di simbologie, figure retoriche, espressioni metaforiche?
Nella tradizione poetica esistono, ma nella poesia italiana contemporanea è poco frequente. Possono esserci dei rimandi ai grandi del passato. E, comunque, vi sono dentro di noi informazioni che fanno parte del nostro bagaglio personale perciò può arrivarci qualcosa attraverso una traccia che viene dal passato.
Progetti futuri?
Sarò presente ad alcune mostre a marzo, il 4 a Perugia con Adele Lo Feudo. Adesso sto lavorando a un testo tutto al femminile, un testo teatrale tratto dal libro “L’uomo seme” di Violette Ailhaud con il teatro Tracce. Con l’associazione teatro Dioniso stiamo costruendo un lavoro sulla Yourcenar, sul suo percorso ambientale, in cui saranno coinvolti più artisti e musicisti. Il 18 marzo sarò a Roma presso la libreria Pellicano per la festa mondiale della poesia, quest’anno dedicata alla Palestina e ai popoli oppressi, verranno letti testi dalla decennale antologia SignorNò aggiornata al 2022, in cui sono presente. Alcuni di questi autori purtroppo non ci sono più, verrà data a loro la precedenza. Il ricavato andrà alla associazione Gazzella onlus che si occupa dei bambini feriti in Palestina.