Fu uno dei più originali e prolifici autori di commedie in dialetto massese e tra i fondatori della storica compagnia dialettale Teatro Città di Massa: Giovanni Jannello, di cui ricorrono quest’anno i 100 anni dalla nascita e i 25 dalla morte. Una delle sue opere più famose, Votate Isidoro, verrà riproposta come primo spettacolo della 14^ rassegna di teatro dialettale che partirà al teatro Guglielmi di Massa venerdì 24 febbraio: un’occasione rara e preziosa per le nuove generazioni di poter conoscere un autore che ha rappresentato in maniera perfetta la società massese degli anni sessanta e settanta. Un poeta e commediografo, come spesso accade, colpevolmente dimenticato, soprattutto dalle istituzioni, della cui vicenda umana e letteraria ci ha parlato il figlio Riccardo, giornalista e scrittore.
Chi era suo padre, Giovanni Jannello?
Era un impiegato del Consorzio Zona Industriale Apuana, ma anche un giornalista per Il Telegrafo e poi per la Nazione e soprattutto un appassionato di teatro e del dialetto della sua città.
In che periodo svolse la sua attività di autore teatrale?
Mio padre cominciò a scrivere dal 1963. Insieme ad altri appassionati di teatro dialettale, fondò, nel 1966, la compagnia Teatro Città di Massa che è stata una delle realtà nazionali tra le più importanti. Il suo ruolo era quello del commediografo. Questa era la grande particolarità della compagnia cioè il mettere in scena commedie originali. Il teatro dialettale a Massa ha una lunga storia che affonda le radici nell’800, ma ha sempre avuto un problema di originalità dei testi.
Cosa significa?
Significa che, per la maggior parte dei casi venivano rappresentati testi scritti in dialetti di altre città e poi tradotti in massese. Di opere originali scritte da autori massesi c’erano solo quelle di Paolo Ferrari, che fu il primo autore in massese, in assoluto, anche se era originario di Modena ma trapiantato a Massa. Ferrari scrisse nel 1847 l’opera “Baltromeo calzolaro” e nella rappresentazione che venne fatta nel 1901, il capocomico era il mio bisnonno e l’interprete femminile era mia nonna. Dopo Ferrari ci fu Alfredo Masnadi che scrisse alcuni testi nei primi anni del ‘900 e poi Ubaldo Bellugi, con il quale ho un legame di parentela e che ho conosciuto. Bellugi è stato un poeta e commediografo di livello europeo, studiato e conosciuto all’estero, ma dimenticato nella sua città d’origine per essere stato un podestà durante il fascismo, sebbene, abbia salvato tanti partigiani dando loro un nascondiglio sicuro, come mi raccontò lui stesso.
Quante commedie scrisse suo padre?
Il numero preciso non lo conosco, ma sicuramente oltre la ventina. Purtroppo la sua collaborazione con la compagnia Città di Massa si interruppe nel 1976, in seguito a una serie di rivalità e invidie interne da parte degli attori nei suoi confronti. Dopo, collaborò per qualche anno con la compagnia che era nata nel ristorante Batì e quando questa chiuse l’attività anche lui smise di scrivere.
Le opere di suo padre sono mai state raccolte in un volume?
Purtroppo no perché quando lui lasciò la compagnia Teatro Città di Massa, i suoi copioni rimasero a loro. Mia madre pose il divieto alla rappresentazione, che è ancora vigente e quindi da allora non vennero più rappresentati, ma non è stato ancora possibile raccoglierli tutti e pubblicarli, sebbene alcuni di questi abbiano vinto premi nazionali come la Rassegna di teatro dialettale di Faenza, e siano stati tradotti ina altri dialetti e rappresentati altrove. Diversi critici autorevoli hanno giudicato di alto pregio i testi di mio padre e hanno messo in luce la perfetta ricostruzione della società massese del tempo in cui vennero scritti.
Di cosa parla Votate Isidoro?
Confesso che non la vedo rappresentata da moltissimi anni, ma ricordo bene che era uno dei testi più divertenti scritti da mio padre. Di questa ce ne è una copia conservata nell’archivio di Stato. È una commedia incentrata su una campagna elettorale per la carica di sindaco di Massa negli anni settanta e mette in luce tutte le dinamiche delle strategie dei candidati, le loro promesse e la ricerca dei voti quasi casa per casa, tipiche dell’epoca. Il regista Roberto Borghini, un anno fa, mi ha contattato per avere il permesso di metterla in scena sia per la bellezza del testo, sia perché si colloca perfettamente nel clima elettorale che è in corso oggi. Io spero che la nuova rappresentazione di questo testo abbia successo in modo da poter accendere l’attenzione sia sul recupero dei suoi testi, sia sulla riabilitazione della sua figura in occasione dei due anniversari che ricorrono quest’anno, mediante un convegno dedicato a lui.
Il teatro dialettale ha un futuro?
Può averlo se ci sono gli autori che scrivono opere originali. Per fare un esempio, nella rassegna di teatro dialettale che partirà il 24 febbraio, dopo l’opera di mio padre ci sono due spettacoli che mettono in scena testi tradotti da altri dialetti. Oggi si scrivono ancora un po’ di poesie e qualche sketch in dialetto massese ma non commedie vere e proprie.