Ogni gennaio, da sei, sette anni, scatta un nuovo allarme sul fronte del cambiamento climatico ed anche nel 2022 le temperature hanno segnato un nuovi record. In base ai dati dello “State of the Global Climate” 2021, la temperatura media globale (14,9 gradi) è stata una delle tre più calde mai registrate e il tasso di aumento medio della temperatura in Africa è stato superiore alla media globale.
L’Africa è uno dei luoghi in cui i danni generati dalla crisi ambientale, a causa anche di una situazione di fragilità economica e mancanza di politiche mirate a prevenire o contenere gli effetti del problema, sono, e saranno, maggiormente devastanti sotto diversi punti di vista: quello ambientale, quello sociale e quello della conservazione del patrimonio artistico, culturale e naturale del continente. La distruzione delle ricchezze e delle “unicità” di questo enorme continente è già iniziata.
“La fame è sentita da uno schiavo e la fame è sentita da un re”, recita un proverbio ghanese. Un semplice ma efficace promemoria dell’impatto che il cambiamento climatico sta avendo. Sebbene le popolazioni vulnerabili, come quelle che dipendono in larga misura dall’agricoltura, dalla pesca e dall’allevamento alimentati dalle piogge, saranno più colpite rispetto ai ricchi, il punto fondamentale è che, in ultima analisi, tutti risentiremo dell’impatto del cambiamento climatico. Purtroppo, gli effetti nocivi del riscaldamento globale cominciano anche a minacciare di compromettere i progressi, in termini di salute, registrati da diversi decenni; essi includono la malnutrizione, l’aumento dei livelli di malattie trasmissibili e non e le emergenze causate dai disastri naturali.
Ad esempio, i cambiamenti nella temperatura e nelle precipitazioni stanno già mettendo a rischio le risorse idriche, riducendo la produzione agricola e aggravando la malnutrizione nel continente. Siccità e inondazioni si sono abbattute su molte regioni dell’Africa orientale, occidentale e meridionale. Quasi 100 milioni di persone sfollate nel 2020 sono state costrette a soffrire di insicurezza alimentare acuta a causa di disastri naturali, conflitti e shock economici.
Milioni di vite umane vengono colpite anche dalla nostra incapacità collettiva di agire più rapidamente. Tutto ciò avviene sullo sfondo della pandemia COVID-19, che ha messo la salute globale in una posizione precaria e ha acceso i riflettori su quanto siamo vulnerabili nei confronti della natura. Si ritiene anche che il cambiamento climatico, se non controllato, ci lascerà indifesi contro le future pandemie. Soprattutto in Africa, dove la debolezza dei sistemi sanitari ha lasciato la popolazione in una posizione di notevole svantaggio, le lacune esistenti nei sistemi sanitari pubblici rischiano di aumentare ulteriormente.
Se entro il 2030, non verranno adottate misure volte a mitigare gli effetti del cambiamento climatico e a permettere alle popolazioni di adattarsi, fino a 118 milioni di poveri saranno esposti a siccità, inondazioni e caldo estremo nel continente.
Anche se i nostri sforzi sono concentrati sull’uscita e la ripresa dopo la pandemia, non possiamo permetterci di ignorare la necessità di misure di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico a lungo termine. Queste richiederanno finanziamenti sostenibili per contenere i costi umanitari, sociali ed economici del cambiamento climatico e il suo ruolo nell’amplificare le pandemie. Si stima che nei prossimi otto anni l’Africa avrà bisogno di investimenti per oltre 3000 miliardi di dollari per attuare, efficacemente, le politiche, gli obiettivi e le misure che i governi intendono impiegare come contributo all’azione globale per il clima. Si tratta di un compito difficile, dato che la maggior parte dei paesi non è in grado di finanziare completamente i propri bilanci nazionali e si trova ad affrontare divari di finanziamento sanitario sempre più ampi.