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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Perché in Africa si continua a morire (seconda parte)

DiStefano Guidaci

Feb 13, 2023

Dopo aver trattato, nella prima parte, l’espansionismo cinese in Africa e la diffusione del fenomeno del land grabbing, scendiamo un po’ più nel particolare nelle emergenze del continente. Innanzitutto, va ribadito che, sotto il profilo socioeconomico, sebbene alcuni paesi quali Guinea Equatoriale, Botswana, Sudafrica ed altri, presentino PIL pro capite mediamente elevati, la redistribuzione dei beni è massimamente squilibrata. Infatti, purtroppo, sono tutti africani i paesi, per i quali l’indice creato da Gini, applicato alla distribuzione della ricchezza, supera il valore dello 0,6: centrafrica, Sierra Leone, Botswana, Lesotho, Sudafrica, Seychelles e Namibia, nazione che, con un indice 0,71, è il paese del mondo, in cui la distribuzione della ricchezza è meno equa.

Come comincia ad essere chiaro, quindi, la povertà in Africa è un fenomeno complesso, non riducibile a un’unica dimensione, sia essa economica, sociale, politica o culturale. Essere poveri, significa mancanza di opportunità di scelta che consentono alle persone uno standard di vita dignitoso. Non soltanto povertà di reddito, quindi, ma mancanze in tutte le molteplici accezioni che compongono la nozione di sviluppo (salute, accesso alle risorse, autostima, relazioni sociali). Povertà è anche esclusione dai benefici di condizioni di vita dignitosa ed è per questa ragione che si utilizzano diverse misure per sintetizzare e confrontare la condizioni di povertà.

L’UA (Unione Africana) che si occupa non solo di aperture commerciali, ma anche di problemi socio-economici e demografici, ritiene che gli indicatori di cui si debba tener conto, al fine di vagliare e stabilire dei criteri comuni per comparare livelli sociologici di minima sopravvivenza nei vari stati, siano raggruppati in tre dimensioni: salute, istruzione e tenore di vita. In generale comunque, per sintetizzare, la maggior parte delle innumerevoli organizzazioni umanitarie che operano in Africa, individuano quattro grosse piaghe ancora da sanare:

1) La povertà. È la causa della maggior parte dei problemi che affliggono il continente. Nell’Africa subsahariana, su una popolazione di circa un miliardo di persone, quasi 430 milioni vivono con massimo 1,90 dollari al giorno. S’instaura quello che viene definito circolo della povertà: chi è povero non mangia a sufficienza e non ha forze per lavorare; senza lavorare, non è possibile guadagnare abbastanza per procurarsi cibo.

2) Condizioni climatiche. Alcune zone del continente africano, in particolare l’Africa orientale e l’Africa meridionale, sono periodicamente soggette a calamità naturali come alluvioni, lunghissimi periodi di siccità, tempeste tropicali. Calamità naturali che distruggono campi e raccolti, e provocano la morte di greggi e mandrie. La conseguenza è la fame.

3) Guerre e conflitti. La rivolta di Boko Haram. Il conflitto del Darfur. La guerra civile in Somalia. La crisi in Libia. Questi sono solo alcuni dei conflitti che dilaniano il continente africano. In guerra, il cibo diventa un’arma. Spesso i soldati distruggono le scorte di cibo dei loro nemici. I campi sono cosparsi di mine e le fonti d’acqua inquinate.

4) Spreco di cibo. Ogni anno, nel mondo si sprecano 1,3 tonnellate di cibo, pari a un terzo della produzione mondiale. Solo recuperando tale cibo e donandolo a chi ne ha bisogno, sarebbe possibile sfamare milioni di persone.

Se riuscissimo a ridurre, almeno di qualche punto di percentuale, l’impatto di questi quattro problemi sulla popolazione, faremmo tanto per impedire che nel continente africano si continui a morire.

Prima parte