In quel tempo, tanti secoli erano passati da che “le genti” (nel senso evangelico del termine, cioè i “non giudei”) avevano appreso il Verbo. Ora tutti si sapevano difendere, anche nelle selve oscure popolate da presenze inquietanti. Lì ad accogliere i pellegrini c’erano gli xenodochi, cioè gli hospitalia, i luoghi in cui trovare riparo per il corpo e per l’anima. In quei luoghi si pregava perché il diavolo si allontanasse dai pellegrini e non li disturbasse di notte coi suoi richiami: i suoni del suo alito sulle fronde degli alberi e i giochi di luci e ombre, creati dai suoi occhi spaventosi capaci di ammaliare chi li avesse visti.
Nei monasteri di quei posti sperduti, di notte, i monaci pregavano secondo una liturgia continua. Facevano i turni per preghiere e orazioni, senza interruzioni.
Fabión spiegó a quei pellegrini che, passati da Regnano, si doveva scendere direttamente alla pieve di Offiano e poi a Casola, quindi, per Codiponte, Gragnola, e Soliera, cioè lungo la valle dell’Aulella, si giungeva finalmente nel fondovalle ad Aulla, già insediamento romano. Da Regnano si poteva anche tagliare la montagna con percorso a mezza costa e giungere a Pieve San Lorenzo, da lì scendere a Casola per continuare come sopra descritto. Oppure da Regnano si poteva passare nella valle parallela verso destra e poi, lasciandosi Pieve San Paolo sulla destra, scendere verso valle, passando per il futuro Castello della Verrucola, Fivizzano e poi Soliera e quindi a fondovalle dove c’era Aulla. Tra Fivizzano e Soliera, si poteva, però, anche tagliare per via di mezza costa, a destra, verso Licciana Nardi, quindi Bagnone, Villafranca Lunigiana, Filattiera e infine Pontremoli.
Da Filattiera, e dalla vicina pieve di Santo Stefano a Sorano, per Pontremoli si poteva invece ancora seguire un percorso a mezza costa attraverso borghi interni. Oppure da Licciana Nardi, si poteva scendere verso il fondovalle, e subito si incontrava il borgo di Monti, da cui si poteva raggiungere, piegando a destra, Amola, Merizzo e Villafranca Lunigiana per proseguire come già detto.
È interessante ricordare che lungo quest’ultimo percorso, si dice che sia esistito l’antico borgo di Venelia, distrutto secondo una leggenda dai saraceni. Resti archeologici di questo paese trovano traccia nell’abside della pieve di Santa Maria di Venelia di una chiesa precedente presso Monti, forse quella originaria del borgo omonimo. Un’area ricca, in effetti, di rinvenimenti di reperti archeologici, anche e soprattutto varie statue stele, l’ultima delle quali è stata ritrovata casualmente, come in pratica tutti i ritrovamenti di questo tipo, da tale Angiolino Giumelli, mentre lavorava nel proprio terreno per estirpare una vigna a Monti di Licciana, in località Castagnolo, nel marzo del 2012. Il nome del reperto è “Venelia V”, dove il numero romano è progressivo e va di pari passo con i ritrovamenti. Questa stele è risalente all’Età del Rame, cioè alla metà del IV – III millennio avanti Cristo. Tutte le stele catalogate con i numeri romani sono conservate nel Museo del Castello del Piagnaro di Pontremoli.