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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Ogni individuo porta i segni del suo passato, della sua infanzia. In taluni, le ferite sono così profonde da portare ad una amaritudine che sconfina nella depressione. Federigo Tozzi, che nacque a Siena il primo gennaio del 1883, traspose quei ricordi nei racconti che ne fanno uno dei grandi del secolo scorso. Suo padre, che era un uomo rude, solo molto abile negli affari, non vedeva di buon occhio l’amore di suo figlio per le arti: la letteratura tanto amata dal figlio, a lui sembrava un inutile orpello. Federigo Tozzi ebbe un cattivo rapporto con la scuola, forse vedeva negli insegnanti lo stesso approccio del suo genitore. Nel 1895, alla morte di sua madre, mite e gentile come lui, fu cacciato dal Collegio Arcivescovile a Siena. Decise di iscriversi all’Accademia di Belle Arti ma fu espulso, cosa che accadde anche alle scuole tecniche di Firenze. Pur essendo poco consono all’istituzione scolastica, sviluppò il suo amore per la letteratura, frequentando la Biblioteca comunale di Siena. Nel 1901 si iscrisse al Partito Socialista degli Italiani. In quell’occasione strinse un’amicizia sincera e profonda con l’intellettuale Domenico Giuliotti, che fu importante per la sua formazione letteraria. Di particolare rilevanza fu il carteggio che intraprese con Annalena, pseudonimo della sua futura moglie Emma Palagi. L’epistolario fu propedeutico per gli scritti che sarebbero arrivati qualche tempo dopo.

 Dopo l’uscita dal Partito Socialista, si trasferì a Firenze per lavorare nelle ferrovie. L’esperienza gli servì per scrivere un diario: Ricordi di un giovane impiegato, poi pubblicato con il titolo: Ricordi di un impiegato. Si trattava di un Fantozzi ante litteram, molto più amaro nei contenuti. Nel 1908, dopo la morte di suo padre, tornò a Siena e sposò Emma Palagi. La donna fu per Federigo Tozzi, il gradino che gli mancava per spiccare il volo. Nel 1909 scrisse le novelle di stampo pirandelliano: Bestie. Iniziò in quel periodo la stesura del suo romanzo più famoso, Con gli occhi chiusi. Si tratta di un romanzo di carattere autobiografico, un’autoanalisi per curare le ferite del rapporto con suo padre, come quella che fece Italo Svevo, qualche tempo dopo, con La coscienza di Zeno. Talvolta con gli occhi chiusi si riescono a guardare meglio certe sfumature, che non vediamo quando li abbiamo aperti.

Nella narrazione si potevano scorgere i riferimenti a suo padre, ad una donna amata da Federigo, a sua madre, così fragile e sottomessa al marito. Nel 1913 fondò, insieme a Domenico Giuliotti, la rivista: La Torre. Era un quindicinale di carattere cattolico e nazionalista, posizioni derivanti dalla sua conversione avvenuta dopo l’uscita dal Partito Socialista e dalla guarigione da una cecità temporanea, dovuta ad una malattia venerea. Nello stesso anno, si trasferì a Roma insieme a Emma e a suo figlio Glauco, che era nato nel 1909.

Nella capitale ebbe modo di conoscere Luigi Pirandello, Alfredo Panzini e Giuseppe Borgese. Fu proprio Luigi Pirandello a voler Federigo Tozzi come collaboratore nel supplemento letterario del Messaggero. L’appendice si chiamava: Messaggero della domenica e rappresentò un momento storico per la cultura italiana dello scorso secolo. Federigo Tozzi, in quel periodo, compose alcune delle sue novelle più riuscite a livello di contenuti e stilistico. La casa venduta, Creature vili, Il crocifisso, Mia madre e I nemici, rappresentano tutta l’arte e la sensibilità di Federigo Tozzi.

Nel 1919 pubblicò il suo romanzo, in gestazione da alcuni anni, ma quando uscì, venne fagocitato da un’altra opera di Tozzi, pubblicata nello stesso anno: Tre croci, che venne giudicato da Borgese un capolavoro del realismo. I due romanzi posero in rilievo l’interiorità umana, collocata tra il naturalismo ottocentesco e il simbolismo di Proust. L’inettitudine dei personaggi, la loro inadeguatezza nei confronti dell’esistenza, fecero delle opere di Tozzi dei racconti degni di Joyce, Musil e Thomas Mann. Dopo aver respirato e vissuto l’aria di Roma, Federigo Tozzi narrò in chiave autobiografica le vicende artistiche e sentimentali di un gruppo di letterati e musicisti. Si trattava di uno sguardo cinico sulla società che stava cambiando, vista attraverso gli occhi e le parole di artisti che ne dipingevano una realtà troppo spesso contraffatta. Nel 1918, alla fine della prima guerra, il mondo fu flagellato da un’epidemia di influenza molto aggressiva, denominata: influenza spagnola. Fu una vera e propria pandemia che causò in due anni circa 100 milioni di morti a livello globale. Federigo Tozzi fu colpito dalla pandemia e morì a Roma il 21 marzo del 1920 a soli 37 anni. Nel 1994, la regista Francesca Archibugi ha diretto una pellicola tratta dal romanzo di Federigo Tozzi, Con gli occhi chiusi. Ha trasposto in immagini il racconto di un uomo sensibile provato da un’infanzia difficile. Federigo Tozzi è stato uno dei grandi letterati del novecento, ha narrato di un’epoca così lontana da essere attuale.