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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Il coraggio di non arrendersi: Giuseppe Giusti

DiSelenia Erye

Gen 26, 2023

Avere un’anima nomade, la mente sempre in movimento e trovare il compromesso per star bene è un’impresa ardua. Ne è capace colui che raggiunge un grado di maturità tale che gli consente di condurre ogni esperienza con passione ed umiltà, riuscendo a vivere come se ogni giorno fosse l’ultimo. Correre a perdifiato senza mai perdere la speranza di una vita migliore, cercare una situazione più vicina al proprio sentire. Questo è ciò che fa Giuseppe Giusti ogni giorno. Nato a Massa, dove ha vissuto per molti anni e dove c’è ancora la sua famiglia di origine, ha sempre avuto la passione per i viaggi. Dopo l’esperienza come commercialista ha deciso di mollare tutto e cominciare a viaggiare e oggi è una guida turistica in Norvegia.

Lo ricordo mentre si recava al lavoro la mattina presto, sempre sorridente o quando correva sulla battigia, al mare nelle ore più calde. Una vita piena, non sempre facile che lui ha affrontato con grinta e coraggio riuscendo a trasformare le avversità in occasioni per diventare una persona migliore.

Giuseppe ci racconti com’è stato il passaggio dall’essere un commercialista a fare la guida turistica in Norvegia?

Il passaggio è dovuto prima di tutto ad uno stato di necessità e di seguito alle scelte che ho fatto. La necessità era che con il mio lavoro, da professionista in proprio, non riuscivo ad arrivare in fondo al mese. Questo mi ha posto davanti ad un problema fondamentale: sopravvivere. La nostra zona, purtroppo, non è facile dal punto di vista dell’impiego, soprattutto con persone che hanno superato i 40 anni. Insieme alla mia ex-fidanzata abbiamo analizzato gli skills, che potevamo avere ed offrire. Uno di questi erano le lingue, uno skills richiesto senza troppi problemi riguardo all’età di chi lo offre. Lei è francese ed io parlo francese fluentemente. Abbiamo così deciso di migliorare il nostro inglese, imparato a scuola. Per farlo abbiamo scelto l’Irlanda ed abbiamo avuto la fortuna di lavorare in Inismor, una delle isole Aran, in un supermercato. Lei al reparto Deli ed io come magazziniere. Abbiamo migliorato il nostro inglese durante l’inverno. A primavera dovevamo trovare un altro lavoro ed abbiamo inviato i nostri curriculum ad una società norvegese che cercava tour guides per crociere. Ci hanno preso e così è iniziata l’avventura in Norvegia.

Non sarà stato facile cambiare vita…

No, purtroppo, ma è stato necessario sia per poter lavorare, sia per superare la delusione di non aver realizzato il mio sogno di fare il commercialista. Era un lavoro che mi piaceva, ma non è andata bene, anche a causa e, forse, soprattutto, per miei errori.

Com’è stato per lei modificare le sue abitudini, salutare i suoi affetti?

Credo di avere un animo nomade, per cui la cosa a cui tengo, veramente, sono i rapporti con le persone. Quelli non scemano con la distanza, anzi molte volte si rafforzano. Poi, oggi, con tutta la tecnologia che abbiamo risulta facile tenere i contatti con le persone. Le racconto un fatto curioso. Ho una biblioteca personale a cui tengo molto. Quando sono partito, l’ho messa negli scatoloni. Nel momento in cui ho finito di farlo, mi sono sentito libero.

L’esperienza che sta vivendo, cosa le ha fatto capire delle dinamiche quotidiane?

L’insegnamento più grande è stata la possibilità di calibrare di nuovo quelle che consideriamo le priorità. Vivendo all’estero, le cose fondamentali sono: la salute, avere un lavoro che ti permetta di vivere in modo dignitoso e avere un posto dove vivere. Di molte altre cose possiamo fare a meno.

Lei convive da quando è piccolissimo con una malattia come il diabete di tipo uno: come ha influito nella sua quotidianità?

Una volta mi hanno chiesto: come saresti senza il diabete? Ho risposto: non posso dirtelo, perché il diabete è una parte integrante di me. Mi ha reso la persona che sono, con le mie qualità e le mie mancanze. Convivere con il diabete non è facile. Per anni ho pensato che fosse una lotta e che tutte le volte la perdevo, perché lui è più forte. Poi l’ho accettato, continua a vincere lui, ma adesso è come un compagno di viaggio che rispetto e con cui convivo. Rimane comunque terribile.

Quali erano le sue paure o timori, com’è ha fatto a vincerli?

In realtà non avevo timori apparenti o definiti. Mi sentivo limitato ed inadeguato per molte cose. Ma credo non fosse dovuto solo al diabete, in parte dipendeva dal carattere. A mano a mano che il diabete mi consentiva di rafforzare me stesso per accettarlo, allo stesso tempo ho migliorato anche il mio carattere e la mia autostima. La mia unica paura, relativa al diabete, è ancora presente in me e non posso vincerla. È quella che provo quando ho delle forti ipoglicemie. Mi sento andare via la vita piano piano, una specie di candela che si spegne. Quando mi riprendo sono spaventato. Ma sono anche grato di essere ancora vivo. Il diabete mi ha tolto molto, ma mi ha dato anche molto. Mi ha reso molto empatico: riesco a sentire il dolore degli altri. Questo mi permette di andare al di là delle apparenze rispetto alle persone che ho davanti. Mi ha reso, anche, molto determinato e testardo: un difetto ed una qualità allo stesso tempo.

 Oggi che uomo è, si sente cambiato rispetto al ragazzo che era?

Credo che si cambi ogni momento. Ogni esperienza, ogni incontro, ogni viaggio, ogni nuova lettura, ci cambia. L’uomo è un essere in cammino e questo cammino non lo facciamo solo con le gambe. Qualcuno mi ha detto che guardo al mondo con la meraviglia di un bambino. Questa cosa di me spero di non cambiarla mai. Mi fa vedere quanto sono fortunato ad essere vivo ed è la curiosità che mi fa andare avanti.

Cosa cambierebbe della sua vita se potesse tornare indietro?

In realtà nulla. Sono anche e soprattutto gli errori che ho fatto. Ogni cosa sbagliata che ho fatto mi ha donato esperienze e molto spesso cambiamenti, che mi hanno reso migliore o mi hanno fatto incontrare persone speciali. Ho solo due pentimenti. Il primo è non aver fatto l’Erasmus quando ero all’università. Ho avuto paura. La seconda riguarda una ragazza che mi stava dietro tanti anni fa, pure troppi. Ero troppo timido e stupido ed anche in quel caso ho avuto paura, non mi sentivo adeguato. Alla fine non sono neanche grandi pentimenti. È andata come doveva andare.

Cosa si sente di dire ai nostri lettori che in questo momento si sentono affaticati dal loro presente?

Conosco bene il dolore. Quello che ti esaurisce le lacrime. Diventa difficile dare consigli e talvolta è anche poco opportuno. Ognuno di noi è un essere unico ed irripetibile. Come tali viviamo le situazioni in modo diverso. Diventa difficile anche misurare la gravità di una situazione. Quello che per me può essere qualcosa di insormontabile, per altri è una cosa non così difficile e viceversa. Credo che ognuno debba percorrere la propria strada. Ognuno deve trovare il suo modo di vivere. L’unica cosa che posso dire è di non arrendersi mai. Ne vale la pena. In ogni momento anche le situazioni più terribili possono risolversi e possiamo trovare ispirazione anche in cose e persone che non hanno nulla a che fare con la nostra situazione. La cosa fondamentale è tenere la mente aperta ed essere pronti a cambiare e adattarsi alle situazioni che ci troviamo davanti.