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Diari Toscani

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Il crocifisso ricordato da Papa Ratzinger

DiVinicia Tesconi

Gen 4, 2023

Forse l’originale, Joseph Ratzinger, non lo vide mai: sicuramente non lo vide durante il suo breve pontificato come papa Benedetto XVI, prima di fare la grande rinuncia e diventare papa emerito, ma, di certo, conosceva l’opera. Stiamo parlando del Crocifisso del Duomo di Sarzana, un’opera molto antica e rara, che Benedetto XVI citò, nel 2007, trovandosi nell’abbazia di Heiligenkreuz a Vienna, dove, appunto, dal 1981 si trova la copia dell’opera di Sarzana. “Gli occhi di Cristo sono lo sguardo del Dio che ama. L’immagine del Crocifisso sopra l’altare, il cui originale romano si trova nel Duomo di Sarzana, mostra che questo sguardo si volge ad ogni uomo. Il Signore, infatti, guarda nel cuore di ciascuno di noi”: queste furono le parole dette da papa Ratzinger, in occasione di una delle tappe del suo viaggio apostolico in Austria.

La fama del crocifisso di Sarzana, tuttavia, si era creata secoli prima della menzione fatta dal papa. Il crocifisso della concattedrale di Santa Maria Assunta, questo il nome della chiesa che lo ospita, è uno dei più antichi crocifissi lignei della storia dell’arte. La datazione all’anno 1138 è riportata sull’opera, cosa assai eccezionale, così come il nome dell’autore: tale mastro Guglielmo, di cui si sa, soltanto, che realizzò questa croce.

Si tratta di un Christus Triumphans, cioè di una rappresentazione iconografica di Gesù sulla croce, vivo e risorto: un soggetto molto più raro del comune Christus patiens, nel quale Gesù è raffigurato agonizzante e con il capo reclinato sul petto.

Ad innamorarsi dell’opera fu l’abate di Heiligenkreuz, che, alla fine degli anni ‘settanta’70, aveva visitato la chiesa di Sarzana durante un viaggio in Italia e proprio lui ne aveva commissionato una copia al pittore Renato Manfredi, di Arcola, vicino a Sarzana.

L’originale, invece, era stato commissionato da Guglielmo Francesco, figlio di Alberto Rufo, figura che aveva contribuito allo sviluppo economico di Sarzana, oppure da qualcuno della famiglia Villano, altri membri influenti sulle sorti della città, e la sua destinazione era, probabilmente, la chiesa di Sant’Andrea a Sarzana.

Il crocifisso è dipinto su legno di castagno, trattato con gesso e colla e con inserti di tela. Negli spazi intorno ai vertici della croce sono raffigurate scene della passione di Cristo, accompagnate da iscrizioni in latino che il tempo ha quasi completamente deteriorato, rendendole illeggibili. Tuttavia, la loro presenza confermerebbero il fatto che il crocifisso fosse destinato a un luogo fruito da ecclesiastici, tra i pochi a saper leggere e a conoscere il latino, e non per i comuni fedeli. L’ipotesi fatta dagli studiosi lo colloca, infatti, sull’iconostasi, cioè sulla struttura che separava lo spazio riservato al clero da quello per i fedeli e che, abitualmente, era ricoperta di immagini sacre.

Come quasi tutte le opere antiche, anche il Crocifisso di Sarzana ebbe la sua parte di storia avventurosa e rocambolesca: nel 1470 l’opera, chiamata, all’epoca, Croce di Guglielmo, venne trasferita in un luogo imprecisato, perché la chiesa di Sant’Andrea dovette essere restaurata. Per alcuni anni se ne persero le tracce, poi venne ritrovata nell’oratorio di Santa Croce, vicino alla chiesa di Sant’Andrea e trasferita nella cattedrale di Santa Maria Assunta, sopra la porta della sacrestia. In seguito, pur restando nella stessa chiesa, venne collocata nella prima cappella della navata sinistra, insieme ad altre sacre reliquie, come il Preziosissimo Sangue raccolto da Nicodemo sul Calvario.

Nel 1602 avvenne il primo miracolo attribuito alla Croce: la guarigione di un bambino di nome Agostino per il quale la madre aveva pregato proprio sotto quell’opera. Fu, quella, l’occasione per trasferire la Croce nella cappella che la famiglia Cattanei di Sarzana volle dedicare a San Giovanni Battista. Altri miracoli si verificarono nel tempo e la Croce di Sarzana consolidò la sua fama nel mondo cattolico.

Qualcosa, in base ad accurati studi, si poté stabilire riguardo a mastro Guglielmo: sicuramente egli apparteneva alla scuola di Lucca o comunque era vicino allo stile delle scuole di pittura del centro Italia che, nel 1100 produssero molte croci su legno, spesso nella versione Triumphans. Guglielmo, infatti, pose Gesù sulla croce, ma in posizione eretta, con gli occhi aperti e il capo alzato, non inchiodato, ma appoggiato alla croce, come se fosse un trono. Il corpo del Cristo è raffigurato nudo, coperto solo con un piccolo telo bianco legato in vita con una cintura dorata: anche questo tipo di raffigurazione era originale e mai vista in precedenza. Il ricco perizoma che copre il Cristo fu l’unica parte della figura che non venne ridipinta nel ‘300: operazione, probabilmente, dovuta a un restauro che, tuttavia, rimase molto fedele all’originale come dimostrano gli studi radiografici e riflettografici fatti sull’opera, nel corso del suo ultimo restauro, fatto nel 2001 dall’Opificio delle Pietre Dure.

Il Crocifisso di Sarzana è sicuramente il più antico recante la datazione e la paternità dell’opera e uno dei primissimi Christus Triumphans. Papa Benedetto XVI ascoltò tutta la sua storia, quando vide la copia a Vienna e ne rimase tanto colpito: per questo motivo volle rendere omaggio all’originale citando la chiesa di Sarzana che lo ospita.