Le macchine fotografiche erano ampiamente di uso comune, alla fine degli anni ’50, con una vasta gamma di versioni sempre più semplici e sempre più alla portata economica e artistica di tutti, ma il gusto della foto “bella”, fatta dal fotografo, non era ancora stato intaccato neppure dalla migliore amatorialità e restava un punto cardine nella sempiterna voglia di selfie, preesistente ai selfie stessi. E allora si era formata un’usanza: quella di chiamare il fotografo in casa, la mattina del 25 dicembre, a cogliere l’attimo del risveglio dei bambini e della scoperta dei regali. Bambini che sbirciano da una porta socchiusa, che restano rapiti davanti alle candeline vere sull’albero, accese, ovviamente solo il giorno di Natale, che guardano con gioia, giocattoli d’altri tempi: bambole di celluloide dai visi da star, cavallini a dondolo in legno, un pallone di cuoio, un orso di peluche. Scatti perfetti, di infinità naturalezza e sensibilità, che abilmente nascondevano il lavoro del fotografo: la posa studiata, la perfetta angolazione della luce, il bambino sistemato al meglio e non, realmente, buttato giù dal letto. Scatti che raccontano Natali ormai lontani e, forse, i primissimi albori della forsennata corsa consumistica, che la festività, da lì in poi, ha preso. La voglia di eternare i momenti belli, di ricordare per sempre la magia di una festa che passa soprattutto attraverso gli occhi dei bambini: questo c’era all’origine di quegli scatti. E Michelino, lo storico fotografo di Carrara ormai giunto alla vigilia dei 100 anni di attività consecutivi – si alzava presto, la mattina del 25 dicembre, per fare il giro delle case e fotografare il Natale dei bambini degli anni sessanta. Borsa a tracolla, cavalletto sotto il braccio, pellicole e flash in abbondanza, per fermare il tempo nello scatto perfetto, quello che scoprivi solo quando sviluppavi il negativo e se non l’avevi colto, non potevi coglierlo più. Ben più del Natale, nel tempo è cambiata la fotografia, sempre più eterea, eppure costante, ossessionante, a registrare tutto per non ricordare più nulla, a vivere meno del secondo in cui è scattata, destinata a galleggiare alla deriva nell’universo del web. Ma la foto sotto l’albero resiste: non c’è più il fotografo e nemmeno la macchina fotografica, ogni scatto può essere migliorato all’istante per farlo sembrare (quasi), una foto d’autore e, forse, quel che si vuol comunicare non c’entra quasi nulla con il significato del Natale, ma il 24 e il 25 dicembre le immagini sotto l’albero sono ancora le più postate sulle piattaforme social.
Foto Archivio Michelino