La differenza la fa solo la forma, o meglio l’involucro: lo zampone, nomen omen, è la zampa anteriore del maiale riempita con la macinata di carne grassa e magra, aromatizzata con spezie, mentre il cotechino è il budello, naturale o artificiale, riempito con la stessa farcia, ma con la forma di un grosso salame. Piatto ricchissimo di sapori e calorie che, per quanto saporito e gustoso, e soprattutto, per quanto anche lui arrivato da anni nella grande distribuzione in versioni precotte, vede la sua fortuna solo nel periodo natalizio. Nel resto dell’anno non lo si produce, né lo si consuma. Il solito classico povero arricchito, nato, peraltro, per una estrema vendetta del popolo contro l’esercito nemico. Sarebbero stati, infatti, gli abitanti di Mirandola, paese vicino a Modena, a decidere di riempire le zampe e le cotenne dei maiali con la carne degli stessi macellati e tritati, nel 1511, per impedire ai soldati di Papa Giulio II che li stringevano d’assedio, di prendersi tutti i maiali, la sola risorsa che era loro rimasta, una volta entrati nel borgo. Idea geniale che, non a caso, è attribuita, addirittura, a Pico della Mirandola.
Per secoli restò piatto umile: le famiglie contadine avevano tutte un maiale, che sacrificavano solo a Natale sfruttando, letteralmente, tutte le sue parti e producendo anche, spesso con gli avanzi delle parti migliori, quel simil arrosto da mettere in tavola nel giorno della festività più importante dell’anno. Da qui la tradizione che lega zampone e cotechino alle tavole natalizie, specialmente in abbinamento con le altrettanto povere lenticchie, che, attiravano anche i buoni auspici per future ricchezze.
Nei primi anni del boom economico lo zampone era un classico del Natale, quasi un omaggio al ricordo del luogo e del tempo da cui si era venuti che i nonni, ma anche i genitori avevano ancora ben chiaro in mente, mentre per i bambini era quella strana ciccia gommosa e appiccicosa, troppo insolita per palati che non avevano conosciuto le privazioni della fame ed avevano già famigliarizzato con i grassi idrogenati delle merendine in scatola. Un rotolino di zampone e un cucchiaio di lenticchie, che schifo, ma che sono? Mangia, che portano fortuna! andava un po’ meglio se la mamma ci metteva accanto il purè di patate: un boccone, per forza o per superstizione i boomer l’hanno mandato giù tutti, da bambini. Poi, crescendo, un po’ se lo sono scordato, lasciandolo tra i piatti di una volta che proprio non era il caso di riproporre accanto a cocktail di scampi, aragoste in bellavista e gamberi in ogni foggia. Il piatto che si faceva per accontentare i nonni, ma che in pochi, spesso, assaggiavano. Per poi riscoprirlo, molto più tardi, specialmente nelle versioni originali delle macellerie specializzate, per quel suo immutato sapore di carne speziata che appiccica i ricordi. E allora lo zampone e il cotechino hanno avuto la loro rivincita: da piatto povero, oggi, è assai costoso, specie se fatto a mano in macelleria. Meno nella versione precotta da supermercato, ma, in questo caso, il gap di gusto è veramente assai percepibile. Tornato vincitore, insieme alla credenza benaugurale con le solite lenticchie, che non è vero per nessuno, però ci credono tutti, fa bella mostra di sé sulle tavole di ogni Natale e ride sotto i baffi a vedere la parata di piatti che si succedono al suo fianco, come se sapesse che loro passano, mentre lui resta. Da 500 anni.