Questa settimana andiamo a: Livemmo, Italia
Coordinate: 45°44′36″N 10°20′43″E
Distanza da Firenze: 332 km
Oggi, in una sorta di deroga natalizia alla rigida regola principale che sottende la scelta degli argomenti da trattare in questa rubrica, presento una storia che non arriva da un remoto luogo del mondo, dove si sta consumando qualche tipo di ingiustizia, o dove la crudezza della realtà supera di gran lunga l’immaginazione, bensì dal nostro paese. Si tratta di Livemmo, un piccolo borgo incastonato tra le montagne, a metà strada tra il lago di Iseo e quello di Garda, nella provincia di Brescia. Curiosamente, ma forse a causa dei tratti tipicamente italiani che tanto piacciono all’estero, la vicenda ha trovato spazio sulle leggendarie colonne del New York Times, mentre la stampa nostrana non è andata oltre un articolo datato 22 marzo, pubblicato su un quotidiano locale, il Giornale di Brescia. Qualche giorno prima di questa data, il minuscolo centro in questione, popolato da 196 anime, aveva ottenuto una vittoria vitale, nel vero senso della parola. Dei duecento e passa miliardi di euro che l’Europa ha stanziato per aiutare l’Italia, e gli altri paesi membri, ad uscire dalla crisi economica generata dalla pandemia (il famoso Pnrr), una piccola parte, 760 milioni, è stata destinata dal governo alla rigenerazione culturale, sociale ed economica di 330 borghi e piccoli centri, interessati da una natalità azzerata e quindi destinati a scomparire.
Il progetto presentato dal sindaco del comune di cui fa parte Livemmo – Pertica Alba, che comprende anche Bel Prato e Navono, è stato ritenuto il più meritevole dalla regione Lombardia, e ha battuto le altre 32 proposte elaborate da altrettanti borghi lombardi, accomunati dallo stesso irreversibile destino di decadenza e abbandono, ottenendo l’assegnazione di quasi 20 milioni di euro. Grazie alla conoscenza delle potenzialità del territorio, ma, soprattutto, ad una buona dose di creatività, il sindaco e i suoi collaboratori hanno stilato un dettagliato piano di investimenti per fare, di questo remoto ed ameno agglomerato montano, un luminoso avamposto di difesa e valorizzazione del patrimonio storico, sociale e culturale della zona, in grado di sottrarsi al suo stato di agonia demografica, catalizzando nuove famiglie e nuove imprese legate alle tradizioni e agli assets paesaggistico-ambientali. Un progetto ambizioso e lodevole, sulla carta, se non fosse che ci sono alcuni problemini da affrontare. In primo luogo i progetti stessi, la cui capacità di innescare le complesse dinamiche di rinascita appena descritte, appaiono quantomeno sovrastimate. Due esempi su tutti: le piste ciclabili e il campetto da calcio. Ben 5 milioni e 860 mila euro destinati all’allargamento della viabilità dedicata alle due ruote, per quello che si prospetta diventare il percorso ciclabile più inutilizzato della storia dei percorsi ciclabili, visto che a Livemmo vive un solo cicloamatore.
Con la modica cifra di un milione e 600 mila euro, invece, l’immancabile campetto da calcio in terra battuta per partite tra scapoli e ammogliati di fantozziana memoria, diventerà un centro sportivo vero e proprio, con terreno di gioco in erba sintetica, un parcheggio, delle piccole tribune e degli spogliatoi veri. Peccato, però, che per molto tempo resterà completamente inutilizzato: i bambini di Livemmo, infatti, si contano sulle dita di una mano. La maggior parte degli altri fondi sono destinati al recupero di vecchie strutture da destinare ad attività di tipo turistico, incentrate sui prodotti del territorio : formaggi e salumi, tanto per cambiare, e sulla ricettività. Non mancano irresistibili incentivi – 1 milione 460 mila euro – per la creazione, cito testualmente, di “start-up creative nel settore dell’arte contemporanea con particolare attenzione al tema del legno”. Chi ha capito cosa avesse in mente il redattore di tale proposta, alzi la mano.
A parte la facile ironia sugli aspetti più arditi di questi giustificativi di spesa, poi, ci sono i problemi veri. I soldi vanno spesi in un arco temporale relativamente breve: da luglio di quest’anno a giugno del 2026. La mole documentaria che alimenta questo flusso di cassa è enorme. A gestire il tutto c’è una persona sola. Si chiama Marino Zanolini, lavora per la municipalità di Livemmo da 30 dei suoi 57 anni ben portati. Ogni mattina, prima di dedicarsi a questa nuova attività di project manager da 20 milioni di euro, si mette alla guida del bus e fa il giro del circondario per portare i bambini a scuola. Torna in municipio e comincia a preparare documenti, firmare contratti, pagare fatture, digitare il tutto e spedirlo via mail. Interpellato sull’argomento, il sindaco di Pertica Alta, ideatore e relatore, ricordiamolo, dei progetti presentati per Livemmo, ammette che Marino, pur volenteroso e completamente dedito al progetto, da solo, non ce la può fare. Con altrettanta limpidezza, subito dopo, afferma che il comune non riesce a trovare impiegati disposti a lasciare i propri lavori a tempo pieno ed indeterminato, anche se distanti decine di chilometri da casa, per un impiego più vicino, ma temporaneo. In queste settimane, sta contrattando con la regione Lombardia e il governo la possibilità di destinare 800 mila euro dei fondi europei, per l’assunzione di consulenti esterni per i prossimi quattro anni.
Ma il problema più grosso resta superare lo scetticismo dei pochi residenti. Il sindaco sostiene che far cambiare idea agli ultrasettantenni, è difficile per definizione. Può darsi. Ma le argomentazioni che anche i più giovani sollevano, in realtà, sono più che ragionevoli. Per esempio, l’unico dottore che esercita a Livemmo andrà in pensione alla fine dell’anno. Il piano ha previsto una spesa di 183 mila euro per dotare gli abitanti più anziani di un braccialetto elettronico collegato con un medico a distanza.
Il signor M., che di anni ne ha “solo” 38, sostiene che non è particolarmente brillante l’idea di trasformare in una sorta di polo turistico eno-gastronomico, un paese di anziani e taciturni montanari, a cui interesserebbe molto di più avere un medico di guardia, un ambulatorio e, perché no, pure un’ambulanza. Anche perché, alla fine, Livemmo non ha altro da offrire, se non i suoi sentieri di montagna, le sue mucche e le sue capre. Quanta gente potrebbe, mai, essere interessata a stabilirsi quassù, per vedere delle capre, si chiede con mirabile capacità di sintesi il signor M.
Il loro paese, pur morente, ha un suo fascino così com’è, dicono. Questa cascata di denaro lo trasformerà, invece e senza dubbio, in qualcosa di diverso. Forse lo salverà. Forse, anche le ripide stradine acciottolate di Livemmo conosceranno l’ebbrezza di essere battute da sguaiate mandrie di sconosciuti in ciabatte e shorts colorati; e un giorno, forse, anche quattro dei cinque ristoranti che sono presenti in paese, potranno partecipare a quel famoso programma televisivo.
Fonti: Internazionale, The New York Times, Wikipedia