Estranea al concetto di compromesso e avulsa dal “politically correct”, negli anni, Hebe ha portato il suo movimento verso posizioni estremamente radicalizzate a sinistra, spostando l’attivismo verso interessi più universali legati ai diritti umani, sociali e civili. Nella sua visione della politica non c’era spazio per le sfumature. Le ingiustizie dovevano essere combattute, dovunque e con ogni mezzo necessario, compresa la violenza. Non importa se questo significava appoggiare personaggi o organizzazioni, che perseguivano i loro obiettivi politici attraverso la lotta armata o il terrorismo. Una posizione, questa, che le ha fatto guadagnare tanti estimatori, ma, anche, altrettanti nemici. Dichiaratasi contraria alla socialdemocrazia, al capitalismo, al neoliberismo, alla globalizzazione e al Fondo Monetario Internazionale, non ha mai nascosto la sua avversione agli Stati Uniti e alla sua politica estera, che in nome della difesa del proprio “stile di vita” e dei propri interessi, ha appoggiato, direttamente e indirettamente, ogni tipo di regime antiliberale, e chiuso gli occhi sulle barbarie che essi perpetravano. Queste le sue parole commentando l’11 settembre: “Ho sentito che c’erano molte persone in quel momento, che erano felici e sentivo che il sangue di così tanta gente era stato vendicato […] perché i bombardamenti della NATO, i blocchi e i milioni di bambini che muoiono di fame in questo mondo, sono dovuti a questo potere che quegli uomini hanno attaccato, con i propri corpi. E tutti lo sapevano”.
Parole che sembrano più adatte ad una rivendicazione di Al Qaeda, che ad un’attivista dei diritti civili. Ma Hebe non era un’ipocrita e il suo pensiero non ammetteva posizioni di circostanza. Ne è ulteriore prova il clamoroso comunicato che il movimento rilasciò a seguito della richiesta, a tutt’oggi incomprensibile, a onor del vero, di perdono per il generale Pinochet, perorata da Papa Giovanni Paolo II, e nella quale Papa Wojtyla viene definito, addirittura, un “Giuda”. Ecco le parole finali del documento: «Noi membri dell’associazione delle Madri di Plaza de Mayo, attraverso una preghiera immensa che arriverà al mondo, chiediamo a Dio che non perdoni Lei, signor Giovanni Paolo II, perché lei denigra la Chiesa del popolo che soffre. Lo facciamo in nome dei milioni di esseri umani che morirono e continuano a morire ad opera degli assassini che lei difende e sostiene. Diciamo: signore non perdonare Giovanni Paolo II».
Al di là di tutto, il bene che il movimento ha fatto per l’Argentina, supera di gran lunga la cattiva luce che queste, ma anche altre, prese di posizione, nonché l’appoggio a movimenti e personaggi non sempre limpidi, gettano su Hebe e le Madri. Case popolari, centri di accoglienza, scuole, una radio, un canale televisivo e un’università per i ceti popolari: innumerevoli sono i progetti ad altissimo contenuto sociale che il movimento ha creato o sostenuto. Hebe è stata un’attivista straordinaria, una figura di riferimento per il paese. Il presidente Fernandez ha decretato tre giorni di lutto nazionale, e la vice presidente Kirchner, sua protetta, ha avuto parole che si riservano solo a personaggi che segnano la vita di una nazione e del suo popolo. Il mondo dell’attivismo è in lutto per questa grave perdita, ma il suo lascito è potente, duraturo e fonte d’ispirazione.
Lei stava soltanto cercando il figlio. Ha finito per trovare una nuova ragione di vita. Ora Hebe ha concluso il suo lungo giro intorno all’obelisco. Un giro lungo 50 anni. Qui celebriamo solo la forza ed il coraggio di una donna, di una madre, a cui è stata inflitta la più inaudita delle violenze. Ma restano delle zone d’ombra su questo personaggio, che ne offuscano la grandezza. Ad un magistrato ben più in alto di noi, a questo punto, l’arduo compito del giudizio finale.
Fonte: Internazionale/Wikipedia