Oggi voglio raccontarvi di un toscano che ha vissuto a Roma, ma che non è nato in Toscana, bensì ad Alessandria. Renzo Montagnani era figlio di Guido, originario di Prato e nipote di un farmacista fiorentino. Nacque nel settembre del 1930, nella città piemontese, in seguito si trasferì a Firenze, dove crebbe e studiò. Si diplomò e poi si laureò in farmacia, probabilmente per seguire le orme dello zio. Renzo Montagnani accantonò gli scaffali e le prescrizioni mediche, per dedicarsi alla recitazione. Si trasferì a Milano, entrò nelle compagnie teatrali di Enrico Viarisio e del grande Erminio Macario. Conobbe Gino Bramieri, Sandra Mondaini e Pupella Maggio. Nel 1959 fu protagonista in teatro, con un testo di Indro Montanelli: I sogni muoiono all’alba. In quello stesso anno sposò Eileen Jarvis, che sarà la sua compagna per tutta la vita. Nei primi anni sessanta, Renzo Montagnani si trasferì a Roma: la nuova frontiera da esplorare era quella del cinema, il mito di Cinecittà. In attesa di entrare nel mondo della celluloide, recitò in teatro al fianco di Valeria Moriconi ed approdò in televisione con il programma: Milledischi. Si prestò alla prosa e al varietà radiofonico, in un programma notturno. I primi anni settanta sono stati caratterizzati da pellicole di grande impegno politico e culturale. Renzo Montagnani recitò nel film: Documenti su Giuseppe Pinelli, l’anarchico coinvolto nel caso Calabresi. Fu protagonista nel film di Florestano Vancini: Il delitto Matteotti, una pagina oscura della storia dello scorso secolo. Tornò in televisione con lo sceneggiato: La guerra al tavolo della pace, tematica quanto mai attuale. Interpretò il leader sovietico Iosif Stalin. Negli anni ottanta il fervore politico si placò, l’edonismo che permeò la società si riflesse anche nel teatro e il cinema e, soprattutto, in televisione. Renzo Montagnani partecipò al varietà televisivo: Ci pensiamo lunedì. Interpretò il personaggio di Don Libero, successivamente ribattezzato, Don Fumino. Diede spazio e vita al suo carattere toscano e la frase che entrò nell’immaginario collettivo dell’epoca, divenne un tormentone: “Eh, io son fumino, se ‘un le dico mi sento male.” Sempre negli stessi primi anni ottanta, Renzo Montagnani condusse Canzoni o no? Il trappolone e Shaker, nelle vesti di conduttore. A questo punto è opportuno di fare un inciso per narrare ciò che fu la carriera di Montagnani, nella seconda metà degli anni ottanta e i primi anni novanta. Suo figlio Daniele nacque nel 1963 con una grave lesione al cervello. Le cure delle quali necessitava a Londra, erano molto costose. Renzo Montagnani recitò nelle pellicole del filone commedia sexy all’italiana, che in confronto alla pornografia culturale di oggi, sembrano la goliardia delle scuole medie. Lo fece per pagare la speranza di vita di suo figlio e, per questo, quelle pellicole, pur non amandole, divengono ai miei occhi dei capolavori degni di Truffaut, Visconti, Fellini. La lista sarebbe lunga e leggere qualche titolo provocherebbe ilarità. Elencare pellicole come: Quando le donne avevano la coda, Il ginecologo della mutua, La soldatessa alle grandi manovre, L’insegnante va in collegio, è qualcosa che fa sentire, in qualche modo, la nostalgia di un tempo più genuino. Il suo ruolo fu sempre quello del marito fedifrago, alle prese con le scappatelle, con le attrici procaci di quei tempi, Nadia Cassini, Edwige Fenech, Barbara Bouchet. Considerando quella che fu la sua vita, dedicata alla moglie e alle cure per il figlio adorato, si può affermare che fu un grande interprete. Partecipò come protagonista nel ruolo di Guido Necchi, il barista, in Amici miei, Amici miei atto secondo e atto terzo. La trilogia raccontava di cinque amici toscani, in realtà solo Montagnani lo era. Monicelli trasse il meglio da Renzo Montagnani, quella vena di goliardia intrisa di malinconia, che ha fatto delle pellicole oggetti di culto per i cinefili italiani. Tornò in televisione per interpretare il ruolo di Don Ferrante nello sceneggiato diretto da Salvatore Nocita, I promessi sposi, era il 1989. Ha recitato ed è stato diretto da grandi registi, da Elio Petri a Mauro Bolognini, fino a Luigi Magni e Nanni Loy. Ha doppiato attori dal calibro di Charles Bronson, Philippe Noiret, Michel Piccoli. Si è romanizzato per doppiare Romeo nel cartone Disney, Gli Aristogatti. Abitava a Roma in zona Cassia, dove sono nato e cresciuto. Lo vedevo passare con la sua Fiat Panda beige, segno distintivo di una persona umile, ma grande. Renzo Montagnani è morto nel maggio del 1997 a 66 anni. È stato un attore, un conduttore televisivo, un doppiatore, un genitore che ha accettato ruoli che, probabilmente, non amava per una nobile causa. Come spesso accade nel nostro paese, si valuta una persona senza conoscerla profondamente, senza scavare nel vissuto. Renzo Montagnani riposa in un piccolo cimitero inglese insieme al figlio tanto amato e protetto, recitando il suo ruolo migliore, quello di padre.