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Diari Toscani

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Leggero e profondo, come il fantasy: lo scrittore Daniele Viaroli

DiSelenia Erye

Dic 1, 2022

Non perdete mai la speranza e la curiosità per poter vivere una vita a colori: sono queste le parole che  Daniele Viaroli, giovane scrittore di origine lombarda,  ha voluto dedicare ai nostri lettori. Un uomo dalla faccia pulita, lo sguardo, il suo, di chi ancora crede che vi sia in questa vita molto di bello. Un sognatore, mi piace definirlo, capace di trasmettere valori e di affrontare tematiche, anche delicate, attraverso la sua passione. Daniele riesce a sedare i propri tumulti interiori grazie alla scrittura, che gli consente di infondere speranza nei suoi lettori. Istruttore di arti marziali , attore ed autore di testi teatrali, ha già fatto molte esperienze per la sua giovane vita ed è riuscito a trovare la sua dimensione, scrivendo la saga fantasy “Fiamma Azzurra” che è possibile trovare negli stores e nelle librerie. La fiducia nel domani aiuta sempre a trovare il proprio cammino.

Daniele può raccontarci un po’ di lei e della sua vita…

Questa è sempre la domanda più difficile. Ho trentacinque anni e ho passato gran parte della mia vita in un paesino della campagna lombarda. Oltre alla scrittura, adoro qualsiasi forma d’arte, in particolare il teatro, e lo sport, con un occhio di riguardo per le arti marziali, che ho praticato fin da bambino. Come molti aspiranti autori, prima di poter trattare le mie passioni come una professione ho dovuto girovagare un po’, sperimentando decine di lavori diversi.

Quando ha iniziato a scrivere?

La prima volta è stata alle medie, per un concorso di poesia natalizia, ma non è stato, quello, il vero momento d’inizio. Diciamo che, da quel momento in poi, ho cominciato a esplorare il mondo dell’arte in cerca di un modo per esprimermi. L’illuminazione è arrivata attorno ai sedici anni, quando ho cominciato a scrivere il mio primo libro. Ovviamente illeggibile. La scrittura seria, con lo scopo preciso di diventare un autore è giunta all’università, quando la consapevolezza di potermela cavare  si è consolidata e il mondo che avevo dentro era troppo rumoroso per essere ignorato.

Cosa rappresenta per lei la scrittura?

È davvero difficile da definire cosa rappresenti per me la scrittura, perché è mutevole e spesso varia a seconda di cosa sto scrivendo o dipende dal mio stato emotivo. Ci sono momenti in cui è un tramite per veicolare un’idea, altri in cui è un modo per fuggire da una realtà che non amo, altri ancora in cui è la possibilità di donare un sorriso agli altri. Ecco, forse, l’aspetto che mi piace di più è quest’ultimo. Vedere che i lettori si emozionano e ritrovano un pizzico di speranza, grazie a ciò che scrivo è una sensazione unica, quasi divina.

Lei scrive fantasy, ci racconti quando è nata questa passione e come è arrivato a scrivere un suo romanzo…

La passione per il fantasy, credo, ci sia sempre stata. Fin da bambino, erano le storie fantastiche, dove eroismo e romanticismo s’intrecciavano alle vite dei protagonisti, ad affascinarmi di più. Crescendo, mi sono reso conto che era un genere in grado di offrire degli spunti di riflessione inaspettati, di una profondità unica, così la passione si è radicata e non mi ha lasciato più. I miei romanzi, di solito, partono da un personaggio che incarna almeno un ideale. È quello il primo passaggio: l’embrione dell’idea, che poi andrò a sviluppare. Non credo d’essere un grande esempio di metodologia di lavoro, perché tendo a essere molto caotico, ma coi personaggi sono molto rigido e dettagliato. Devono suonare vivi, reali ed è essere quasi capaci di prendere decisioni in autonomia. A quel punto la storia si scrive da sé.

Cosa le permette di esprimere questo genere?

Tutto. Sembra sciocco, ma il fantasy ha la grande capacità di trasportare qualsiasi tematica, dalla più nobile alla più sciocca, del nostro mondo, in una realtà alternativa. Quando si fa un buon lavoro, le persone continuano a essere persone, a testare i propri limiti, a crescere, a odiare e ad amare. Magari, coi giusti stimoli, riescono anche ad andare oltre le loro paure e a costruire un mondo migliore. Per me il fantasy è tutto questo:  un sogno gigantesco, in cui si può essere totalmente liberi di creare e allo stesso tempo approfondire le più grandi tematiche, che affliggono l’umanità.

Quali sono i suoi progetti futuri?

In ambito fantasy, ho, appena, ultimato la saga della Fiamma Azzurra e per un po’ mi staccherò da viaggi assurdi in un multiverso sospeso tra l’avventuroso e l’ironico. L’anno prossimo, però, dovrebbe uscire una nuova saga, quella dei Dreamweaver, che ha sfumature più dark, più eroiche e in cui l’atmosfera scanzonata viene a cadere. È una saga cui sono particolarmente legato, perché è ambientata nel primo mondo che ho creato e narra le vicende di due personaggi, che sento molto vicini (Alavrill e la Strega Nera). Al contempo sto scrivendo un thriller d’avventura, su cui sto investendo molto, sia in termini di tempo che di abilità. Non voglio scendere troppo nei dettagli, ma credo possa essere la cosa più complicata e spettacolare che abbia mai scritto.

Lei è stato al salone del libro ed anche a Lucca comics, cosa le hanno lasciato queste esperienze?

Sono esperienze meravigliose e totalmente diverse l’una dall’altra. Se dovessi fare un paragone, il Salone è il ballo di gala mentre il Lucca Comics è la chiassosa festa di paese. C’è sempre qualcosa di diverso da scoprire, autori con cui confrontarsi, colleghi di cui esplorare i lavori. Ma il momento più bello rimane, sempre, l’incontro coi lettori. Parlare con chi ha amato i tuoi lavori, capire che per loro hanno significato qualcosa, rendersi conto che, a volte, sono state proprio le tue parole a spingerli a scrivere una loro opera è qualcosa di speciale. Una scarica di adrenalina assoluta che spinge a fare sempre meglio.

Cosa consiglia ad un giovane scrittore?

Negli ultimi tempi si fa un gran parlare dell’importanza della tecnica nella scrittura. Credo, però, sia più importante essere consapevoli di come utilizzarla, piuttosto che focalizzarsi su uno schema preciso. Perciò suggerisco sempre di studiarla a fondo e poi dimenticarla, per tornare a scrivere con la propria voce e non con quella di un manuale. L’altro consiglio è quello di non mollare e di scrivere e scrivere e scrivere ancora, finché il primo libro non sarà terminato. E poi scriverne un altro. E un altro. All’infinito. Sembra banale, ma è solo con l’esercizio che si migliora ed è solo finendo i propri lavori che si può trasformare un sogno in realtà.

Lasci un messaggio a chi ci sta leggendo…

Calvino diceva di vivere con leggerezza, senza superficialità. Io, che non sono nessuno, suggerirei di trovare il modo di non perdere mai la speranza e la curiosità. Credo siano due cose che, unite all’entusiasmo, riescono a farci condurre una vita a colori.