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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Carrara, prove di liberazione: 8-10 novembre 1944

DiVinicia Tesconi

Nov 9, 2022

Arrivò a Carrara nell’estate del 1944, presentandosi come ufficiale della Regia Marina, trasferito da Genova e in attesa di tornare in Sardegna, terra da cui proveniva. Vestiva abiti borghesi e alloggiava all’Albergo Carrara che si trovava in Via Roma, a metà del tratto tra via Cavour e via Verdi. Si era registrato insieme a una donna indicata come sua moglie. Di lui si conosceva solo il cognome: Sanna. All’inizio di novembre l’amara scoperta: la donna non era sua moglie ed entrambi erano agenti segreti della Gestapo. I due, armati di pistola, cominciarono il 6 novembre a fermare per strada giovani, sospettati di essere partigiani. Li perquisivano e poi li portavano al comando tedesco, che era in via Garibaldi (oggi via 7 luglio), informandoli che sarebbero stati passati per le armi. 18 ragazzi di Carrara, quasi tutti partigiani, furono il bottino dei due agenti segreti. La notizia mise in grande allarme tutta la cittadinanza, specialmente quando si diffuse la voce che i diciotto prigionieri erano stati portati davanti al plotone di esecuzione e che questo aveva fatto fuoco su di loro, ma a salve, per terrorizzarli e costringerli a fare i nomi degli altri “ribelli”. Erano passati solo quattro mesi da quel 7 luglio, in cui le donne di Carrara si erano ribellate ai tedeschi, ribaltando i banchi del mercato e ballando in faccia ai fucili puntati dei soldati della Wehrmacht, impedendo loro, di fatto, di far evacuare l’intera città. Al comando tedesco di Carrara conoscevano bene il carattere ostinato e indomabile dei carraresi e la determinazione dei partigiani locali, per cui, percependo, il subbuglio che il rastrellamento dei diciotto giovani aveva prodotto, pensarono bene di trasferire la loro sede fuori dal centro della città. In sordina, nella notte tra il 7 e l’8 novembre, i tedeschi traslocarono il comando nella villa Lazzerini, sul viale XX Settembre, in quella località che oggi è chiamata Stadio. I prigionieri erano stati messi all’interno del parco della Rimembranza (dove oggi c’è lo stadio della Carrarese) insieme ai mezzi e all’accampamento dei soldati.

Quella che, a tutta evidenza, parve una piccola fuga e un’iniziale segno di resa dei tedeschi, venne subito colta dai partigiani, asserragliati sui monti che circondano la città, i quali, già nelle prime ore del mattino dell’8 novembre, scesero al piano e presero possesso del centro di Carrara, all’epoca la parte più grande e popolosa della città.

La “prima” liberazione di Carrara, come venne ricordata nella memoria storica locale, fu opera esclusiva dei partigiani, che scesero in città in assetto di guerra, con tutte le armi che erano riusciti a procurarsi e il fazzoletto rosso al collo della Brigata Garibaldi, come unica comune divisa. Coi partigiani carraresi c’erano anche i reparti partigiani di Massa: circa settemila uomini, che trovarono l’appoggio di gran parte della cittadinanza. La paura, la prostrazione di quattro anni di una guerra durissima, la fame, la disperazione patita da molti civili, spinsero alcuni a gesti estremi: un gruppo di cittadini assaltò il piccolo ospedale militare, installato dai tedeschi all’interno della villa della Padula, rubando le armi dei 36 soldati tedeschi ricoverati e portando via anche attrezzature mediche.

I partigiani, nella Carrara temporaneamente liberata, ingaggiarono scontri con i pochissimi militari tedeschi rimasti in città: qualche militare tedesco venne ucciso, altri vennero fatti prigionieri per essere usati come moneta di scambio per i diciotto ragazzi ancora in mano al comando tedesco. In piazza Farini, alle 10 del mattino dell’8 novembre, un gruppo di partigiani incontrò la “signora” in compagnia di Sanna, i due spietati agenti segreti autori del rastrellamento. Forse per la presenza di una donna, se pur nota per la sua ferocia e mancanza di scrupoli, i partigiani chiesero ai due di arrendersi, ma la donna tirò fuori la pistola e sparò contro i partigiani, mentre Sanna lanciò una bomba a mano che, per fortuna, rimase inesplosa. I partigiani aprirono il fuoco con il mitragliatore, falciando la donna, ma mancando il Sanna che, nella confusione dello scontro a fuoco, riuscì a infilarsi dentro al Politeama. Nel pomeriggio di quello stesso giorno i partigiani iniziarono le trattative coi tedeschi, mentre in città si diffondeva il timore di rappresaglie da parte germanica. Le trattative proseguirono per tutto il 9 novembre, con la città ridotta allo stremo, perché i due posti di blocco imposti dai partigiani e dai tedeschi, a 500 metri l’uno dall’altro, nei pressi del parco della Rimembranza, avevano, di fatto, quasi impedito il transito dei già scarsissimi rifornimenti di verdura. La disputa tra partigiani e tedeschi verteva sulla richiesta dei primi, di mantenere il controllo della città fino a Fossola e sulla liberazione dei diciotto ostaggi. Per contro, i tedeschi chiedevano il ripristino dell’ospedale della Padule con la restituzione di armi e attrezzature mediche. Alla fine, verso le 17 del 10 novembre l’accordo venne stipulato: i tedeschi ottennero la restituzione dell’ospedale e delle armi e i partigiani si impegnarono a condannare a morte gli autori dei furti, una volta individuati. I partigiani concessero anche la restituzione dei prigionieri ed ottennero, in cambio, la liberazione dei 18 ragazzi arrestati il 6 novembre. Infine venne fatto un accordo di “tolleranza”, cioè entrambe le parti si impegnarono a non disturbarsi nelle zone di reciproco controllo. Ai partigiani venne riconosciuto il controllo di tutte le zone a monte di Carrara e di Massa con l’obbligo di lasciare, in esse, il libero transito dei militari tedeschi. Il comando tedesco si impegnò ad agevolare l’arrivo di derrate alimentari per andare incontro alle gravissime difficoltà dei cittadini e accettò di valutare la possibilità di concedere la ripresa della lavorazione del marmo per dare un minimo di respiro economico agli abitanti.

L’accordo, sicuramente più favorevole ai tedeschi che agli italiani, venne sentito, comunque, come una piccola resa da parte di alcuni militari tedeschi, che, da un semplice diverbio verbale con alcuni civili sul ponte di Avenza, ne trassero occasione per fare una strage, lasciandone uccisi 11.

Le prove della Liberazione di Carrara finirono con un bilancio pesante per gli italiani, ma sicuramente chiarirono alcune cose ai tedeschi: che i carraresi erano veramente più duri del marmo delle loro montagne e che per la definitiva Liberazione era solo questione di tempo.

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