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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

In viaggio fra Cielo e Terra con il dottor Vanni Moggi Cecchi

DiSilvia Ammavuta

Nov 2, 2022

Via Giorgio la Pira numero 4, ingresso del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Firenze e sede della collezione Lito-Mineralogica del Museo di Storia Naturale. Qui ha inizio il viaggio del mestiere con il  dottor Vanni Moggi Cecchi, piedi per terra ed emozioni nello “spazio”. Laureato in scienze geologiche con tesi in mineralogia e dottorato in mineralogia, è, dal 2017, il curatore referente della Collezione Lito-Mineralogica del Museo di Storia Naturale, parte del Sistema Museale dell’Ateneo. Dopo avermi fornito una serie di informazioni sul Museo di Storia Naturale, mi comunica che la sala espositiva della collezione di mineralogia è temporaneamente chiusa al pubblico e aperta, su prenotazione, solo per gli studenti universitari e scienziati in visita. Mi invita comunque a seguirlo. Ogni incontro mi riserva sorprese e stupore, e anche questa volta non sono mancate.

Ci fermiamo davanti alle bacheche in cui minerali dalle molteplici forme, colori e sfaccettature fanno mostra di sé. Il dottor Moggi Cecchi li descrive, mi racconta di loro, io resto a bocca aperta per ciascun pezzo e poi lì, davanti ai miei occhi, alcuni frammenti di meteoriti. Uno di essi risale al 16 giugno 1794, caduto a Lucignano d’Asso in provincia di Siena. Vorrei trattenermi oltre, ma non voglio approfittare del tempo che mi ha regalato. Attraversiamo un corridoio, sul quale affacciano alcune porte di laboratori: mi sento un po’ come se, dopo una rappresentazione teatrale, venissi invitata a fare una vista dietro le quinte. Proseguiamo la conversazione nel suo ufficio. Dopo essere stato docente di scienze nella scuola secondaria di secondo grado, nel 2002 partecipa alla realizzazione del progetto scientifico e, successivamente, all’allestimento del Museo di Scienze Planetarie della provincia, inaugurato nel 2005. Inizia, quindi, un percorso di studi sulle meteoriti, avviando anche un’attività di catalogazione e studio dei nuovi frammenti, finalizzato alla loro classificazione, cioè al loro riconoscimento ufficiale da parte della comunità scientifica.

Chiedo soddisfazione a una mia curiosità, inerente le notizie di catastrofi, talvolta annunciate, per il procedere di una meteorite sulla traiettoria Terra. Mi aspetto che confermi quanto ho pensato: allarmismo per fare scoop. E invece no: “La NASA elabora i bollettini della traiettoria degli asteroidi con previsioni di massima, anche venti anni prima. Appena scoperto l’asteroide lo si segue, anche se la traiettoria non può essere precisa, finché non arriva vicino alla Terra. La soglia che stabilisce la distanza di sicurezza è inferiore agli otto milioni di chilometri dal nostro pianeta. Quelli che, in un primo momento, venivano dati dai media come asteroidi in rotta di collisione, avevano, in realtà, una traiettoria leggermente diversa e non pericolosa”. Se erano grandi ci è andata bene, penso a voce alta. Annuisce e mi spiega che i NEO, Near Earth Objects, sono  asteroidi così denominati, perché  più vicini alla Terra e aggiunge che  hanno tutti in comune la pericolosità.

Per fortuna non tutti sono pericolosi e, con l’andare dei decenni, la mappatura della fascia degli asteroidi, via via più completa, consente di conoscere in anticipo il loro percorso, con sempre maggiore precisione.

Quando ho pensato a questa conversazione con il dottor Moggi Cecchi, l’ho immaginato in versione Indiana Jones, a caccia di oggetti che arrivano dallo spazio, quindi la domanda su cosa faccia un cacciatore di meteoriti sorge spontanea: “Fino agli anni ‘60 -‘70 nessuno ha mai pensato di cercarli. Si  andava a raccoglierli con spedizioni mirate a un evento di caduta conosciuto. Negli anni ’70 sono state fatte spedizioni giapponesi nell’Antartide, con l’idea che il ghiaccio avesse conservato nel tempo ciò che poteva essere caduto in passato e così è stato: alle pendici della catena dei Monti Yamato sono stati trovati così tanti oggetti, da chiamare quel luogo “trappola per meteoriti.” Ecco che, a seguito di queste spedizioni, fu programmato di andare in caccia di meteoriti nel deserto roccioso, dove non fossero state  seppellite nella sabbia. Una zona inesplorata è riserva di molte meteoriti. Fu una scelta vincente”. E finalmente arriviamo alla “sua” caccia.

È il 2017, con un’autorizzazione ufficiale ha inizio la caccia nel deserto di Lut, nell’est dell’Iran. Sono quattro “cacciatori” fra geologi e astronomi italiani più un iraniano e sono i rappresentanti di una collaborazione tra l’Università di Firenze e INAF di Torino, Università di Bologna, Università di Camerino e Università di Kerman, in Iran. Partono con i fuoristrada, portando con sé tende, scorte di cibo e acqua.  Per dieci giorni osservano, studiano, cercano, muovendosi a bassa velocità con le jeep. Individuata l’aerea idonea, la ricerca prosegue a piedi, perlustrano la zona in dettaglio. Il momento ideale è al mattino presto, oppure verso il tramonto, sempre con il sole alle spalle. Il gruppo cerca sassi scuri, che emergono dal terreno: forma arrotondata o spigoli smussati con crosta scura e alcune spaccature. La caccia è fruttuosa: 46 meteoriti, per un totale di quasi tre chili di materiale. Verranno esposti nel nuovo allestimento del Museo della Specola a Firenze, sempre parte del Sistema Museale Universitario, ed erede del Museo fondato nel 1775 dal Granduca Pietro Leopoldo di Asburgo Lorena.

Ma cosa si cerca nel deserto, com’è possibile capire che siamo in presenza di una meteorite? “I corpi celesti arrivano sulla Terra, cadendo, molto raramente, in verticale: il più delle volte cadono obliqui, perciò, quando si ravvisa sul terreno una sventagliata di piccoli frammenti a ellisse, è molto probabile che si sia in presenza di un meteorite”. Si alza, si dirige verso un armadio chiuso a chiave e voilà, eccone uno davanti a me. Chiedo con timore se posso toccarlo, ovviamente con i guanti. Annuisce. Poggio il palmo della mano su quel pezzo di roccia, ciò che resta di un corpo celeste passato attraverso l’atmosfera terrestre a 72 mila chilometri orari: 20 chilometri al secondo. Non so quanti possano dire di avere avuto questa opportunità, io mi sento, comunque, una privilegiata e provo un’infinità di sensazioni indescrivibili. Lascio che il dottor Moggi Cecchi mi dica le sue, mentre vago con le emozioni nel cosmo e resto con la mano sopra quello che potrebbe sembrare un banale sasso. Mi dice che trovare una meteorite è un’emozione straordinaria. Non ho dubbi.  La domanda è perché si studiano questi corpi celesti, quali risposte si cercano dentro di loro, nella loro composizione, cosa porta uno studioso ad analizzarne la struttura. Risponde con trasporto: “Si studiano le meteoriti per capire l’origine del sistema solare e della Terra. E si subisce il fascino di questi oggetti provenienti dallo spazio, proprio perché non hanno equivalente nella Terra. È  un andare indietro nel tempo di quattro miliardi e mezzo di anni: c’è la curiosità di esplorare una frontiera scientifica ed è potenzialmente un’occasione di ricerche di altro interesse scientifico. Da non sottovalutare il fornire un servizio alla collettività per arrivare a conoscere”.

Ciò che dello spazio affascina il dottor Moggi Cecchi, credo che accomuni tutti noi: capire e conoscere da dove deriviamo e traiamo le nostre origini, l’origine dell’universo, l’origine della vita. “Dobbiamo stare molto attenti a preservare la Terra così come c’è stata donata – afferma – Ultimo, ma non ultimo, è poi l’aspetto teologico dell’origine dell’Universo e quello dell’esistenza di un’entità superiore creatrice, ovviamente per chi è credente”.

L’aria calda di un’estate interminabile mi accoglie appena uscita dal suo ufficio: il cielo è terso, stanotte lo guarderò con occhi diversi, forse una stella cadente accoglierà un mio desiderio. F orse il dottor Moggi Cecchi guarderà il cielo con il desiderio di andare a “caccia” di meteoriti, che hanno ancora molto da raccontare.

C’è chi desidera vedere una stella cadente per esprimere un desiderio e c’è invece chi esprime il desiderio di vedere cadere una stella.