Il luogo, in origine, era quello. Si chiamava Piazza Farini, all’epoca della sua inaugurazione nel 1892 – l’intestazione a Giacomo Matteotti avvenne dopo la seconda guerra mondiale- e, praticamente da subito, ospitò un elegante vespasiano in stile liberty, nell’angolo su via Roma, lato monti. Si trattava di una struttura che si intonava perfettamente allo stile dei lampioni, messi in vari punti della piazza, e che dimostrava come il senso di urbanizzazione fosse, allora, assai elevato. Praticamente ogni piazza cittadina era dotata di bagni pubblici. Agli inizi del ‘900, in piazza Farini, al posto del vespasiano venne costruita, sempre in stile liberty, un’edicola, che, con cambi di struttura e di gestione, è sopravvissuta fino a pochissimi anni fa e che, oggi, ha lasciato il posto a un ufficio informazioni, non sempre aperto. Quando venne installata l’edicola, però, vespasiano non venne eliminato: tutt’altro! Venne spostato all’angolo opposto della piazza, nell’incrocio con via Mazzini, sempre in direzione monti. I bagni pubblici, in quella che, per quasi tutto il novecento, fu la piazza principale della città, rimasero fino agli anni cinquanta. La loro presenza è ben visibile nelle due immagini degli inizi del ‘900, gentilmente concesse dall’archivio privato dell’architetto Paolo Camaiora.
La memoria di tali vespasiani, esattamente come il nome della piazza, che, ostinatamente, i carraresi continuano a chiamare Farini e non Matteotti, evidentemente, è rimasta particolarmente salda negli abitanti della città, visto che, pur passati attraverso un discreto numero di generazioni, continuano a considerare la parte alta di quella piazza come un orinatoio.
Da quando, nell’ultimo anno dell’amministrazione De Pasquale, una parte della piazza è stata restituita alla città, con la realizzazione di una recinzione in pannelli di legno a chiudere l’area, da anni, ormai, impraticabile, per i gli irrisolti problemi strutturali del Politeama Verdi, si è rinnovata la sgradevole abitudine, di usare quella zona come un bagno pubblico. Complici le cinque rientranze della staccionata- che, come ci ha spiegato l’ex assessore al commercio, Daniele Del Nero, erano, in realtà, state create per dar più stabilità alla struttura. A onor del vero, è giusto ricordare che, inizialmente, le rientranze ospitavano grosse piante in vaso, ma da quando le piante sono state rimosse, per molti (incivili) quella sorta di cubicoli sono diventati irresistibili vespasiani all’aperto.
Le abitudini sono dure a morire, specialmente quelle pessime, che già avevano trasformato in una vera e propria cloaca, lo stretto passaggio che, per anni, era rimasto tra le transenne che delimitavano il cantiere fantasma del Politeama e la vecchia edicola ed anche l’aiuola del lampione sull’angolo destro della piazza. Probabilmente, la presenza di questi box involontari, deve essere stata salutata con gioia dagli urinatori seriali, visto che consente, almeno su tre lati, un minimo di privacy. Qualcuno, giustamente, vi ha anche apposto la scritta “vespasiano”, per chiarire meglio il concetto, per quanto non ce ne sia, affatto bisogno, visto che le scie di urina per terra e, soprattutto, il pestifero odore che accompagna tutti quelli che attraversano la piazza nei pressi della staccionata, non lasciano dubbio alcuno su come i box vengano usati.
Carrara è, notoriamente, una città dalla pessima memoria, soprattutto per il tantissimo bello che c’è nella sua storia. Per quanto antica sia, l’abitudine di usare i vespasiani di piazza Farini, ecco…forse quella era l’unica cosa che si sarebbe potuta tranquillamente dimenticare.