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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

La farmacia dell’ospedale

DiVinicia Tesconi

Ott 26, 2022

Il φάρμακον (farmacon) era, nell’antica Grecia la medicina per curare le malattie. Sin da allora, esisteva una distinzione tra la figura del medico, che valutava i sintomi e faceva la diagnosi e quella del rizotomo, l’esperto di farmaci, cioè delle proprietà curative di erbe e radici, che preparava la cura da somministrare ai pazienti. Strettamente connessa con lo studio della chimica, la farmacia, intesa come scienza, ha una storia lunghissima, sebbene per molti secoli, fu soggetta a interferenze derivate da tradizioni e superstizioni e oscure pratiche di stregoneria e che sovrappose le due competenze, curare e creare farmaci in una sola figura. Speziali, nel Medioevo, venivano chiamati, gli esperti di quei “farmaci” che si ricavavano dalle piante officinali, che erano, però, anche medici. Le due figure vennero ufficialmente separate nel 1200, quando Federico II di Svevia, imperatore del regno di Sicilia, fece inserire nelle Costituzioni Melfitane un decreto in cui le due professioni erano completamente separate e il titolo di speziale cominciò ad indicare solo coloro che preparavano le medicine. Per togliere quella persistente aura di magia che circondava le figure degli speziali si dovette aspettare fino alla seconda metà del ‘700, quando lo studio della chimica assorbì e classificò tutte le conoscenze dell’arte degli speziali, eliminando progressivamente credenze e false convinzioni, e si avviò a consolidare la nuova scienza chiamata farmacia.

La piccola Carrara, cosa affatto non nuova nella sua storia, fu all’avanguardia, anche in tema di farmacie. Alla fine del ‘700, in città ce ne erano già diverse e talmente ben affermate, da decidere di coalizzarsi per azzerare la concorrenza della nuova farmacia aperta dall’eminente scienziato e farmacista Emanuele Repetti, che dopo un breve tentativo nel 1801, dovette chiudere e trasferirsi a Firenze. Nel corso dell’800 ce ne erano sicuramente tre, alcune delle quali ancora esistenti come la farmacia Serafini, al piano terra di palazzo Orlandi in via Ghibellina, che venne fondata nel 1827 e passò al dottor Luigi Serafini nel 1836, nella quale sono rimasti praticamente intatti gli arredi e molte strumentazioni. Vi era sicuramente una farmacia nel luogo in cui oggi c’è la farmacia Biso, che la rilevò nel 1920 e un’altra farmacia era all’inizio di corso Rosselli dove oggi c’è la farmacia Babboni. Nel corso del secolo XIX, intanto, Carrara si adoperò per adeguare l’ospedale, passando da quello dei Santi Giacomo e Cristoforo, a Grazzano, risalente addirittura al ‘300, al Civico ospedale di Carrara, fortemente voluto dalla Congregazione di carità e dai cittadini più facoltosi. Il nuovo e, all’epoca, assolutamente moderno ospedale venne inaugurato nel 1876 e circa vent’anni dopo, il 25 ottobre 1894, sempre la Congregazione di carità, aprì, in città, anche la prima farmacia dell’ospedale, garantendo ai cittadini un servizio si notevole avanguardia. La farmacia dell’ospedale manteneva i prezzi dei farmaci più bassi rispetto a quelli delle altre farmacie e aveva ricevuto l’ordine dalla Congregazione di carità di fornire medicine alle persone più povere in modo gratuito. Il compito principale della farmacia era quello di rifornire l’ospedale, ma restava anche aperta al pubblico con un orario che copriva anche le ore notturne. La farmacia aveva un direttore, un assistente, che era laureato in farmacia e un garzone. I due dottori farmacisti venivano nominati in base a concorsi pubblici. I due farmacisti facevano turni alternati per garantire l’apertura H24. Durante la notte il portone della farmacia restava chiuso, ma chi aveva bisogno di medicine poteva suonare una campanella messa apposta fuori dalla farmacia e il farmacista di turno, avrebbe aperto e fornito i farmaci. Tra le maggiori forniture che la farmacia garantiva all’ospedale c’era l’acido fenico che veniva usato per le sue proprietà antisettiche: come in tutti gli ospedali del tempo, anche al Civico di Carrara, il problema più grande erano le infezioni generate dalla mancanza di sterilizzazione e igienizzazione di ambienti e strumenti, ma dal 1862, grazie al medico italiano Enrico Bottini, era stato introdotto l’uso dell’acido fenico sia sulle ferite dei pazienti, sia sui ferri chirurgici, aprendo la strada di una sempre maggiore disinfezione delle strutture sanitarie.