Chi è capace di osservare realmente il mondo in cui viviamo, ha la possibilità di creare opere che regalano emozioni e che toccano l’anima. Barbara Pregnolato è un’artista molto talentuosa, capace di spaziare tra le diverse forme d’arte esistenti e di renderle vive ed uniche. Barbara è nata a Mede, in provincia di Pavia, ma attualmente vive ad Alessandria. Quando ho visto per la prima volta uno dei suoi ritratti, sono rimasta molto colpita dallo sguardo intenso dei volti da lei dipinti. Mi davano l’impressione di poter prendere vita e scatenavano emozioni dalle diverse sfumature dei colori. Da lì ho cominciato a seguire il suo percorso artistico. Barbara Pregnolato non è solo una pittrice: la sua vita è stata tutta in divenire, un’esperienza dopo l’altra, una evoluzione continua, perché chi vive e si nutre d’arte non può fermarsi, ha bisogno di esprimersi, quindi è anche una giornalista, una scrittrice, una conduttrice televisiva e una dj. L’immagine che suscita in me è quella di un vulcano attivo. Parlare con lei è stato facile: la sua semplicità è disarmante. Probabilmente la sua grandezza nasce proprio dalla sua consapevolezza. Al momento è in libreria con il suo ultimo romanzo: “L’altra accanto” e ha attivo un canale social in cui è possibile conoscere i suoi lavori artistici. Incontrarla è stato come ricevere in dono emozioni fortissime.
Barbara, lei è un’artista poliedrica. Come è iniziato il suo percorso artistico?
È nato tutto nell’infanzia, probabilmente dall’impossibilità di vivere senza potermi esprimere. Ero una bambina selvatica, curiosa, attenta, con un grande bisogno di rispondere a delle domande, che erano molto più grandi di me. Il mio primo vero linguaggio è stato il disegno e, poco dopo, è arrivata la parola. La parola come indagine, come cura, come necessità. Si può dire che ho amato molto, sempre, le parole. Sono l’amore che detengo da più tempo.
Qual è la forma artistica che le è più congeniale per esprimere il suo essere e perché?
La forma poetica. In ogni caso, la scrittura nella sua forma lirica. Perché necessita di forti sentimenti e contrasti, almeno così è per me, e perché mi permette di andare oltre un linguaggio comune.
La sua famiglia ha fondato l’emittente regionale Radio Delta e si può dire che lei ci sia cresciuta dentro. Ci può raccontare questa esperienza?
È stato un po’ come vivere in un teatro, in cui ogni giorno vedi susseguirsi, entrare ed uscire, tantissime persone. Avevo sei, sette anni, quando mio padre ha aperto una radio libera, come si chiamavano allora. Erano anni di fermento, si arrivava ovunque con le frequenze e non c’erano ancora i grandi network. La nostra radio era all’avanguardia, sembrava di stare in un’officina dove ogni giorno si preparava uno spettacolo che cambiava ad ogni ora. È stata una vera fortuna crescere con un orizzonte così ampio.
Ha lavorato molto anche in tv, cosa le ha lasciato questa esperienza?
Devo fare una premessa: non amo la televisione. Non mi piace quasi nulla di quel mondo ma, il passaggio radio-tv è stato quasi naturale. Ho iniziato ad occuparmi di programmi calcistici, poi nelle redazioni giornalistiche, lavorando per vari Tg e poi sono arrivata alle mie produzioni.
Cosa mi ha lasciato? Forse la certezza che il mio amore vero, il mio amore assoluto è stata la radio. Per l’immediatezza, la freschezza, la spontaneità che in tv quasi sempre manca. Ma radio resta il luogo che rimpiango.
La scrittura come è arrivata nella sua vita?
In modo naturale, come se ci fosse sempre stata. Non l’ho mai cercata e sono arrivata a pensare con gli anni, che sia stata un elemento fondamentale per la mia salute psicologica. È sempre stata un flusso, un lasciare uscire una voce che non necessariamente era la mia. C’è sempre stato dell’altro, qualcosa di impalpabile, eppure presente, che tramite le parole trovava una strada per uscire. Molte volte ho pensato di essere solo un mezzo, mi capisce?
Certo. Lei è anche una bravissima pittrice. Cosa vuole esprimere attraverso i suoi disegni?
Intanto la ringrazio. Se dovessi dirle cosa voglio esprimere, con una parola sola sarebbe: l’uomo. L’umano, nel disegno come nella scrittura. Soprattutto l’ignoto che ci abita. Cerco nei volti, di uomini e donne, che ritraggo con carboncini e polveri in bianco e nero, quell’attimo che resta appena dietro all’immagine scattata. Mi piacerebbe riuscire a trasmettere una piccolissima parte di quella luce che ci attraversa vivendo. Mi limito a provarci, non ho l’ambizione di dire di esserne capace.
Cosa stimola di più la sua fantasia?
Mi ci faccia pensare… Il mistero, credo. Ciò che si trova sotto la superficie delle parole e che ci spinge ad agire. La mente come universo da esplorare. Ho maturato l’dea che mia madre, che era una grandissima appassionata di gialli, e che mi ha avvicinata a quel mondo, fin da piccola abbia, in qualche modo, abbia messo in me il tarlo del sospetto. Infatti, io dubito di tutto. Devo analizzare, smontare, ricreare. Insomma, non do mai nulla per scontato.
Quali sono i suoi progetti futuri?
E chi lo sa! In realtà faccio pochi progetti vivendo di una forma d’arte che è espressione di un’urgenza quindi, per questo motivo, non la posso tanto prevedere. Mi piacerebbe ritornare alla poesia, per ora continuo con i disegni e con tutto ciò che posso creare con le mie mani. Non ho mai pensato di scrivere un giallo, potrebbe essere un progetto da mettere in cantiere, considerato ciò che ci siamo dette fin qui, ma non ci farei tanto affidamento.
Foto per gentile concessione di Barbara Pregnolato