L’aggettivo “cavo” deriva dal latino cavus e significa vuoto. Trasformato in sostantivo indica un buco, uno spazio, vuoto, scavato nella terra o nella roccia. Da qui: cava, nel senso di sito in cui si estrae, si cava, il marmo, o altro materiale, dalla montagna. Le cave di Carrara, tuttavia, dai latini, erano chiamate “Carrariae”, termine che significava, lapidicine, cioè cave. Da questo termine nacque il toponimo di Carrara. A scoprirlo fu, agli inizi dell’800, Emanuele Repetti, tra le più notevoli menti nate in quella città-cava, il cui cuore di marmo, quasi sempre, dimentica i propri figli migliori. Repetti, non solo scoprì e dimostro l’origine del nome della sua città, per anni, erroneamente, identificato con la parola carro, cioè il mezzo con cui si trasportavano i blocchi di marmo, ma intuì, con incredibile capacità di leggere gli esiti del presente, come si sarebbe evoluto il destino della sua Carrara, fin troppo profondamente legato, e segnato, dall’origine del suo nome.
Noto nella storia del mondo scientifico, sebbene, da generazioni, quasi totalmente sconosciuto nella sua città, nonostante il liceo classico e una microscopica rampa nel centro storico portino il suo nome, come geografo, storico e naturalista, Emanuele Repetti, in realtà era laureato in chimica e per buona parte della sua vita fece il farmacista. Sicuramente, le competenze che gli vennero, da subito, attribuite, erano più che meritate, grazie ad una mente prodigiosa e alla dedizione costante allo studio di discipline come la geografia, la geologia, la mineralogia, la topografia e la storia. Repetti era un carrarino purosangue, nato il 3 ottobre del 1776, in via Santa Maria, in un antico edificio risalente al ‘300, sul quale, dal 1862 c’è una targa in marmo, affissa dal comune, su cui c’è scritto: “FU QUESTA LA CASA DI EMANUELE REPETTI DELLA STORIA FISICA GEOGRAFICA TOSCANA SCRITTORE DOTTISSIMO”. Già molto, per una città senza memoria che, cosa frequente quanto la difficoltà a rendere onore ai suoi illustri concittadini, neppure comprese il valore di Repetti, nel momento in cui iniziò ad essere considerato membro importante della comunità scientifica del suo tempo. Repetti veniva da una famiglia non agiata e aveva nove fratelli. Pur distinguendosi sin da fanciullo per la sua intelligenza, dopo le elementari e la scuola classica, a 17 anni venne indirizzato agli studi in Accademia di Belle Arti, perché, in quel momento, a Carrara, erano gli unici che potevano garantire la possibilità di un impiego. Ma il suo talento emerse subito e il suo professore di filosofia, don Pietro Menconi, non mancò di segnalarlo alla sovrana di Carrara, Maria Beatrice D’Este, che gli concesse in premio una borsa di studio per continuare a studiare a Roma. Repetti si laureò in chimica e iniziò a lavorare come farmacista, a Roma, sognando sempre di tornare nella sua Carrara e di aprire lì la sua farmacia. Il suo sogno si realizzò nel 1801, ma fu di breve durata: i colleghi farmacisti carraresi gli mostrarono aperta ostilità, considerandolo solo un concorrente, e Repetti fu costretto, per poter sopravvivere, a spostarsi a Firenze, dove entrò nella farmacia e fonderia di Santa Teresa, diventando in breve tempo direttore, apprezzato proprio per le sue proposte scientifiche che andavano a sostituire vecchi metodi empirici. Lasciare Carrara per Firenze, anche se per Repetti fu un grande dolore, rappresentò la sua fortuna. A Firenze poté dedicarsi all’approfondimento delle molte discipline che lo appassionavano e cominciò a collaborare con riviste scientifiche, a scrivere saggi e libri, a portare avanti studi e progetti con personaggi quali Giovan Pietro Vieusseux, Cosimo Ridolfi, Carlo Troya, Antonio Targioni-Tozzetti e molti altri. Divenne prima socio e poi segretario dell’Accademica economico agraria dei Georgofili, socio corrispondente dell’Accademia di Berlino, della società medico-chimica-farmaceutica di Liegi e dell’istituto Lombardo. A suscitare interesse e stima, in Italia e all’estero, verso Repetti, fu la pubblicazione della sua prima opera, ovviamente dedicata interamente alla sua terra d’origine: “Sopra l’Alpe Apuana ed i marmi di Carrara”, il primo volume che parla della città del marmo, analizzandola sotto ogni aspetto scientifico e storico, rimasto per oltre due secoli il riferimento per gli studi su Carrara e sulle cave. È in questo testo che Repetti spiega il vero significato e l’origine del nome “Carrara”, citando una frase di Sant’Agostino del quarto secolo in cui compare il nome della città. Ed è sempre in “Sopra l’Alpe Apuana ed i marmi di Carrara” che il grande studioso delinea il quadro di quello che sarà il destino di Carrara. Parlando della prosperità e del lustro dato alla città dalla diffusione del suo marmo nel mondo, Repetti profila una successiva “esportazione” delle maestranze locali, le migliori, se non le uniche a saper trattare così bene la nobile pietra, destinata a impoverire, di fatto, Carrara, riducendola a tornare ad essere semplicemente la “cava” da cui si estrae il marmo, che viene lavorato altrove. Carrara che torna carraria: la città cava, cioè vuota. Quello che, duecento anni dopo, è diventato realtà nel colpevole oblio che generazioni di carrarini ha compiuto, non solo di una figura degna di essere celebrata, ma anche dell’ottimo ammonimento che poteva essere tratto dalla sua previsione.
Fonte: Emanuele Repetti – Carrara e la Toscana Attualità della sua opera (Stamperia Editoria Apuana – 1981) di Vittorio Cecchini