Come tutti i reali, aveva un nome ufficiale lunghissimo: Francesco V Ferdinando Geminiano d’Austria-Este. Suo padre era il duca Francesco IV, il figlio di Maria Beatrice d’Este, principessa di Carrara. Sua madre era Maria Beatrice di Savoia, nipote di Vittorio Emanuele I re di Sardegna e di Giuseppe II d’Asburgo Lorena, imperatore d’Austria, ed anche nipote del suo stesso marito, Francesco IV, in quanto figlia di sua sorella Maria Teresa. Genitori consanguinei, quindi, come era pratica comune dei matrimoni tra teste coronate dettate dalla ragion di stato. Francesco V nacque a Modena il 1 giugno del 1819, cinque anni dopo il ritorno sul trono del ducato di suo padre, in seguito alla Restaurazione decisa nel Congresso di Vienna. A 23 anni sposò la principessa Adelgonda di Baviera, che era cugina di Sissi, la futura imperatrice. Come Sissi, anche Aldengonda sposò Francesco V per amore, ricambiato, che non diede, tuttavia eredi, perché la sola figlia avuta dalla coppia, Anna Beatrice, nel 1848, sopravvisse solo un anno. Il 21 gennaio 1846 Francesco duca di Modena e Reggio, duca di Mirandola e Massa, principe di Carrara, marchese di Concordia e signore di Lunigiana: l’ultimo sovrano prima della creazione del regno d’Italia. Francesco V, a dispetto dell’evoluzione dell’epoca in cui visse, fortemente condizionata dai valori emersi dalla rivoluzione francese e pervasa da violenti fermenti patriottici e libertari, rimase convinto dell’origine divina del suo titolo di regnante, sostenitore della monarchia assoluta e nemico di tutti i fomentatori dei moti del Risorgimento. Sognava una confederazione di stati italiani guidata dall’Austria, capace di reprimere ogni impulso alla ribellione. Quando, nell’effervescente 1848, anche a Modena, la parte più giovane e focosa dei suoi sudditi cominciò ad invocare la concessione di una costituzione, prima fece schierare i cannoni per sparare sui manifestanti che assediavano il suo palazzo, poi, saputo dell’imminente arrivo da Bologna di rinforzi in aiuto agli insorti, prese la moglie e lo zio arciduca Ferdinando e fuggì da Modena, dopo aver firmato un editto in cui accettava parte delle richieste del popolo. Una volta in salvo a Bolzano, si giustificò dicendo di aver voluto evitare uno spargimento di sangue. A novembre, in quello stesso anno, scampò per miracolo al colpo di fucile che gli aveva sparato contro un giovane studente seguace di Mazzini e sul luogo dell’attentato sventato fece costruire un oratorio circolare che prese il nome di Cappelletta del duca. Solo quando, dopo alterne vicende, Modena tornò in mano austriaca, il sovrano fece ritorno nel ducato ed instaurò una politica decisamente autoritaria, pur non attuando feroci repressioni contro i rivoltosi ed al suo attentatore assegnò solo dieci anni di carcere. Nei successivi undici anni Francesco V governò su Modena, Reggio , Guastalla, Massa, e Carrara, in relativa pace, occupandosi principalmente di riformare le leggi riuscendo a completare la Codificazione estense, con la quale equiparò il ducato a tutti gli altri regni italiani. Nel 1859, a giugno, l’esercito di Vittorio Emanuele II di Savoia entrò in Emilia, sull’onda dei plebisciti di annessione che arrivavano da tutte le città emiliane. L’11 giugno, Francesco V lasciò di nuovo Modena, ma questa volta, per non farvi più ritorno. La dinastia D’Este venne dichiarata decaduta ad agosto e l’Emilia venne unita alla Romagna sotto il governo di Carlo Farini, in attesa della definitiva annessione al regno d’Italia che avverrà nel 1860. Francesco con l’amata Aldegonda si ritirò in esilio nel castello del Catajo, nel Veneto che era ancora sotto gli austriaci, ma i duchi non partirono da soli. Un drappello di 3500 soldati, la cosiddetta “Brigata Estense”, li seguì, aggregandosi alle truppe austriache. La Brigata Estense restò a divefa dell’ultimo duca per quattro anni quando fu proprio Francesco V a scioglierla con una cerimonia particolarmente toccante che si svolse a Cartigliano, vicino a Bassano del Grappa, il 24 settembre 1863. Al momento del commiato dai suoi soldati Francesco consegnò a ognuno di loro una medaglia di bronzo con l’effigie del duca e la scritta “FRANCISCUS V AUSTR. ATESTINUS DUX MUTINAE” e sul retro la scritta “FIDELITATIS ET CONSTANTIAE IN ADVERSIS“. Francesco V continuò a vivere nel castello del Catajo, spostandosi ogni tanto in Austria, dove morì nel 1875. Conservò sempre il rimpianto per il suo regno, tanto da rifiutare la corona del Messico che gli venne offerta nel 1861 spiegando: «… riguardando io la piccola sovranità di Modena, più come un dovere che come un diritto, non ero in alcun modo disposto a rinunziarvi, nemmeno a fronte di qualsiasi compenso, fosse pure brillante, vantaggioso e lusinghiero …».
“Fidelitati et constantiae in adversis”, “fedeltà e la costanza nelle avversità” è il motto su cui si fonda, in onore alla memoria del casato degli Estensi, la riorganizzata Delegazione “Francesco V” del movimento internazionale Croce Reale, che punta alla promozione in terra estense del “Rinnovamento nella Tradizione”, un ‘associazione culturale apolitica e apartitica impegnata nel recupero della memoria storia dei luoghi del ducato.