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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Fermare gli attimi di quei momenti destinati a sfuggire: la fotografa Donatella Gallori

DiSilvia Ammavuta

Set 21, 2022

Un detto dei nostri vecchi cita: impara l’arte e mettila da parte. Verità più vera per Donatella Gallori, medico e fotografa, non poteva esserci. A 25 anni si laurea in medicina e per otto anni, con grande passione, presta servizio in Pronto Soccorso, prima all’ospedale di Borgo San Lorenzo e successivamente, a tempo indeterminato, all’ospedale Torregalli. Il suo percorso lavorativo si è concretizzato in quello che è il coronamento del sogno di tanti, fare il mestiere per il quale hai studiato e avere finalmente il posto di lavoro sicuro, ma, – perché il ma prima o poi deve saltare fuori dal nascondiglio e confondere le carte del gioco – ecco che Donatella entra in crisi: realizza che il tempo è la cosa più preziosa che si possa avere, e, a lei, di tempo libero ne resta ben poco per poter coltivare e nutrire la sua creatività, che trova soddisfazione nella fotografia, fin dai tempi dell’università. Nell’ambito medico sviluppare e fare emergere la parte creativa è piuttosto improbabile, è necessario essere concreti. I turni in ospedale hanno orari pesanti, spesso superano le dodici ore. Quando  Donatella smonta dalla notte è stanca morta e, sebbene il tempo a disposizione sia risicato, non demorde, scatta per il piacere personale di fermare l’attimo, canalizza quella che lei chiama energia non positiva, in positiva, che poi porta nelle corsie. Mi colpisce particolarmente la frase con la quale fa il sunto dei turni di notte: “È un mondo sconosciuto ai più, è il mondo del bisogno”.  Portare un sorriso a chi non ha voglia di sorridere, è, per lei, una missione, ma, ed ecco che si affaccia ancora il ma, “per portare aiuto a chi ha veramente bisogno, devi, innanzitutto, stare bene tu, in prima persona, altrimenti non riesci a dare tanto quanto vorresti dare”. È quando prende piena coscienza di questo, che il piano B diventa il piano A.  Si licenzia da un tempo indeterminato, per andare a curiosare nell’ignoto, destando stupore e disappunto in famiglia per la decisione che ha preso.

“Ho salutato la curva” dice, increspando leggermente la bocca in un sorriso, che pare quasi meravigli essa stessa, per quanto ha appena esternato. Ed è proprio sull’onda di quella meraviglia che prosegue la nostra conversazione: Donatella parla del suo mestiere di fotografa new born, con gli occhi dell’entusiasta, con lo sguardo di chi sta percorrendo la strada, che ha finalmente trovato. Dopo anni in cui ha scattato per amici e parenti, diventa ufficialmente fotografa. Indubbiamente, non sono mancati gli ostacoli e le difficoltà, tutto questo lei lo chiama evoluzione, applica ciò che faceva prima, in quello che fa adesso. Si sofferma sul concetto del tatto: “Le mani in pronto soccorso hanno un ruolo duplice, esplorano e danno un forte aiuto emotivo, un gesto di conforto. È un valore aggiunto. Ma, mentre il paziente ha una serie di condizionamenti interiori ed esteriori, il bambino è scevro da tutto ciò, è spontaneo. Le mani sui bambini sono coccole, amore, delicatezza e c’è reciprocità.  Ricevi nell’immediatezza dal loro senso di fiducia, anche se non ti conoscono. Importante è che sentano la tua sicurezza e protezione. Per fare questo è necessaria tanta calma e serenità”. Si sofferma sulla parola sicurezza: è evidente che le conoscenze acquisite come medico le siano preziose, ma la gestione del neonato è un ramo particolare e la formazione indispensabile. Mi parla di posing,  che in buona sostanza vuol dire posare il neonato. Spontaneo mi viene da chiederle perché non usare l’italiano. A domanda risponde, sempre con il sorriso, che smorza il mio disappunto per l’uso di termini stranieri quando abbiamo il corrispettivo in italiano. “Questo genere di fotografia con i neonati è nato in America e ha avuto nei primi anni molta eco anche in Australia, ecco perché nei corsi si usano termini anglosassoni”.

Lo studio di Donatella è un appartamento, in cui si respira tranquillità e riservatezza. Settantasei metri quadri dedicati, esclusivamente, a neonati e mamme. Un angolo è riservato ai comfort: fasciatoio, scalda-biberon, divanetto. Alle pareti alcune foto dei suoi servizi, lunghe tende chiare rendono l’atmosfera placida. La sensazione che provo è di grande calma, una sorta di culla in cui un tempo indefinito lascia agio a Donatella di fermare gli attimi di quei momenti destinati a sfuggire, momenti preziosi della crescita di una famiglia. Su una parete, in una cornice, una frase. Mi soffermo per afferrarne il messaggio “Se puoi sognarlo, puoi farlo.” Ho innata la natura del contrapposto: dirimpetto a questa scritta c’è un muro in mosaico a pietra. Per quanto si possano incontrare ostacoli e sentirsi “con le spalle al muro”, per quanto le difficoltà, talvolta, siano dure e difficili da scalfire, proprio come la pietra, “il sogno” è lì, davanti a te: l’ importante è crederci.

Un leggero refolo di vento passa dalla finestra, la lunga tenda bianca che ondeggia delicatamente mi riporta sul pezzo, chiedo a Donatella perché abbia scelto questo genere di fotografia. Di nuovo, increspa la bocca in un sorriso e, poi, con grande dolcezza, mi dice che fermare in uno scatto il momento, in cui c’è una vita che cresce in pancia le dà felicità. Le donne in gravidanza hanno una luce particolare, che non si trasforma quando poi tornano da lei con il neonato. È quella luce, che, ogni volta, la meraviglia ed emoziona, così com’è stata forte l’emozione il giorno, in cui, a una cliente, si sono rotte le acque mentre era a fare le foto. Sorrido, sebbene Donatella non indossi più il camice bianco, l’ho immaginata chiedere acqua calda e asciugamani, proprio come da copione.