“Andate pure e date loro la punizione che si meritano”. Col ghigno sprezzante che aveva sempre sulla faccia e il tono alto e categorico di chi ha scelto di essere un soldato per godere nel far del male alla gente, il maggiore Walter Reder decretò la strage di Bergiola Foscalina, la mattina del 16 settembre 1944. Crudele e compiaciuto della sua spietatezza, votato alla sete di sangue con cui, Hitler aveva allevato i suoi fedelissimi, il “monco”, il più comune dei suoi soprannomi dovuto alla perdita di un braccio nella campagna di Russia, lasciò un segno indelebile sul territorio apuano e in quello emiliano confinante, con una serie di stragi di una ferocia inaudita, che segnarono oltre mille morti civili: Marzabotto, Vinca, Bergiola Foscalina, San Terenzo Monti, Bardine.
Sul 44° parallelo, il limite delle Linea Gotica nell’estate e autunno del 1944, Reder ci era arrivato ad agosto insieme al suo reparto, il battaglione esplorante della 16. SS-Panzergrenadier-Division “Reichsführer-SS”, per ordine del generale Albert Konrad Kesserling, con lo scopo di guidare le operazioni militari contro la guerriglia dei partigiani . Un piatto succulento per un affamato di carne umana già definito “il boia”. L’ ignobile legge imposta dai tedeschi, di pagare con la vita di dieci civili italiani, la morte di un soldato tedesco, divenne, per Reder, l’innesco della sua insaziabile voglia di vendetta nei confronti degli italiani traditori.
Il 16 settembre del 1944, al mattino, era morto un soldato tedesco mentre percorreva il valico della Foce a bordo di un mezzo militare. Nessuna prova che la raffica di mitra che lo raggiunse, fosse stata sparata dal sovrastante paese di Bergiola Foscalina e, soprattutto: un solo soldato tedesco morto. Anche volendo applicare la regola del dieci a uno, la punizione ordinata da Reder avrebbe dovuto fermarsi molto prima dei 72 morti che alla fine vennero contati. Ma anche, e ben oltre, lo stesso spaventoso numero di vittime, ci sono e restano la disumanità con cui la strage venne messa in atto e la spietatezza con cui vennero uccisi donne bambini, ragazzi e anziani totalmente innocenti: il frutto degli ordini e degli insegnamenti dei un mostro. Del plotone di tedeschi mandato a Bergiola Foscalina, solo uno o due soldati non eseguirono gli ordini, lasciando che qualche piccolo, terrorizzato gruppo di persone riuscisse a mettersi in salvo. Nessuna pietà, invece, dai fascisti italiani, i maimorti, che accompagnarono i tedeschi contro i loro stessi concittadini. Gente ammassata nella scuola, colpita da raffiche saltuarie e improvvise, incendiata dai lanciafiamme. Bombe a mano tirate contro la schiena dei bambini, suppliche disperate di madri punite con pallottole in mezzo agli occhi. Un intero paese distrutto, incendiato, sterminato. Una ferita indimenticabile.
Reder venne dichiarato criminale di guerra già prima della fine del conflitto e, consapevole di essere ricercato, provò rapidamente a fuggire per evitare la giustizia italiana, ma, venne preso a Salisburgo e estradato in Italia dove venne condannato all’ergastolo. Rimase in carcere a Gaeta per 40 anni e, da persona priva di morale quale era, finse di chiedere perdono alle vittime delle stragi da lui ordinate per cercare di ottenere uno sconto di pena. Che ottenne, se pur in extremis: nel 1985, venne “graziato” dal governo italiano, contro quasi tutta l’opinione popolare e potè tornare in Austria, suo paese natale, con sei mesi di anticipo sui termini previsti per la scarcerazione. Immutabile nella sua mostruosità, un anno dopo la scarcerazione volle precisare di non aver mai avuto intenzione di chiedere scusa a nessuno. Visse da uomo libero ancora cinque anni prima di morire a Vienna, senza mai essersi pentito di nulla.