• Lun. Set 16th, 2024

Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Daniele Torniai. Il fischio è la voce del treno

DiSilvia Ammavuta

Set 14, 2022

Trovo il fischio del treno romantico, forse perché la mente mi riporta all’adolescenza, ai primi viaggi fatti in compagnia di amici. Il fischio era la voce del treno, dell’avventura, il canto a due voci con il vento, che mi scompigliava i capelli, quando stavo con la testa sporta fuori dal finestrino.

 Quando ho chiesto a Daniele Torniai, macchinista di treni, cosa rappresentasse per lui quel fischio, mi ha risposto la stessa identica cosa: “È la voce del treno, è il macchinista che suona la “sua” musica”. Dopodiché, la mia parte razionale ha scavalcato la passionalità e ho chiesto l’utilità di quel fischio e chi lo facesse echeggiare. Daniele ha sorriso, gli sono brillati gli occhi quando mi ha risposto che era il macchinista ad azionarlo, sia in situazioni in cui è necessario, per questioni di sicurezza, ma, anche per la gioia di rispondere allo sventolare delle mani dei bambini, che salutano il treno che passa.

Nella nostra conversazione traspare sempre una nota di romanticismo, quando parla del suo mestiere: la definisce una vocazione e dice che era predestinato.

Fin da piccolo amava giocare con i trenini e spesso, in compagnia del babbo, andava alla stazione per vedere i treni veri. Va da sé che il suo desiderio più grande fosse quello di diventare un macchinista: un “maestro”, in gergo ferroviario, in segno di rispetto, un “agente di condotta”, in termine tecnico.

È interessante sentirlo raccontare le sensazioni dell’infanzia, quanto quelle due verghe parallele lo inducessero a sognare su cosa rappresentassero. Pur non avendo ancora la percezione delle distanze, gli era, però, chiaro che, su di esse, il treno arrivava da un punto sconosciuto per poi procedere verso un punto altrettanto ignoto. Oggi definisce i binari il trait d’union fra passato e futuro, le tracce della vita delle persone che sta trasportando. Si sente un Caronte, un traghettatore di anime.

Da ventitré anni, Daniele è quello che avrebbe voluto essere: indossa la divisa del macchinista, e con onore, sottolinea. Per lui la giornata inizia a casa quando, davanti allo specchio, chiuso l’ultimo bottone della camicia, fa il nodo alla cravatta rossa.

Riuscire a realizzare quel sogno ha richiesto, però, tanta voglia di crederci, perché il diploma di geometra, che aveva conseguito, ebbe, come risposta, un rigetto alla sua domanda alle Ferrovie dello Stato. Chiuso il sogno in un cassetto, svolse più lavori che non lo soddisfecero. Una sua frase mi colpisce particolarmente: «Non volevo essere vittima di uno stipendio, volevo essere artefice del mio sogno.» Eh sì, ogni volta che smontava dal turno di lavoro in Autogrill, quel pensiero lo assediava. Continuava a chiedersi come far avverare il suo sogno, come rendere concreto il progetto di vita. Progetto di cui aveva percepito la certezza in occasione di un viaggio in treno in cui gli venne data la possibilità di entrare nella cabina di guida, vide da vicino ciò che aveva sempre immaginato e comprese che il suo sogno era diventare macchinista.

Sull’onda di quel ricordo, mi racconta di quando, un giorno, una signora, con un bambino per mano, gli chiese il permesso di entrare nella cabina di guida. Daniele acconsentì, prese il bambino sulle ginocchia, lo vide emozionarsi, ne avvertì le vibrazioni della contentezza. Ha addolcito lo sguardo e mi ha confessato che in quel momento gli erano scese due lacrime.

Da questo punto, il mio viaggio con Daniele è proseguito con lui, salendo sul treno della sua vita. Mi ha fatto viaggiare attraverso il Frejus, sono arrivata, con lui, in terra francese, con lo stesso stato d’animo di chi arriva in un altro paese, con altri usi costumi e l’incertezza di cosa troverà. Accompagnata dallo sferragliare, che scandisce ogni tratta, ho fatto il suo percorso per arrivare a destinazione. Ho ascoltato la conversazione, in uno scompartimento del treno, con una persona conosciuta casualmente, che lo consigliò di fare domanda alle Ferrovie Francesi, dove potevano esserci buone probabilità di vedere accettata la sua domanda.

 E qui faccio un piccolo inciso, che in questa storia è calzante: il caso non esiste, esiste la causa, la determinazione per arrivare all’obiettivo. Chiudo l’inciso e riprendo a viaggiare con Daniele.

Questo incontro è la molla che lo fa decidere, anche se è un salto nel buio. Lascia il lavoro e si affranca sia dallo stipendio fisso, sia dal ruolo di vittima di quello stesso stipendio. Si trasferisce in Francia, a Lione, ospite presso una signora. Lavora come pizzaiolo, si mantiene e impara la lingua. In occasione di un viaggio, ovviamente in treno, sempre casualmente, conosce un signore, e, guarda caso, il signore gli mostra un articolo di giornale: le Ferrovie Svizzere stanno cercando personale.

Daniele fa domanda, si presenta per la visita medica e le selezioni per le Ferrovie Svizzere, che si tengono a Roma. Studia, anche se, per lui, sognatore e romantico, non è facile applicarsi su materie che definisce asettiche, conclude, però, la frase con un concetto che nobilita quanto ha appena detto: “Le regole mi hanno forgiato nel carattere. Nelle difficoltà ci sono vari tunnel. Se ti metti in movimento, prima o poi, da quel tunnel esci. Il sacrificio è un punto di partenza: ho affrontato con amore anche le regole, seppure asettiche, perché mettono in moto il treno, e perciò il movimento”. È su quel movimento che mi soffermo: su cosa si provi nel condurre un treno. Le sue parole mi portano in viaggio, penetrando paesaggi che, lentamente, mutano a seconda delle stagioni, degli orari, dei colori. Mi descrive la sensazione della velocità e a me pare di sentire il suono dell’aria che soffia, comprime, e scorre veloce sul muso proteso del treno.

Non fa mistero che il suo è un mestiere che comporta sacrifici. Non esistono feste comandate e gli orari non sempre combaciano con i bioritmi, ma sento leggerezza in quanto mi sta dicendo, e resto affascinata dalle sue parole, che concludono il nostro incontro: “Il treno, borbottando, rompe il silenzio della notte, mentre corre su nastri argentati illuminati dalla luna”.