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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Fora ‘L Loz (fuori il lozzo)

DiTiziana Telara

Ago 22, 2022

Loz = sporco. È una parola che, deriva dal latin “lutum” col significato di “fango, argilla”. Il passaggio da “fango” a “sporcizia” è quasi inevitabile. E come si passa da “lutum” a “loz”? Non voglio tirare in ballo teorie sui mutamenti fonetici, dirò solo che è la stessa regola per cui il latino “puteus” è diventato “pozzo”.

“Gee, ne te”

Io, questa espressione, la intendo così “Gesù, o te!”. Il te è rivolto alla persona interlocutrice, è un richiamo alla attenzione a quello che si sta per dire. Gee è una interiezione e potrebbe essere originale o un vezzeggiativo per indicare Gesù (oggi sembra una stranezza pensare a che possa essere Gesù, ma una volta era una figura molto più presente nell’immaginario collettivo, persino a Carrara). Esprime senz’altro meraviglia, sorpresa, stupore (positivo o negativo), è enfatico. La prima “e” è lunga, prolungata, e quasi accenna ad una “i”, come un dittongo “ee”, per cui scriverei gee, ne té! Tuttavia c’è anche chi la scrive genete. Gee, ne té, mir cos t’a fat! E mo com a la m’ten? ( Gee, o te, guarda cosa hai fatto! E adesso come la mettiamo?”. Ne tè viene usato anche da solo: Ne té, ven un po’ qi! ( O te, vieni qui) Ne té, dam reta! (o te dammi retta) Ne té, al voré durata! (o te vorrebbe durata) Ne té, mir qi a i è, a l’è arivata la marchesa( o te, garda chi c’è è arrivata la marchesa). Se l’interlocutore è indefinito o immaginari il “ne té,” potrebbe essere una interiezione: Ne té, a l’è arivata la marchesa!

Parole tipiche del dialetto carrarese
‘ntend’r: capire (nella fraseologia anche: assaggiare)
A tè: intercalare utilizzato per richiamare l’attenzione di qualcuno
Almànc: almeno
A’rmanèr: rimanere
A’rguadjar: rimediare, trovare, raccogliere
A’rguadjàrs: prendersi cura di sé stessi;
A’rpiàrs: riprendersi;
Badòti: castagne bollite, usato anche volgarmente per indicare i testicoli 
Bagàsch’: ragazzino che per guadagnare due spiccioli aiutava i cavatori trasportando secchi pieni di scarti del marmo (marmettole), storicamente è il ragazzino che nelle miniere doveva sottomettersi ai voleri del suo datore di lavoro anche sottoforma di molestie sessuali, da qui il termine Bagascia
Barbantàna: strega, talvolta la Befana
Baròz: carretto
Batacùl: capitombolo, capriola
Baìsha: saliva, “bausciòn”: sbrodolone
Bèg: verme
Biashà r : biascicare, parlare con la bocca impastata; Bicèr : bicchiere (e specialmente bic’rin, soprattutto in riferimento ad una bevuta in compagnia, una sbic’rata); Bisìca : ansia, Biscènfio : satollo; Bòda : rana; Bòda Cozzala, o b : tartaruga, letteralmente sarebbe “la rana col guscio”; Bòna : buonasera/notte, usato anche quando l’interlocutore non ha capito quello che è stato fatto intendere; Bòna : buona, bella; Bòz : bozzo, acquitrino, ragazza non attraente; Brind’lòn : penzoloni, larghi; Bubanìcia : Grillo-Talpa; Buscaiòl : Lavoratore che per buscarsi da mangiare eseguiva lavori pesanti, come il trasporto di lastre di marmo sulla schiena (specialmente al porto di Marina di Carrara); Buti : germogli; Butìn : bottino, concime biologico creato con acqua ed escrementi animali; Buzi : scarti (nel gioco delle carte); Cà : casa; Calcinèli: arselle; Calda Calda: cecìna, farinata. Impasto di farina di ceci e acqua cotta in forno, tipica ligure e toscana; Canèl : mattarello; Cantarà n : comè; Cap’leti : cappelletti, tortellini; Catà r : cosa, oggetto; Cià mpa : gamba, in senso spregiativo; ciampicòn è detto della persona maldestra che incespica sempre o si muove in modo goffo; Ciampà ta : pedata; Cicà la : cannocchia; Cicalòn : uno che butta via i soldi; Ciòc : pezzo di legno, colpo, rumore di qualcosa che è caduto o è stato colpito (“chiocco”);nel carrarinno il gruppo”ci” viene sostituito da “Z” Cimùr : cimurro, inteso come: raffreddore; Còci : cocci, pezzi rotti; Cocòmbla : cocomero, anguria; Còli : cavoli; Coltròn : coperta pesante; Cròki : coccole; Cucià r : cucchiaio; Cunìggi : conigli; Cushì : così (tipico del massese); Cultèd : coltello; Dotòr : dottore; Drent : dentro; embr’z : embrice, “mus’ a embr’z” si dice a persone dalla faccia schiacciata e “tegolosa”, o a personaggi non molto scaltri; F’nòz : finocchio (in senso dispregiativo); Fant : o anche fantòt’, giovanotto, in genere adolescente (più cresciuto di un M’nin, comunque) usato anche al femminile: fanta; Fava : genitale maschile; Ficòne/Ficonà ta : Pugno; Fòk : fuoco; Fòla : bugia, storia; Fruttìn : succo di frutta (nel brik o nella bottiglietta di vetro) Fugazìna : focaccia (salata), è particolarmente gustosa la “fugazìna con l’fioròna”, ovvero la focaccina ripiena di fichi fioroni (privati del loro picciòlo), che maturano a Luglio; Furzìna : forcina per capelli; Gadèt : galletto (detto anche a uomini che voglion strafare); Ganàscia : bocca; Gargana : Interiora di Animale morto, specie di pesce; Ghiàz’ : ghiaccio; Gòkia : ago; Gòm’t : vomito; Gòm’t : gomito; Gonèla : gonna; Granàta : scopa; Grembiàle : grembiule; Guàza : rugiada; Guèrc : cieco; Gusce : Gusci; Gnòri : coccole; Kiakiere : frappe; Kiòk : incidente, botto; Kiuìn : uccellino; Lav’lìn : zingaro (dispregiativo) Lèrfo : labbro (nelle sue varie accezioni) Liza : (“lizza”) antico sistema di trasporto a valle dei blocchi di marmo, antecedente alla meccanizzazione del lavoro di cava; Lòz : spazzatura, concimaia, anche aggettivo “sporco”; Mà : madre; Magnàr : mangiare; Maràno : persona dai modi di fare bruti e maldestri “T’ sen’ un maràno”; Mic : asino/mulo; M’rlinzàna : melanzana; M’nin : (o anche ninin) bambino, giovane ragazzo (plurale M’nini); Mo’ : adesso, ora; Mozkòd : fazzoletto; Mòzza : vagina; Mufo : dal colorito cadaverico; Mundiòla : mortadella; Mus : viso; da cui anche Musata nel senso di “dare una facciata contro qualcosa, in senso sia fisico che morale (nel senso di subire dei danni o una delusione a seguito di qualche decisione presa)[Piazza Farini]

Piazza Farini Mùsc’li : cozze; Nemànc : nemmeno; N’ròn : livido; Nicò : tutto, letteralmente deriva da: ogni cosa; Nòna : nonna; Nonò : nonno; Nòta : notte; Oc : occhio; Ort : orto (anche ortzed, “orticello”); P’fàna : befana; P’lìn : pulcino; P’tèra : vagina; P’v’ròn : peperone; Pà : padre; Pan : pane; Par : sembrare, letteralmente “parire, apparire”; Paracqua : ombrello; Parpagliòn : pipistrello; Pè : piedi; Pidjàr : prendere; Pignàta : pentola/padella Piàc : pidocchio; Pir : palo, bastone (oppure un oggetto di forma simile) anche in riferimento ai sistemi di pali usati per sotenere le funi durante il lavor di cava; Pistàr: Cadere o picchiare. “Tra ‘n po’ a pìst’ in tèra” vuol dire “Stavo per cadere”, mentre “Mo’ a t’ pist'” vuol dire “Ora ti picchio!” Pit : tacchino; Pitukìn : capelli legati a coda di cavallo; Pizàta : puntura di zanzara; Pòd : pollo; Podàr : pollaio; Pòm’ : mela Pomàta : pomodoro; Portsèm’l : prezzemolo; Raganela : pesce che vive tra le acque marine dotato di aculei sul dorso (tracina in italiano); Rasputìn : persona che si masturba spesso; Ravanèto : ammasso di detriti della lavorazione del marmo, scaricato lungo un pendio; (ala) Rinfùsa : a casaccio; Rèna : sabbia; Rènza : flautolenza; Rumàr’ : mescolare; Rumènta : spazzatura; Ròtola merda : (oppure Borb’lòn) scarabeo stercorario; Ruza : collera; Sacòcia : tasca; Sbrijiàr’ : distruggere, rompere “T’ sbrij nicò”: rompi proprio tutto; Sbrodjàr : sciogliere i nodi; Scapuciàr : scivolare (con probabile caduta) mentre si cammina; Scràna : sedia; Sgang’ràt’ : sgangherato, rotto; Sgatinàr : vomitare; Sgrend’no : grezzo (nel vestirsi e nell’aggeggiarsi); Sguilàr: scivolare Shi : sì; Smalvàt : molle; Smilz : deperito; Smorzòni : fiammiferi; Smunt : deperito; Spampanàt : sfatto (mia nonna lo diceva per le rose troppo aperte); Sp’rlunzìna : piccola ecchimosi; Stànzia : stanza; Stèda : stella; Strinà t : bruciato, ustionato dal Sole; Tafòn : schiaffo; Taià rìn ‘ntì fajòli : taglierini nei fagioli (piatto tipico della cucina carrarina), per essere particolarmente gustosi devono essere “bèdi potòni” e devono avere la “cotèna” dentro (cotenna del lardo di Colonnata, molto dura e salata, che diventa morbida cuocendo); Talènto : discorso senza senso oppure ovvio. “Che talenti!” cioè “Che discorsi…” Tansirè : “Tanto sarebbe”, al limite, semmai: “T’ha magnat tuta la torta, tansirè..” (se la voleva qualcun altro); Tarpòn : topo/ratto; Tèkia : tegola o parete verticale di una cava (tecchia); il tèkiaiol è il cavatore specializzato nella liberazione dei detriti franosi dalla tecchia; Telesclerotico : arteriosclerotico; Topèti : piccoli gnocchi fatti a mano; Tordèli : Tordelli. Tipici i ravioli di carne e bietola di Marina di Carrara; Tràn : treno; Tronàta : botta contro qualcosa o rumore del tuono (trono); Trònco : scemo; (a) Ufo : gratis (deriva da: ad Usum FOri; al tempo dell’antica Roma era la frase siglata sui blocchi di marmo bianco, lo statuario, il più puro, proveniente dalle cave apuane e stava a significare che tale marmo era da destinarsi alle opere monumentali della Caput Mundi esenti da dazi; vec: vecchio (anche v’ciot, “vecchietto”); Verdòn: il pesce sgombro, sputo di catarro; Vòta : vuota; Vòta : volta; g’da t’ : gelato; cinqui : cinque; cipòda : cipolla; zing’ri : capelli non curati; cicèrb’da : Cicerbita (pianta erbacea molto utilizzata per gli “erbi”, ovvero varietà di erbe di campo bollite e servite con fagiolini dall’occhio, olio, un po’ di pepe ed eventualmente polenta ciortèda : lucertola; zukèd : zucchina; zuk’r : zucchero;

Esempi di frasi in carrarese A i ò dit la rasòn : “Gli ho detto la ragione”, dove “ragione” sta per discorso, o ancora meglio “Mi sono fatto intendere”; A fian ‘l m’zin? : “Facciamo il mezzino?” riferito alle sigarette; A l’è drita com la via d’ Codena : è stortissimo; A’l vorè duràta! : “E’ l’ora di finirla”; A la bon’ora : “di buon’ora” detto con sarcasmo; A m’ sòn ròt i badòti! : volgare, per indicare uno stato di insofferenza; A m’ ‘rman’ ‘n man : “mi rimane in mano”, scioglilingua; A Uf an m’ stuf : “Ciò che è gratis non mi stanca”; Atènt’ k’ t’ t’ tài ! : “Guarda di fare attenzione che rischi di procurarti un taglio”; Bela me Italia, com a l’è cunza mal : Bella la mia Italia, come è conciata male; Che zuchèd!: Detto ad una persona per dire che si comporta stranamente, o che è duro di comprendonio. Com’ al ven, al ven : come viene viene; Com’a vorè ch’a t’ fuss’ nat ‘nà pèc’ra! : “come vorrei che tu fossi nato una pecora”, usato quando l’altra persona sta facendo disperare l’interlocutore; Cos a i è? : “Cosa c’è?”; Cos t’ vò? : “Cosa vuoi?”; Cos t’ a ? : “Cos’hai?”; Fiss com un potò : “Fisso come un palo”, per indicare un oggetto stabile o, soprattutto, una persona che si fa trovare molto spesso in un certo luogo; Giò Pitipò, quel’ ch’i ved’ ì vò, se al ved ‘na cagàta i vò dar ‘na licata, se al ved ìna pisciàta i vò dar ‘n’assaggiata : “Giorgio Pitipò, vuole tutto quello che vede”, si dice di solito a persone viziate che vogliono provare qualsiasi cosa o a persone che si chiamano “Giorgio”; I dur’rà quant un zuchèd n’ boca a n’ porc : “Durerà quanto una zucchina in bocca a un maiale”, ovvero durerà pochissimo; I en di chi scelti ‘n t el maz : (sono di quelli scelti nel mazzo) sono i peggiori; I fa la bòda con le’ là : “Fa la rana con quella là “, ovvero fa la corte a quella ragazza; I magn pù bota ch pan : “Mangia più botte che pane”, riferito a ragazzini pestiferi oppure a persone che vengono continuamente picchiate; I magn’rè anc ‘l fisch al trèn : “Mangerebbe il fischio al treno”, detto per intendere la voracità di qualcuno; I pì i topì to pà ? : Scioglilingua, letteralmente “Li prende i topi tuo padre?”, o meglio “Tuo padre prende i topi?”; I vegn’n zu anc i bodeli/tarpon! : “Vengono giù¹ anche i ranocchi/topi” quando piove tanto; La cava e la vita a l’en tuta ‘na salita : “La cava e la vita sono tutta una salita”, proverbio carrarese; L’alt’r dì : l’altro giorno; Le Grazie a l’ stan a Spezia : “Le Grazie stanno a Spezia”, formula usata per rifiutare ringraziamenti (il paesino de “Le Grazie” è un borgo in Provincia della Spezia”); Lè lì a lè fora com ‘i terazi! : Quello li e fuori come un terrazzo, per indicare persona che si comporta in modo strano, ubriaco o stupido; Maladit il porc : maledetto il porco, tipica frase che indica frustrazione, ansia o rabbia; Maladit ‘l can d’ gess’ : maledetto il cane di gesso, come sopra; Ma mi lu’ lì cum i è cunz: ma guarda quello come è¨ vestito, per dire che è¨ vestito male; Ma a t’ cunvièn? : tipica espressione che indica interessamento o sorpresa, nella scrittura identica all’italiano ma diversa nella cadenza. Usualmente è possibile sentirla alla stazione locale dei treni; Me al darè : tipico apprezzamento per indicare una bella ragazza; Me al chioch’rè : vedi topic precedente; Me mà a m’ dà : mia mamma mi picchia; Mèt’r ‘n tors’ : mettere in ammollo; Mo’ a te ‘l diz me : “ora te lo dico” io, ma nel senso di “dare una lezione” a qualcuno; Mo’ anch i av’nzin i vodjn’ saper notar? : ora anche gli abitanti di avenza vogliono sapere nuotare? (chiaramente in segno di disprezzo); Mo’ m’ n’vai a cà : “ora vado a casa”; Mo’ t’ l’à ‘n sacòcia : “adesso sei fregato”; Mo’ t’sen d’l gat’! : (Ora sei del gatto)= Ora sei fregato Mus a pipa : Letteralmente “viso a pipa”, detto di chi ha il naso o soprattutto il mento particolarmente prominente; N’do t’ va? : “Dove vai?”; N’do t’ la la forza? ‘n t la petera?: “Dove l’hai la forza? Nella figa?”; N’ t’ sortir col carbòn a canèli : “non dire cavolate”; Nesc ‘m po’ da rumpir i badòti! : Levati di torno! (Lett: esci un po’ da rompere i cotali); Nè Bèlo!? (o anche O Bèlo!?): Letteralmente “O Bello!?”, con tonalità interrogativa e scocciata, serve per evidenziare il proprio stato di disapprovazione in merito ad una data situazione; Nud e nato: Nudo come appena nato; Oh ‘n mea!: Ohimè¨; O n’ mea me : Mamma mia O ch’l’ om!? (oppure O ch’la dòna!?): Letteralmente “O quell’uomo/quella donna!?”, variante di “O belo!?”; Par mil ani: letteralmente “sembrano mille anni” usato nel senso “Non vedo l’ora; meno male”. Es: “Par mil ani ch al finisc la scola!” Detto da un ragazzo, “Par mil ani ch’ a l’ cuminc la scola” detto da una mamma Pì ‘n po’ ‘n pan’ : “Prendi un po’ il pane”; Pìn po’ ‘l parà ch’ al piov’ : “Prendi un pò l’ombrello che piove”; Pìst’ chi! : “Prendi questo!” in genere inteso più in senso morale che fisico (quando un interlocutore “segna un punto” a suo favore in una discussione); Pìst’ chì e portl’ a cà. Pogheti e sicureti : “Pochini ma sicuri”, riferiti ai soldi, variante del proverbio meglio un uovo oggi che una gallina domani; Pov’ra no : Poveri noi; Su per i bricchi : su per i monti, usato in senso dispregiativo per indicare luoghi lontani e/o difficilmente raggiungibili. T’ l’à ‘ntes?: l’hai sentito/capito/udito/assaggiato? T’ mand tut in sicutòri : “Mandi tutto alla rovina, rompi tutto” detto a chi non tiene mai ferme le mani; T’ sen magr’ com’ n ch iuìn : “sei magro come un uccellino”, non mangi; T’ sen scèm com’ la fioròna : lett:”sei sei stupido come i fichi fioroni” T’ sen pròpi dur com ‘l mur : “Sei proprio duro come il muro” detto a chi si ostina a non capire; T’à capit? : “Hai capito?”; T’ m’a rot i badòti : mi hai scocciato!, mi hai rotto le scatole; T ‘a pù corni ch un cest d’ lumacheli;” Hai più corna che una cesta di lumache” detto a chi è stato tradito più di una volta T’ à tut unt e t ‘à tut tint un tac : Scioglilingua, letteralmente “Hai un tacco tutto unto e tutto tinto”; T’a ‘ncamò f’nit? : “Non hai ancora finito?” inteso come lamentela; Timilì timilèra : Usato come intercalare, significa “tra una cosa e l’altra”; Trinz com l’tabàc : “Trinciato come il tabacco”, ovvero ridotto male, oppure al verde, senza soldi; Zup colènt : bagnato fradicio, letteralmente sarebbe “zuppo golento”.