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Diari Toscani

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Amintore Fanfani: l’uomo che inventò il centro-sinistra

DiPierluigi Califano

Ago 20, 2022

Ci sono domande che rimangono senza risposta. Esistono esperienze che possono cambiare un essere umano. Amintore Fanfani è il fulgido esempio di come il vissuto possa trasformare una persona. Nacque a Pieve Santo Stefano nel 1908 e in tenera età si trasferì a Sansepolcro. Studiò ad Arezzo, il suo professore di storia dell’arte Guglielmo Micheli, che era stato allievo di Giovanni Fattori, gli trasmise la passione per le arti. Si laureò in economia e commercio a Milano, all’università cattolica del Sacro Cuore, era il 1930. Ottenne la cattedra nel 1936, sostenne e divulgò il corporativismo tra i suoi studenti. Fanfani era convinto che si potessero superare i conflitti tra capitale e lavoro grazie all’intervento dello Stato e la costituzione di corporazioni sul modello medievale. Grazie al corporativismo si poteva contrastare la deriva liberale e quella socialista. Nel 1939 come direttore della rivista: Dottrina fascista, prese posizioni razziste riguardo alle leggi promulgate da Mussolini. Si rifugiò in Svizzera dopo l’8 settembre 1943. Tornò dal paese elvetico un uomo completamente nuovo. A Milano diresse la Rivista Internazionale di Scienze Sociali e conobbe Giuseppe Dossetti e Giorgio La Pira, che saranno determinanti per il suo futuro politico. Amintore Fanfani, nel dopoguerra, arrivò a Roma e iniziò la sua carriera nella Democrazia Cristiana come direttore dell’ufficio propaganda. Dossetti aveva compreso il suo acume per divulgare il pensiero. Fanfani partecipò all’Assemblea costituente, il primo articolo della Carta Costituzionale: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” è una sua formulazione. Negli anni successivi è stato: Ministro del lavoro, dell’Agricoltura e dell’Interno. Nel 1949 fu promotore di un piano che prevedeva la costruzione di trecentomila abitazioni popolari. Amintore Fanfani aveva compreso che per ottenere i voti della gente, bisognava rispondere con concretezza alle domande che venivano poste. Quello della casa era un problema da risolvere e lui lo risolse in poco tempo. Nel 1954 formò il suo primo governo ma non ottenne la fiducia. Nello stesso anno venne eletto segretario della Democrazia Cristiana, era il leader della corrente “Iniziativa democratica”. In quel momento capì che era necessaria un’apertura a sinistra al fine di governare il paese. Bisognava superare il centrismo, tema quanto mai attuale dal momento che il centro è ancora un polo di attrazione per qualsiasi forza politica. Nel 1959, a causa di questa apertura a sinistra, i franchi tiratori del suo stesso partito fecero cadere il suo Governo. Dopo la sconfitta, Fanfani si ritirò in Toscana, meditò di lasciare la politica. Il congresso dello stesso anno, nel quale riuscì a far eleggere il suo amico Aldo Moro segretario, gli diede nuovi stimoli. Nel 1960 fu di nuovo presidente del consiglio, succedette al discusso Tambroni. Nel 1962 venne rieletto e il suo governo raggiunse importanti successi. Ci fu la nazionalizzazione dell’energia elettrica, l’estensione dell’obbligo scolastico fino ai 14 anni. L’istituzione di una scuola media unica con i libri di testo gratuiti per i meno abbienti. Le pensioni furono aumentate del 30 per cento. Partirono le grandi opere strutturali come: l’Autostrada del sole. In politica estera, dopo l’intervento del 1955 nella soluzione della crisi di Suez, Fanfani era riuscito a mediare tra gli Stati Uniti e il presidente egiziano Nasser per un piano di regolamentazione del traffico nel canale. Fu ancora protagonista come mediatore nel 1962, durante la crisi dei missili di Cuba. L’istallazione dei missili era stata la conseguenza del tentativo americano alla Baia dei porci, di rovesciare Fidel Castro. La politica filo-araba che aveva condiviso con il suo amico Enrico Mattei, costò cara a Fanfani nel 1967. Nella guerra dei sei giorni gli Stati Uniti avevano assunto posizioni filo-israeliane. Amintore Fanfani fece l’errore di essere titubante e dare l’impressione di voler uscire dal Patto Atlantico. Probabilmente tale abbaglio fu determinate per la sua mancata elezione a Presidente della Repubblica nel 1971. Fu eletto Giovanni Leone con i voti anche del Movimento Sociale Italiano, la linea Fanfani aveva perso. Gli anni ‘70 furono caldi per la politica e il paese. Il referendum sul divorzio, l’inizio degli anni di piombo con il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, destabilizzarono il paese e la Democrazia Cristiana. Amintore Fanfani fu l’unico, nei giorni del rapimento, a voler trattare con i terroristi e il solo a poter partecipare alle esequie del suo compagno di partito. Gli anni ‘80 gli donarono ancora la presidenza del consiglio, malgrado la debacle del 1983, nella quale la Democrazia Cristiana raggiunse i suoi minimi storici. Partecipò come ministro dell’interno al Governo Goria nel 1987 e come ministro del bilancio nel governo De Mita nel 1989. Lo scandalo mani pulite travolse la politica e disintegrò la Prima Repubblica. Amintore Fanfani era ormai anziano e stanco. Aderì comunque al Partito Popolare e contribuì al primo governo Prodi. Si è spento all’età di 92 anni nella sua abitazione romana davanti a Palazzo Madama. Fino all’ultimo anelito di vita ha voluto respirare quell’aria stantia e affascinante della politica italiana. Amintore Fanfani ha lasciato un’eredità importante. La sua idea di centro-sinistra, quell’apertura al socialismo che tanto vituperava contrapposto al corporativismo, oggi fatica più che mai ad essere messo in pratica. Ci vorrà tempo o forse per citare i romani, le calende greche.