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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Roberto Benigni: la sostenibile leggerezza dell’essere

DiPierluigi Califano

Ago 13, 2022

Il mio primo ricordo di Roberto Benigni è quello in cui recitava il ruolo di uno stralunato critico cinematografico in un programma di Renzo Arbore. Era seduto su una poltrona ed aveva accanto una lampada da tavolo che si accendeva e spegneva ad intermittenza, era il 1978. Roberto Remigio Benigni è nato il 27 ottobre del 1952 a Castiglion Fiorentino da una famiglia contadina. Dopo il diploma di ragioniere capisce che il suo posto nel mondo non è quello di fare conti ma esibirsi su un palcoscenico. Nel 1972, dopo aver calcato il legno del teatro comico d’avanguardia, si trasferì a Roma insieme a Marco Messeri. Collaborò con Lucia Poli al Teatro dei Satiri e conobbe Giuseppe Bertolucci, fratello di Bernardo, per il quale scriverà la sceneggiatura di Novecento. Benigni racconterà la sua infanzia attraverso le vicissitudini del contadino Cioni. Ottenne un grande successo prima a teatro e poi in televisione. Sempre nel 1972 apparve fugacemente nello sceneggiato: Le Sorelle Materassi, tratto dal romanzo di un altro toscano, Aldo Palazzeschi. Approdò al cinema in un ruolo più importante diretto da Bertolucci con la pellicola: Berlinguer ti voglio bene. Il suo ruolo di provocatore, di ribelle, ruppe gli schemi e causò disagi negli apparati politici. Nel 1980 recitò in due pellicole dirette da Renzo Arbore: Il Pap’occhio e FF.SS. I due film raccontavano di ipotetiche sceneggiature sfuggite dallo studio di Federico Fellini, il quale intraprenderà azioni legali contro Arbore e lo stesso Benigni. Gli anni ottanta sono quelli della consacrazione e degli incontri che cambieranno la sua vita. Nel 1983 sul set del film: Tu mi turbi, conobbe Nicoletta Braschi che divenne la sua musa e poi sua moglie. Nel 1984 avvenne l’incontro con Massimo Troisi. I due scrissero, diressero ed interpretarono; Non ci resta che piangere. La pellicola ebbe un grande successo al botteghino e divenne da subito un cult che ancora oggi è amato da generazioni di spettatori. Nel 1986 e l’anno successivo, recitò in due pellicole dirette da Jim Jarmusch; Daunbailò e Coffee and Cigarettes. I due si erano conosciuti l’anno prima durante un festival cinematografico ed erano diventati subito amici. Un altro incontro importante avvenne nel 1988. Roberto Benigni iniziò a collaborare con Vincenzo Cerami, uno scrittore e sceneggiatore che era stato allievo di Pier Paolo Pasolini. Insieme scriveranno pagine indelebili della cinematografia italiana. La lista è di quelle che si possono recitare a memoria: Il piccolo diavolo, Johnny Stecchino, Il mostro. Grazie alla sostenibile leggerezza dell’essere di Benigni, quella maschera mutuata dal teatro greco, racconteranno di credenze popolari, del pentitismo mafioso, di quanto le apparenze possano ingannare. Nel 1990 Federico Fellini mise da parte le vecchie diatribe e lo chiamò per recitare accanto a Paolo Villaggio nel film: La voce della luna. Come era stato per Totò diretto da Pasolini, Fellini riuscì a togliere quello che era in eccesso ed aggiungere ciò che mancava per farne due attori completi. La pellicola voleva evidenziare il potere del silenzio contro una società sempre più volgare e rumorosa. L’esperienza servirà a Roberto Benigni per scrivere e interpretare; La vita è bella. Fu la sua più intensa prova di attore, riuscì a coniugare il suo lato giullaresco con quella dolce e velata malinconia che aveva espresso nella pellicola di Fellini. La premiazione ad Hollywood nella cerimonia degli Oscar del 1999, rimane un compendio di ciò che è l’essenza di Roberto Benigni. La sfrontatezza, il giullare che diverte per non rendere triste il sovrano, per citare Jannacci. Benigni sfoderò davanti all’Accademy una prestazione da autore. La vita è bella vinse l’Oscar come miglior film straniero e Benigni come miglior attore, il contadino Cioni era arrivato in paradiso. Nel 2001 iniziò le riprese di un Pinocchio molto controverso. Volle scrivere, insieme a Vincenzo Cerami, una sceneggiatura che ricalcasse fedelmente il romanzo di Carlo Collodi. Il film ebbe successo in Italia ma fu stroncato a livello internazionale. La critica non gli perdonò di non aver citato Collodi dopo averlo rappresentato così fedelmente. Dopo La tigre e la neve e la partecipazione al film di Woody Allen; To Rome with Love, Roberto Benigni si dedicò alla lettura e interpretazione della Divina Commedia. Il suo conterraneo Dante Alighieri che secoli prima era riuscito ad essere colto e popolare, come in qualche modo tentava di fare anche lo stesso Benigni. Dopo la Divina Commedia fu il turno della Costituzione italiana, lo show si intitolava: La più bella del mondo. Benigni mise alla prova tutta la sua sostenibile leggerezza dell’essere per la divulgazione, per far arrivare a più persone possibili ciò che era parte di ognuno di loro. Nel 2018 tornò al cinema nella pellicola di Matteo Garrone interpretò Geppetto. Era un nuovo adattamento di Pinocchio, ancora una volta Collodi e la sua Toscana lo stavano riportando al punto di partenza. Oggi Roberto Benigni vive a Roma. Possiede una casa di produzione cinematografica, ha raggiunto livelli altissimi della sua professione. Rimane la sua immagine di stralunato critico cinematografico con la lampada da tavolo malfunzionante. Resta la sua anima giullaresca, picaresca, quella sostenibile leggerezza dell’essere che serve per sopravvivere in questo mondo così imperfetto.