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Diari Toscani

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Dante nella Lunigiana storica sull’asse della via Francigena

DiPietro Di Pierro

Lug 13, 2022

Nel settimo centenario della morte di Dante, c’è un’angolo d’Italia che può mostrare testimonianze del Sommo Poeta, poco conosciute, ma capaci di svelare particolari ignoti al grande pubblico, circa la sub regione Lunigiana storica. Per vicissitudini complesse, è stata divisa tra Liguria e Toscana a causa della morte, dopo una lunga agonia, della “splendida Civitas” romana di Luni.

Di essa sono rimaste le rovine e il nome Lunigiana (oggi usato per una porzione più piccola di quanto fosse in realtà il territorio, per il quale si usa “Lunigiana storica” per non ingenerare equivoci). La sua contea fu preda di vari potentati, producendo “un medioevo senza città” (o quanto meno uno sviluppo urbano tardivo), nelle  attuali province della Spezia e Massa-Carrara, incardinate sul percorso della via Francigena.

La terzina dantesca che descrive la situazione è nel canto XVI del Paradiso: Se tu guardi Luni ed Urbisaglia / come son ite, e come se ne vanno / di retro ad esse Chiusi e Sinigaglia” per spiegare “come le schiatte di disfanno”. I ruderi hanno un linguaggio diretto.

La presenza certa di Dante in Lunigiana è attestata  il 6 ottobre del 1306, come ambasciatore di pace tra i Malaspina e il Vescovo di Luni, la cui sede era stata spostata a Sarzana nel 1204 (per l’abbandono di Luni) ma che, in quel momento, aveva trovato rifugio nella rocca di Castelnuovo Magra. L’atto di procura dato in piazza della Calcandola a Sarzana, venne stigmatizzato dal Vescovo a Castelnuovo davanti a “Danti Alegeri de Florentia procuratori”.

La professione di diplomatico per cui era “duro calle / lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale”, lo aveva portato presso i Malasina del ramo di Mulazzo e Villafranca (…del pregio de la borsa e della spada – Purgatorio VIII), cioè Franceschino Malaspina di Mulazzo, Moroello Malspina di Giovagallo e il fratello Corradino (c’è chi ritiene per iniziativa dell’amico Cino da Pistoia che, all’epoca, aveva anch’esso provato l’esilio). Oggi a Mulazzo, sulle alture a sud di Pontremoli, ha sede un importante museo dantesco con biblioteca specialistica, dominato da un monumento al poeta (dello scultore carrarese Arturo Dazzi). Il borgo con i ruderi del castello di Giovagallo sono oggi nel comune di Tresana, uno dei feudi malaspiniani in cui, a cusa della ramificazione malaspinana per legge longobarda, si stava suddividendo tutta la valle. Per questo motivo la Lunigiana Storica possiede un numero impressionante di castelli, come poche regioni italiane possono vantare. Comunque da feudatari imperiali potevano dare l’apporto decisivo (come nella battaglia di Serravalle Pistoiese  nel 1302) per cui Dante scriveva la metafora “tragge Marte vapor di Val di Magra” (Inferno XXIV). Chi, sull’autostrada La Spezia-Parma, in un mattino d’ autunno va da Sarzana ad Aulla, spesso si imbatte nello stesso spettacolo che, probabilmente, ispirò Dante: i paesi di Albiano e Caprigliola, che chiudono la valle, si stagliano contro una muraglia di nebbia che si addensa tra  Aulla e Podenzana.

I Malaspina sono spesso citati nella Commedia “…Currado Malapina /non son l’antico ma di lui discesi”, “…se novella vera/ di Val di Magra o di parte vicina” (Purgatorio VIII), “Nepote ho io ch’ha nome Alagia” moglie di Moroello (Purgatorio XIX).

Ma sono le Alpi Apuane che sembrano aver suggerito le immagini più suggestive.

L’aruspice etrusco Aronte, condannato all’inferno in quanto indovino, ne offre il motivo: “Aronta è quei ch’al ventre li s’atterga / che ne’ monti di Luni dove ronca/ lo Carrarese che di sotto alberga / ebbe tra bianchi marmi la spelonca / per sua dimora, onde a guardar le stelle / e ‘l mar non li era la veduta tronca” (Inferno VIII). I marmi di Carrara (noti come “lunesi”, nell’antichità romana) erano ben conosciuti nella sua Firenze dove, documenti coevi, descrivono blocchi sulla spiaggia di Avenza (il “Pireo” di Carrara) pronti all’imbarco. Non poteva quindi far migliore descrizione dei bacini marmiferi.

Ma anche nella fredda Caina dei traditori, per descrivere lo spessore dei ghiacci, ricorre all’immagine delle Apuane dicendo che non si sarebbero scalfiti nemmeno se “…Tambernicchi / vi fosse su caduto o Pietrapana” (Inferno XXXII), cioè il monte Tambura sopra Massa (Stambernicchi o Tambernicchi in antico) e il massiccio della Pania (Pietrapana) in Alta Versilia, che formano l’imponente muraglia naturale che accompagna chi percorre la Francigena tra Luni e la Versilia.

Anche il versante della Lunigiana di ponente porta impronte dantesche, a cominciare da “…Macra / che per cammin corto parte lo genovese dal toscano” (Paradiso IX), che ci spiega come i domini genovesi, al tempo dei suoi viaggi, si fossero ormai espansi fino a toccare il basso corso del fiume Magra.

C’è poi la descrizione della riviera ligure usata come metafora delle rupi del purgatorio:“tra Lerice e Turbia, la più deserta / la più rotta ruina è una scala” a confronto (Purgatorio III).

È molto probabile che Dante abbia visitato questi luoghi in periodi diversi. E qui ci aiuta Giovanni Boccaccio (Zibaldone Laurenziano XXIX) quando ci racconta un Dante ansioso che consegna la prima cantica a Frate Ilaro del Corvo perché la faccia avere a Uguccione Della Faggiola. Il convento del Corvo si trova sul promontorio del Caprione presso la foce del fiume Magra, da dove si gode la vista della costa settentrionale toscana fino all’Arcipelago.

Per molto tempo contestata come fantasia del Boccaccio, il mondo accademico ha recentemente rivalutato questa situazione come verosimile, poiché sarebbe avvenuta nel 1314, quando le condizioni geopolitiche dell’Italia sarebbero state compatibili col fatto stesso.

A proposito di panorama dell’ Arcipelago, soltanto da queste latitudini avrebbe potuto sviluppare la fantasiosa scena madre contro “Pisa vituperio delle genti” per cui “muovasi la Capraia e la Gorgona / e faccian siepe ad Arno in su la foce/ si ch’elli annieghi in te ogne persona” (Inferno XXXIII). Infatti dalle alture lunensi le due isole si possono vedere quasi allineate, da sembrare vicine,  mentre dai monti pisani appaiono molto distanziate.

Questa terra ha molto risentito nell’immaginario collettivo, della presenza del poeta: altri castelli come quello di Fosdinovo vantano una tradizione della sua presenza anche se non avallata dagli storici, o quello di Trebiano di Arcola in cui si celerebbe un suo manoscritto. L’industriale del marmo Fabbricotti di Carrara, parafrasò la sua presunta incrollabilità in una lapide  (con qualche variazione da Purgatorio V): “lascia dire le genti (..) torre (..) che non crolla (..) al (l’impeto) dei venti”, all’ingresso della sua villa (sebbene le parole Virgilio si riferissero ad altro e quindi  non evitò il crack). Ma sono spassosi anche gli aneddoti di cui si nutrono le burle di campanile (pur non avendo alcun fondamento storico). Esempio: dopo la pace di Castenuovo avrebbe appeso le scarpe al termine di confine dicendo “Di Sarzana nemmeno la polvere”, oppure, sorpreso dalla durezza di un abitante di Gragnana (frazione di Carrara) avrebbe escamato “qui visse l’uomo più duro del modo”. Curiosa la frase attribuitagli per descrivere paesi all’ombra di montagne: “Paese ove fa buio anzi sera / gente da basto da bastone e da galera” che è contesa: attribuita da alcuni a Carrara, in ombra nella valle del Carrione, ma i pontremolesi amano affibbiarla a Mulazzo, aggiungendo i versi:  “Mulo Mulazzo / mulo ti trovo / mulo ti lascio”, ma forse è solo invidia per la grande ospitalità che Dante trovò nel piccolo borgo.

A Mulazzo il 13 giugno 2021, è stata inaugurata la “via Dantis”, una serie di nove sculture dell’artista G. P. Paita.

Sempre nel campo della scultura a tema, si è conclusa a settembre 2021 la serie dei simposi di scultura nei comuni costieri di Montignoso, Massa e Carrara (frazione Avenza) per la realizzazione di 18 sculture in marmo sul tema di Dante collocate poi sul tracciato ufficiale della Francigena.