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Diari Toscani

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Maria Maddalena Morelli: la poetessa olimpica

DiPierluigi Califano

Giu 11, 2022

Maria Maddalena Morelli nacque il 17 marzo del 1727 a Pistoia. Suo padre era un violinista che deliziò la sua infanzia suonando per lei splendide melodie con il violino Stradivari. Morelli fu molto precoce, il genio e l’irrequietezza dei toscani scorreva nelle sue vene. A soli 17 anni conosceva molto bene la filosofia naturale, a 20 anni si esibiva in poesie estemporanee, rifacendosi al teatro d’improvvisazione caro ad Aristofane e Plauto.

Nel 1761 creò a Siena una sua accademia, detta Ordine dei cavalieri olimpici. Scrisse una lode in onore di Maria Antonietta e si fece notare dall’imperatore austriaco Francesco I, che la volle alla corte viennese come poetessa laureata. Scrisse un poema epico e molte poesie dedicate alla imperatrice Maria Teresa d’Austria. La corte di Vienna, le cene a palazzo, la grande considerazione. Nulla poté contro il richiamo della terra natia, tornò in Toscana e si dedicò alle sue improvvisazioni per Maria Carolina, sorella del granduca di Toscana.

Nel 1771 arrivò a Roma, entrò a far parte dell’accademia romana dell’Arcadia. L’accademia era nata nel 1690 per rispondere al Barocco che veniva considerato di cattivo gusto. Puntava al ritorno alla semplicità, al bucolico, alla tradizione dei pastori poeti. Maria Maddalena assunse lo pseudonimo di Corilla Olimpica, la sua popolarità crebbe in maniera esponenziale. Molti pittori immortalarono la sua bellezza, quell’aura di poesia che ne ingentiliva il volto. Ancora oggi una donna mentalmente libera intimorisce la maggior parte degli uomini, possiamo immaginare cosa potesse significare in quell’epoca. Corilla venne proposta per l’incoronazione come poetessa laureata in Campidoglio. Don Luigi Gonzaga appoggiò la sua candidatura, l’Arcadia, Papa Pio VI, rifiutarono. I tempi non erano ancora maturi, anche se talvolta si dovrebbe accettare il destino per quello che dona.

Maria Maddalena Morelli in arte Corilla Olimpica, come si direbbe oggi, non piegò la testa, anzi rilanciò con ancora più vigore il suo progetto di vita. Continuò la sua carriera di improvvisatrice poetica, gli uomini più influenti dell’epoca persero la testa per quella donna intelligente e bella. Leopoldo II d’Asburgo, granduca di Toscana con il nome Pietro Leopoldo I, si innamorò perdutamente di lei. Grazie alla sua intercessione, Corilla Olimpica venne incoronata Poetessa Laureata e Nobile Romana, era il 31 agosto del 1778. Come accade anche oggi, il successo, soprattutto di una donna, desta invidia, e molte persone tentano di osteggiare con ogni mezzo chi ottiene meritate gratifiche. Il titolo che in precedenza era toccato a Petrarca e al poeta improvvisatore Bernardino Perfetti, espose al ludibrio Maddalena Morelli, alla quale non bastò lo pseudonimo per evitare la gogna.

La poetessa olimpica dovette fare un passo indietro, a Roma l’aria era diventata irrespirabile. Le parole, gli sguardi maligni, le battute ironiche, oggi si direbbe che fu vittima di bullismo. Nessuno la protesse, gli uomini anche se influenti, non spendono molto per una donna che vale più di loro. Maddalena rimase sola e con la sua corona di alloro, il suo titolo di nobile romana, fu costretta al ritorno in Toscana. Tornare a casa deve essere un piacere, mai indotto da pressioni esterne. Maddalena Morelli avrà vissuto quel momento come un’ingiustizia, un boccone amaro da mandare giù. Mentre scrivo questo articolo provo ad immaginare il caleidoscopio di emozioni che avrà provato, il suo volto tirato mentre la carrozza arrivava a Pistoia. Con l’orgoglio dei toscani, si privò di quella corona di alloro che le aveva portato conseguenze drammatiche. La donò alla Basilica della Madonna dell’umiltà, dove è ancora oggi conservata.

Delusa dagli avvenimenti, si trasferì a Firenze. La sua casa divenne un salotto intellettuale frequentato da poche e selezionate persone. Tornò a Roma nel 1780 per pubblicare dei sonetti, uno fu in onore delle nozze di Carlo Emanuele IV di Savoia con Maria Clotilde di Borbone. Scrisse fino all’ultimo giorno della sua esistenza, la morte la colse all’alba del nuovo secolo, si spense l’otto novembre del 1800. Restano le sue opere, il carattere toscano, il desiderio di essere libera e vivere secondo le proprie regole. Rimane una corona di alloro conquistata grazie alla sua arte, alla sua visione moderna del mondo. Lascia un’eredità poetica importante e la speranza che le donne possano essere libere di vivere ed esprimersi senza essere esposte al pubblico ludibrio.

Quando, alma mia, da la prigion dolente
Del tuo velo mortal sicura andrai
A contemplar quel bel, ch’eternamente
Splende in Cielo, e qui a noi cela i suoi rai;

Oh come lieta il vol liberamente
In seno al tuo Fattor dispiegherai,
Senza che ti trattenga un ben presente,
Fonte di pianto e d’infiniti guai.

E giunta in sen del tuo principio e fine,
Gittando un guardo in su la bassa terra
Vedrai cangiati i fiori in sterpi e in spine;

E quel piacer, che ti fe’ tanta guerra,
Ne le delizie immersa alme e divine,
Vedrai, che lutto e morte asconde e serra