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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

La Toscana e il dialetto apuano (prima parte)

DiGian Luigi Telara

Mag 30, 2022

Per cercare di inquadrare il dialetto “carrarese” all’interno dei territori circostanti, cioè la Toscana, la “Lunigiana ligure” e la “Romagna toscana”, è necessario, per prima cosa, delimitare l’area precisa di riferimento del dialetto carrarese ed anche partire dal presupposto che più che di dialetto “carrarese”, si dovrebbe parlare di dialetto apuano, prima ancora che lunigianese, che arriva nel complesso a contare le 300 mila anime e che, come tale, arriva a costituire lo status di “lingua”, territorio di cui Carrara è solo una parte. Ho notato spesso forti avversioni da parte di molti che difendono, a spada tratta, le varie sfumature locali del “carrarese”, come ad esempio il dialetto di Carrara rispetto a quello di Avenza e viceversa. È chiaro che differenze ci sono, anche nell’ambito di pochi chilometri di distanza, ma non sono tali da rendere impossibile la stesura di un testo che voglia classificare il dialetto “carrarese” in tutte le sue sfumature. Partendo proprio dall’esempio citato, dialetto di Carrara versus dialetto di Avenza, si deve notare che la distinzione tra le due varianti riscontrate in un’area di pochi chilometri ha origini storiche e va oltre al territorio di riferimento. Sicuramente è presente la componente di un acceso campanilismo, ma vi sono aspetti storici di grande rilevanza.

Sembra ormai accertato che i primi insediamenti sul territorio carrarese di cui rendere menzione siano stati quelli dei celto-liguri cui si sovrapposero, a grandi linee, gli insediamenti romani e quindi quelli emiliani. La lingua parlata dai popoli Liguri, pre-indoeuropei, poi celtizzati, costituisce linguisticamente il sostrato: il substrato (dal latino substratum), con cui il latino venne a contatto.

Fu Graziadio Isaia Ascoli ad introdurre questo e altri conseguenti concetti linguistici. Nello studio delle origini del dialetto carrarese è necessario tenere a mente alcuni punti fondamentali.

I celto-liguri, dal V al III secolo a.C., erano una popolazione che viveva su un territorio molto ampio, dall’Arno pisano, in cui vivevano popolazioni etrusche periodicamente razziate dalle tribù Liguri, alla Linguadoca, l’attuale Provenza. Pur vivendo in agglomerati poco più che tribali, si riconoscevano per la condivisione della lingua, che prima i greci, e dopo i romani, chiamarono con l’epiteto, quasi spregiativo, “ligure”, cioè, letteralmente, gutturale, tagliata, dai suoni incomprensibili. Non ci sono informazioni su come i liguri chiamassero sé stessi nella loro lingua. Da fonti romane – principalmente Seneca – pare che la lingua ligure fosse ancora parlata durante il I secolo d.C. e questo è confermato dai riferimenti che si possono trarre dai toponimi e dai nomi di persona. L’etnonimo (cioè il nome di un popolo) “Ligures” è un attributo sostantivato riferito a un popolo che non conosceva la scrittura e che pertanto ha perso la propria storia, e che però permase nella sola fonetica (i cd suoni cacuminali) delle lingue successive che si sono sovrapposte, e in molti termini del nostro parlato che tuttora resistono e che è come se fossero dei reperti linguistici di sapore archeologico, i reperti paleografici.

Gli Apuani dunque non erano altro che gli stessi Celto-Liguri che vivevano nei territori controllati da Apua, l’antica Pontremoli. Non ripercorriamo la storia degli scontri tra Roma e queste popolazioni preromane barbariche (barbariche nel senso etimologico del termine, cioè che parlavano una lingua straniera incomprensibile), né trattiamo dei loro usi, costumi, religione e arte militare in quanto non funzionali al nostro percorso. Poniamo invece l’attenzione sull’ evento etno-sociale che intervenne per opera romana e che ebbe influenza linguistica nella regione: la deportazione di buona parte dei Celto-liguri apuani, vinti e sottomessi, nel Sannio, territorio a cavallo di Abruzzo, Molise e Campania e in particolare nella zona di Benevento. Le aree di deportazione del Sannio sono state identificate nelle aree archeologiche beneventane di Macchia, nel comune di Circello. Sono stati identificati due gruppi: i bebiani e i corneliani, dai nomi dei consoli che gestirono la “deportazione”, Bebio Tamfilo e Cornelio Cetego.

Possiamo pertanto dedurne che:

-nella nostra terra, dal V al III secolo a.C., vivevano i Liguri, una popolazione stanziale di origine pre-indoeuropea.

– I Liguri subirono l’invasione dei celti, popolazione indoeuropea, subendo modifiche nella lingua e nelle tradizioni.

– Gli Apuani non erano altro che gli stessi Liguri che vivevano nei territori controllati da Apua (attuale Pontremoli), ormai celtizzata. Si parla dunque di popolazione celto-ligure, una popolazione dalla lingua gutturale, retroflessa, piena di parole di radice che col latino non avevano nulla a che fare.

– L’arrivo dei romani nel II secolo a.C. fu cruento ma l’assimilazione linguistica avvenne solo col tempo, come lo fu per i celti sui Liguri.

Nella figura la Tabula dei Ligures “Baebiani” conservata al Museo Nazionale Statale di Roma.