Il conte Klemens Von Metternich aveva da poco ricevuto il titolo di principe grazie al suo grande lavoro diplomatico nel Congresso di Vienna, quando giunse a Massa e vi fece sosta per un giorno e una notte. Con lui c’era Maria Leopoldina d’Asburgo Lorena, arciduchessa d’Austria, quarta figlia dell’imperatore Francesco II e di Maria Teresa di Borbone-Napoli, quindi nipote di Ferdinando I, re delle Due Sicilie e sorella di Ferdinando I, poi imperatore d’Austria e di Maria Luisa, che era stata la seconda moglie di Napoleone. Era proprio Maria Leopoldina la ragione che aveva portato in Italia il grande diplomatico austriaco. L’imperatore Francesco II, nel giugno del 1817 lo aveva incaricato di accompagnare sua figlia a Livorno, da dove si sarebbe imbarcata per raggiungere il marito, scelto per lei, dal padre, su suggerimento dello stesso Metternich, per ragioni di alleanze strategiche tra teste coronate. Lo sposo era Don Pedro di Braganza, erede al trono del regno di Portogallo, Brasile e Algarve, il matrimonio era stato celebrato alcuni mesi prima per procura. Leopoldina era una ragazza colta, intelligente, molto preparata e perfettamente cosciente di non poter avanzare alcun desiderio personale in fatto di sentimenti, ma di doversi rimettere alla ragion di stato. Tuttavia non era dispiaciuta di lasciare Vienna per raggiungere il Brasile, colonia portoghese che aspettava l’arrivo dei novelli sposi come futuri regnanti. Leopoldina sapeva che il trasferimento in un altro continente sarebbe stato, se non definitivo, almeno di lunghissima durata e sapeva anche che l’aspettava una vita da sovrana accanto a un uomo che non aveva mai incontrato prima. Ma aveva visto un ritratto di Don Pedro e non aveva potuto non restare colpita dalla sua avvenenza. Quindi aveva affrontato, quanto meno speranzosa, il viaggio incontro al suo destino. Leopoldina e Metternich erano partiti da Vienna il 3 giugno del 1817. L’abilissimo diplomatico, che stava tenendo in mano le fila di tutte le alleanze delle grandi potenze europee, aveva colto l’occasione del viaggio a Livorno, per visitare i luoghi del nord Italia – quel Lombardo Veneto che era governato dalla corte austriaca – che non aveva potuto vedere nel viaggio fatto due anni prima, subito dopo la conclusione del Congresso di Vienna. Il drappello imperiale, che scortava la principessa Leopoldina, fece tappa a Venezia, Padova, Ferrara, Pisa, Lucca e Massa. Metternich si era proposto di osservare attentamente la situazione dei territori sotto il dominio diretto degli austriaci e ne aveva ricavato la stessa convinzione che già aveva riscontrato nella sua prima visita: la pressione governativa dell’Austria sul Lombardo Veneto era eccessiva e doveva essere allentata per non favorire il germe del patriottismo italiano, che si stava sempre più consolidando. Consiglio che il principe diplomatico diede all’imperatore d’Austria, ma che restò inascoltato. A Massa, Metternich e Leopoldina giunsero il 30 agosto e all’alba di quell’unica notte di pernottamento in terra apuana, quello che, in quel momento era l’uomo più potente d’Europa, trovò il tempo di scrivere alla moglie una lettera nella quale volle parlare proprio dell’impressione che gli aveva fatto la città. “Massa è una piccola città molto ben costruita; il castello è grande e molto ben sistemato; dal mio letto avevo una vista senza ostacoli. Una cosa che mi colpisce è l’estrema differenza che mi offre il clima della Toscana rispetto a quello sotto agli Appennini. Questa cosa è davvero evidente quando si viene a Massa. Massa è come la Sicilia. Essendo la costa stretta, le montagne servono da riparo. A Massa non gela e non nevica mai. Gli alberi di arancio crescono in abbondanza nel terreno e tutte le piante grasse, qui, riescono ad ambientarsi”. L’alloggio di cui parla Metternich nella sua lettera, con ogni probabilità, era la Locanda delle Quattro Nazioni, un luogo che veniva abitualmente usato per ospitare i personaggi più illustri di passaggio nella zona. Pochi giorni dopo la delegazione austrica si incontrò con quella portoghese a Livorno e Leopoldina vide finalmente in persona suo marito, giusto poche ore prima di salpare con lui per il Brasile. Lei aveva 21 anni e Don Pedro 20. Al contrario di Leopoldina, l’erede dei Braganza non aveva alcuna cultura e neppure modi regali, ma soprattutto aveva già la fama di gran donnaiolo. Leopoldina si innamorò di lui, mentre don Pedro non la amò mai, ma le riconobbe l’intelligenza e l’abilità politica tanto da farsi guidare da lei in molte decisioni di potere. Non smise mai di tradirla, tuttavia, e, forse, proprio a causa di questa sua condotta, si scontrò con Leopoldina, pochi anni dopo il loro arrivo in Brasile in un terribile diverbio che costò la vita all’imperatrice del Brasile. Leopoldina che aveva già avuto sette figli era incinta e ufficialmente morì di setticemia, ma le voci che da subito cominciarono a circolare nella corte raccontavano di un accesso d’ira dell’imperatore – facile a reazioni violente – nel quale aveva colpito la moglie alla pancia, causandone l’aborto cui poi era seguita l’infezione mortale. Leopoldina morì in Brasile a soli 29 anni, senza mai rivedere l’Europa, ma lasciando in quella terra così lontana dal mondo in cui era cresciuta un ricordo talmente bello di sé che il popolo brasiliano decise di dedicare a lei la più grande stazione ferroviaria del Brasile a Rio de Janeiro.
Fonti: Correva l’anno di Franco Frediani – edizioni Frediani 2021